Generazione lockdownIl blocco dei licenziamenti ha scaricato la crisi sui giovani

Dopo quattro mesi di flessione consecutiva, spiega l’Istat, l’occupazione torna a crescere, tranne nella fascia 25-34 anni. Mentre da febbraio tra i 15 e i 24 anni, è scesa di quasi il 12%

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Una buona notizia e una cattiva. La buona è che a luglio, dopo quattro mesi di flessioni consecutive, è tornata a crescere l’occupazione. La cattiva è che i posti di lavoro per la prima volta aumentano in tutte le fasce d’età, tranne che tra i 25 e i 34 anni. Da febbraio, scrive l’Istat, si sono persi quasi 472mila posti di lavoro, con un aumento di 50mila disoccupati, a fronte di 400mila inattivi in più.

E a pagare lo scotto più forte in questi sei mesi di crisi nera, come spiega Andrea Garnero dell’Ocse, sono stati i giovani: tra i 15 e i 24 anni, l’occupazione è scesa di quasi il 12%, tra i 25 e i 34 anni del 6%. Ma mentre il Pil e la produzione industriale calavano a picco, tra i 50 e i 64 anni il numero dei lavoratori è persino cresciuto. La cassa integrazione potenziata e il rigido blocco dei licenziamenti hanno salvato alcuni, lasciando a piedi tanti altri: oltre mezzo milione, secondo l’Inps i posti di lavoro persi da febbraio tra contratti a termine e in somministrazione.

A luglio, a sei mesi dal primo caso di Covid 19, l’Istat registra però i primi segni più: 85mila occupati in più in un mese (+0,4%), con il tasso di occupazione che sale di 0,2 punti percentuali (al 57,8%). Un lieve aumento che riguarda soprattutto le donne (+80mila), mentre gli uomini restano stabili (+5mila). Una dinamica, questa, che si era già osservata con la crisi economica precedente, con le donne che potrebbero essere maggiormente spinte a lavorare a fronte di un calo del reddito familiare.

In compenso, crescono i disoccupati, cioè coloro che sono alla ricerca di un lavoro: il tasso di disoccupazione sale al 9,7% e tra i giovani raggiunge il 31,1%. Notizia positiva, considerata l’impennata di inattivi dei mesi scorsi, cioè coloro che non hanno un lavoro e avevano smesso di cercarlo, che a luglio invece sono diminuiti di 224mila unità in tutte le classi d’età. Il ritorno sul mercato di parte degli inattivi e la fuoriuscita dal limbo della cig, però, rischiano di spingere velocemente al rialzo il numero di persone in cerca di occupazione a cui si dovrà dare una risposta, mettono in guardia dall’ufficio studi di Confcommercio.

Anche perché la crescita degli occupati riguarda unicamente i lavoratori dipendenti, che aumentano di 145mila unità, di cui 138mila a tempo indeterminato. Una crescita parte in parte spiegabile con le trasformazioni di contratti a termine in scadenza, in parte con le nuove assunzioni per la riorganizzazione post Covid, soprattutto sul fronte medico e della sicurezza.

Il calo di occupazione, invece, riguarda soprattutto i contratti a termine, ma anche gli autonomi, senza che l’aumento degli occupati permanenti riequilibri però la perdita. I contratti a tempo determinato, cresciuti in un mese di 7mila unità, nell’ultimo trimestre sono 190mila in meno (a fronte di -14mila contratti stabili). Continuano a scendere anche gli autonomi, 60mila in meno in un mese, 83mila negli ultimi tre mesi: dati che – come spiegano da Confcommercio – sottendono la chiusura di molte imprese, che proseguirà nei prossimi mesi, ma anche una minore propensione al rischio in un momento di crisi e incertezza.

E i risultati si fanno sentire nella fascia dei lavoratori più giovani. Che spesso e volentieri sono quelli con i contratti meno tutelati. Non solo perché a luglio l’occupazione non cresce solo tra i 25-34enni, età di ingresso nel mondo del lavoro. Ma anche perché, nel periodo maggio-luglio, con la riapertura delle prime attività, nella stessa fascia d’età si sono persi ben 139mila occupati. A cui si sommano i 69mila in meno dei 15-24enni, e gli 86mila in meno dei 35-49enni.

Il tutto, mentre sopra i 50anni si registra addirittura un aumento di 7mila occupati. Anzi, da quando è iniziata l’emergenza epidemiologica, in Italia si contano quasi 30mila lavoratori senior in più. Effetto della legge Fornero, certo, che tiene le persone al lavoro per più tempo. Ma anche del combinato disposto di cassa integrazione più blocco dei licenziamenti, che ha salvato i contratti più solidi, scaricando i costi sui contratti in scadenza di chi magari era appena entrato nel mondo del lavoro.