Il ministro della Salute Roberto Speranza è pronto a dare il via libera a nuove restrizioni. Ma tra governo e Regioni il livello dello scontro resta alto, i dati arrivano in ritardo e spesso sono incompleti. Tant’è che, dopo averla fissata per sabato e poi spostata a ieri, la riunione della Cabina di regia che effettua il monitoraggio della pandemia nei territori regionali è stata spostata a questa mattina.
Ci sono altre aree, oltre a quelle già indicate, dove il livello di rischio è più alto rispetto alla media nazionale. «Se verifico che c’è un rischio, io non ho paura di firmare», ha detto ieri Speranza. E oggi stesso alcune regioni passeranno dalla zona gialla a quella arancione, con misure più rigide di contenimento del virus.
I dati consegnati da una parte delle amministrazioni locali, però, non sono buoni. Alcune realtà inviano numeri per i 21 indicatori incompleti, oppure anomali. Il problema in molti casi essere più che altro l’incapacità di raccogliere i numeri, davanti al virus fuori controllo che ormai corre velocemente.
Ieri ministero della Salute e Istituto superiore di sanità hanno ricontrollato per tutto il giorno i dati. Ci sono problemi con i numeri della Campania. Vanno troppo bene. Qualcosa non torna. La regione è finita in zona gialla, anche se il governatore Vincenzo De Luca, tra i primi in Italia a fare chiusure, abbia più volte chiesto misure più dure. Ieri il sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha detto che «proclamare la Campania zona rossa è una decisione inevitabile, anzi tardiva». E non è escluso che oggi la Cabina di regia decida un inasprimento delle misure.
L’Emilia-Romagna si trova con l’indice Rt sopra il limite dell’1,5, oltre il quale scatta lo scenario più preoccupante, ovvero il quattro. Se il rischio basato sui 21 indicatori, che la settimana scorsa era moderato, salirà, la regione potrebbe finire addirittura in zona rossa.
A diventare arancione probabilmente sarà la Liguria, che ha dati in peggioramento soprattutto sul fronte dell’occupazione degli ospedali. Anche in Toscana ormai considerano certo il passaggio alla zona arancione. Pure i dati dell’Umbria non sono molto buoni. Il Veneto spera di evitare il peggioramento, ma il rischio nella regione passerebbe a moderato e non più ad alto con riserva perché il problema di comunicazione sulla quantità dei casi riconosciuti a inizio sintomi è stato risolto.
Non vanno meglio le cose in Sicilia. Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando ha scritto al premier Giuseppe Conte: «In Sicilia si va verso una strage annunciata. Se è vero che nei pronto soccorso manca l’ossigeno e che nei reparti ospedalieri si è cominciato a scegliere quali pazienti provare a salvare e quali no, si prefigurano scenari da medicina di guerra».
Tra chi da giorni era in peggioramento c’è l’Alto Adige, il cui governatore Arno Kompatscher ieri ha deciso di far scattare da subito la zona rossa, prima ancora che i tecnici del governo impongano di cambiare colore.
Ma, al di là delle differenze regionali, l’epidemia continua a correre ovunque. Tanto che la Fnomceo, Federazione degli ordini dei medici, ieri ha chiesto il lockdown per tutto il Paese. «La situazione tra un mese sarà drammatica, serve un lockdown totale in tutto il Paese», ha detto il presidente Filippo Anelli. Il sistema sanitario non tiene, presto le aree gialle si potrebbero trovare nelle stesse condizioni di quelle che adesso sono rosse: «Con la media attuale, in un mese arriveremmo ad ulteriori 10mila decessi».