A uscire allo scoperto, dopo mesi di attesa, sono i vertici di Italo. L’amministratore delegato Gianbattista La Rocca, con un’intervista al Sole 24 Ore. E il vicepresidente esecutivo Flavio Cattaneo, sul Messaggero. Entrambi dicono la stessa cosa: senza gli 1,2 miliardi di euro stanziati dal governo, i treni veloci si fermano.
Da quattro mesi la società aspetta il decreto che sblocchi le risorse previste nel decreto rilancio. E in gioco c’è il futuro di 1.500 dipendenti più tutto l’indotto (altri 5mila posti), oltre che dei collegamenti dell‘alta velocità da Nord a Sud.
A luglio il governo aveva promesso l’incremento dell’indice di riempimento dei treni veloci oltre il 50%, per poi ritirare il provvedimento, mentre a treni, metro e bus locali è consentita invece una saturazione dell’80%. Senza biglietti nominativi e senza possibilità di tracciamento. «La situazione è di caos totale», dice Cattaneo, che parla di «norme arlecchino che premiano chi è meno sicuro e penalizzano chi lo è di più».
Italo non prende sussidi: gli unici introiti sono rappresentati dalla vendita dei biglietti. E con la domanda a picco, anche i ricavi lo sono. Buona parte dei sostegni approvati dal governo, dice Cattaneo, sono a «favore del pubblico e poi io la chiamerei la “legge delle buone intenzioni” perché ad oggi non c’è un euro in vista».
Il perché lo spiega l’ad La Rocca, che denuncia «il totale disinteresse della classe politica per le imprese come la nostra». Con il decreto rilancio di metà maggio era stata infatti prevista la creazione di un fondo di ristoro a sostegno delle imprese di trasporti a mercato: circa 1,2 miliardi da distribuire in 15 anni tra tutti gli operatori. Il fondo avrebbe dovuto coprire le perdite accumulate tra marzo e luglio, poi la copertura è stata estesa fino al 31 dicembre. Peccato, dice La Rocca, «che il fondo esiste solo sulla carta e non nella realtà».
Motivo: il decreto attuativo che avrebbe dovuto rendere operativo il fondo non è mai stato emanato. «Sono quattro mesi che aspettiamo inutilmente», dice l’ad. «E intanto ogni giorno che passa noi perdiamo fatturato». Da marzo a fine luglio, la società ha perso 200 milioni, a fine anno si arriverà a 500 milioni di ricavi in meno rispetto all’anno precedente.
La Rocca annuncia l’inevitabile taglio dei treni: «Passeremo dagli attuali 87 collegamenti giornalieri a circa 60». E poi: «Saranno soppressi numerosi treni in servizio sulla dorsale Torino-Salerno, lungo la tratta Roma-Venezia e i treni no stop Roma-Milano». Con un danno notevole a «sistemi efficientissimi come l’Alta velocità, un settore nel quale l’Italia ha fatto scuola nel mondo, tutelando invece sistemi inefficienti dove è complicato ogni tipo di controllo». Il riferimento è ai treni regionali e al pericolo di contagio dovuto al sovraffollamento. Italo, dice La Rocca, potrebbe andare in soccorso del trasporto regionale. «Purtroppo nessuno ce lo ha mai chiesto».
Ma – precisa Cattaneo riferendosi al governo – «non si può pensare di governare i trasporti e l’economia dal ministero della Salute».