È troppo difficile a un innamorato raccontare la storia di un sorbo. Meglio prendere una mela, tagliarla a metà e raccontare che lui e lei sono due parti di uno stesso frutto. Platone voleva sì raccontare il senso dell’amore, ma mai (almeno, si suppone), avrebbe potuto immaginare di diventare un gioco da smancerie. Una forzatura di una interpretazione del suo mito delle metà, raccontato nel Simposio, suona come una disfatta per un frutto ormai dimenticato, la sorba. Il saggio sull’amore e sulle diverse visioni del mondo che vi ruotano attorno si basa su una lunga e quantomai appassionata chiacchierata durante un banchetto. A offrirlo è un poeta, Agatone, che invita l’amante Pausania e il suo amico Fedro, il filosofo Socrate (maestro di Platone) con il discepolo Aristodemo, il medico Erissimaco, il commediografo Aristofane, con tanto della comparsata di Alcibiade, noto politico di Atene, in mezzo alla serata, completamente ubriaco. Insomma, una bella combriccola per scambiare due chiacchiere sull’amore e per fare serata.
A un certo punto Aristofane inizia a prendere la parola e racconta l’origine del mondo. Dice che gli esseri umani, inizialmente, erano formati in coppia, congiunti da pancia e petto, un po’ come se fossero gemelli siamesi. Avevano due facce e una testa, quattro braccia e quattro gambe. A causa della loro superbia (riuscivano a vedere da una parte e dall’altra, avevano la forza necessaria per fare il bello e il cattivo tempo) tentarono di battere gli dei scalando l’Olimpo. Zeus lo visse come un oltraggio e così, con le sue saette, li mandò via. Poi, gli venne un’idea: tagliarli in due. Ciascuna delle due parti tagliate, secondo il capo degli dei, avrebbe così desiderato di mettersi alla ricerca dell’altra. Una caccia spasmodica che si trascina da millenni ormai, che avrebbe avuto come filo conduttore proprio il senso dell’amore.
“Si diede a tagliare gli uomini in due come quelli che tagliano le sorbe in due e ne preparano la conservazione, o come quelli che tagliano le uova con un filo”, racconta Aristofane, che poi dice: “Ciascuno di noi è come un contrassegno d’uomo, giacché è tagliato in due come le sogliole, da uno divenuto due”.
Al netto delle sogliole, il mito della metà della mela di Platone, dunque, è una fake news. O, meglio, una interpretazione per gli appassionati della rima “sole, cuore, amore”. Era troppo difficile, per l’uomo moderno, raccontare del mito della metà della sorba. Ma cos’è? La sorba (al plurale sorbe, o comunque, come direbbero in Emilia ‘sorbole’, ed ecco il perché di una famosa esclamazione), è il frutto di una pianta tipica del Mediterraneo: il sorbo, appunto. Dal gusto aspro (Dante nell’Inferno li chiama i ‘lazzi sorbi’), erano un tipico frutto autunnale. Ricche di vitamina C, le sorbole secondo la tradizione scacciavano gli spiriti maligni. Non sono commestibili appena raccolte: devono maturare nella paglia o devono essere essiccate al sole. Ma cosa ci si fa? Salse e conserve sono state per lungo tempo la fine perfetta di questo frutto tutto particolare, alla base del mito della metà della sorba raccontato, quella sera, da Aristofane. Sorbole!