Patto salva-RecoveryVia libera all’anticipo del 10%, ma servono conti pubblici in ordine

È passata la mediazione tedesca sulle regole del programma di aiuti europeo. L’Italia pronta a mettere da parte le richieste di cambiamento. Riforme e investimenti dovranno essere realizzati entro il 2026. Nel 2021 in arrivo 25 miliardi di fondi

Martti Kainulainen / Lehtikuva / AFP

«Pronti a mettere da parte le nostre richieste di cambiamento per accettare questo compromesso che mi sembra equilibrato». Dopo le prime tensioni con i Paesi nordici, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri nella riunione dell’Ecofin ha preferito accantonare le obiezioni avanzate sul nuovo regolamento della Recovery and Resilience Facility. Meglio accontentarsi della proposta di mediazione tedesca e velocizzare le procedure. Visto che il rischio di ritardare la partenza del piano è sempre più alto.

Il testo scritto dalla presidenza tedesca è stato approvato a maggioranza qualificata. Contrari i Paesi Bassi, l’Irlanda e il Lussemburgo. Tra le novità, si chiarisce che l’anticipo del 10% a disposizione nel 2021 sarà sul totale delle risorse, ma è prevista la necessità di rispettare le raccomandazioni sui conti pubblici e gli squilibri economici. Clausola che invece Gualtieri aveva chiesto di depennare.

Si chiarisce anche la timeline: gli investimenti e le riforme del Recovery dovranno essere completati entro il 31 agosto 2026.

All’Italia arriveranno 80 miliardi circa di grants, sussudi, e 120 miliardi di loans, prestiti. Nel 2021, secondo quanto scritto nella Nadef approvata dal governo, dovrebbero essere erogati nelle nostre casse in totale 25 miliardi: 10 di sovvenzioni e 11 di prestiti più altri 4 di finanziamenti per la coesione dal programma React Eu. Nel 2022 le risorse che l’Italia chiederà a Bruxelles saliranno a 37,5 miliardi, per poi toccare il picco di 41 miliardi nel 2023. Nei primi anni l’Italia chiederà soprattutto le sovvenzioni, limitando il ricorso ai prestiti, che incidono sul debito

Ma la Commissione dovrà valutare la richiesta per verificare che l’ammontare sia ragionevole e plausibile in base alle riforme e agli investimenti in linea con i criteri fissati. Quindi l’erogazione non è per nulla scontata.

Confermati anche i tempi per l’esame dei Recovery Plan nazionali: otto settimane per la Commissione, quattro per il Consiglio. Per il monitoraggio della spesa in fase d‘opera la Commissione dovrà tenere conto del parere del Consiglio, che arriverà in un secondo momento. Su questo, invece, l’Italia aveva chiesto che le due valutazioni viaggiassero in parallelo e che il giudizio dei governi fosse meno vincolante. Il Consiglio si esprimerà a maggioranza qualificata, ma uno Stato potrà attivare il famoso “freno d’emergenza” e bloccare l’erogazione per tre mesi.

La prossima tappa, ora, è la negoziazione al Parlamento europeo della proposta tedesca.

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