Il presidente del Consiglio affida a un colloquio con il Corriere della sera l’annuncio del suo «piano per il Recovery Fund», ovvero la mega tecnostruttura di sei tecnici e una task force di 300 persone pensata per amministrare i 209 miliardi di risorse europee in arrivo. Anche se per fare cosa ancora non si sa, visto che i progetti del Recovery Plan restano ancora per lo più sconosciuti. E per stessa ammissione di Conte, l’Italia ha accumulato qualche ritardo per la presentazione del piano a Bruxelles entro le scadenze previste.
Nella cabina di regia del Recovery, «che riferirà periodicamente non solo al Consiglio dei ministri ma anche al Parlamento» – spiega Conte – entreranno Roberto Gualtieri per il Pd e Stefano Patuanelli per il M5S. Oltre al capo del governo, ovviamente.
Questo triumvirato si appoggerà poi a una sorta di comitato esecutivo composto da sei manager, uno per ogni progetto del Piano di ripresa e resilienza: «Saranno persone con forti competenze e capacità di coordinamento. Dobbiamo coinvolgere il meglio del Paese, individuando 50 nomi per ognuno dei sei team. Non certo per assegnare centinaia di incarichi, ma per selezionare esperti in grado di seguire passo dopo passo la realizzazione dei lavori». Saranno quindi 300 persone in tutto. Con una novità: «La tecnostruttura avrà poteri sostituitivi. Se un progetto ritarda o rischia di essere realizzato male, subentrano i tecnici e commissariano l’opera».
Resta da allentare però la tensione con il Partito democratico, che avrebbe voluto allargare ad altri ministri la cabina di regia. Conte ha recepito la richiesta solo in parte, concedendo che il ministro Enzo Amendola sia invitato alla cabina di regia come «referente dei progetti a Bruxelles». Ma la questione non è chiusa. I Dem chiedevano di costituire una società ad hoc partecipata del Tesoro in grado di raccordarsi con i singoli ministeri e con il presidente del Consiglio. Un approccio completamente diverso, quindi.
Alla fine, scrive Repubblica, potrebbe essere trovata una soluzione di compromesso. Varando cioè un’unità di missione che dipenda da Palazzo Chigi, ma anche dal ministero dell’Economia. Oppure costituendo una società pubblica i cui vertici verranno nominati però dal presidente del Consiglio.
Lo scontro è ancora in corso, tanto che già oggi in agenda c’è un ulteriore vertice tra Conte e i capi delegazione. Con Italia Viva che, esclusa dal board decisionale, è sulle barricate. «Evitiamo un commissariamento dei ministri con qualche burocrate a decidere al posto loro», dice Ettore Rosato. A sostenere la struttura proposta da Conte è invece il Movimento Cinque Stelle.
La battaglia riprende oggi. Ma Conte esclude che, in un momento così difficile per il Paese, il Quirinale possa permettere di sedersi al tavolo del rimpasto per «soddisfare le ambizioni di qualcuno».
Per rispondere invece al centrodestra e scacciare il sospetto che, una mossa dopo l’altra, voglia blindarsi a Palazzo Chigi, il presidente del Consiglio promette che la programmazione del Recovery Plan sarà all’insegna della partecipazione: «Ci sarà un grande confronto pubblico e coinvolgeremo tutto il Parlamento. Stiamo anche pensando a un comitato di garanzia, che sovrintenda all’attuazione dei progetti e verifichi che le cose stiano andando bene». Il nuovo organo consultivo dovrebbe essere composto da dieci personalità scelte tra economisti, industriali, esponenti delle professioni e del mondo del lavoro. Sarebbe bello, dice Conte al Corriere, «se questo organismo fosse nominato dal Colle».
Sul Mes, invece, la linea sembra ormai tracciata: «Non ci serve, l’Italia non ne ha bisogno». Oggi Gualtieri riferirà sulla riforma del Fondo Salva Stati alle Commissioni riunite di Camera e Senato, solo poche ore prima del vertice europeo Ecofin.