Fronte antipopulistaI partiti liberal aderiscono all’appello de Linkiesta per chiedere a Joe Biden di pubblicare le notizie sull’ingerenza russa in Italia

Partito democratico, Italia viva, Più Europa e Azione hanno risposto positivamente alla nostra proposta di chiedere al nuovo presidente degli Stati Uniti, una volta insediatosi alla Casa Bianca, di rendere note le informazioni di cui è a conoscenza sulle interferenze del Cremlino

AP/LaPresse

«L’elezione di Joe Biden alla presidenza degli Stati Uniti deve essere un motivo in più per rinsaldare i rapporti con un alleato storico e svolgere un’azione più incisiva nel proteggere le democrazie dalle ingerenze esterne, che ci sono e sono manifeste». È la risposta di Più Europa, affidata alle parole del segretario Benedetto Della Vedova, all’appello alle forze democratiche italiane lanciato da Linkiesta, con l’editoriale del direttore Christian Rocca.

La richiesta da fare al nuovo presidente americano Joe Biden è «di aprire i cassetti di Cia e Sicurezza nazionale di Washington e far sapere a Roma ciò di cui sono a conoscenza a proposito dei tentativi di manipolazione russa della politica italiana».

Più Europa aveva dato un primo endorsement già nella mattinata di ieri, via Twitter: «Aderiamo all’appello di Christian Rocca e de Linkiesta. Serve una gigantesca operazione verità sull’attività con cui Putin – con depistaggi, fake news, ricatti e quattrini – ha condizionato in questi anni la politica europea e occidentale».

L’appello è rivolto a più forze politiche, e anche da Azione arriva un sostegno chiaro alla proposta. Il motivo è molto semplice, spiega il senatore Matteo Richetti: «Quando sono state documentate ingerenze russe, prima nelle elezioni americane, ma poi anche in Europa, c’è stato un doppio silenzio imbarazzante. Uno certamente è quello di Trump, e chiediamo a Biden che quell’ambiguità venga superata. Ma il secondo silenzio imbarazzante è stato quello del governo gialloverde e poi di quello giallorosso. Che hanno fatto finta di non sentire».

L’impegno deve essere duplice, spiega il senatore: se da un lato c’è la necessità di costruire un fronte comune anti-populista europeo e italiano, dall’altro va aggiunta la richiesta al nuovo presidente Biden di «applicare una cesura netta con il passato, lavorare con trasparenza, far sì che gli Stati Uniti tornino un Paese che si rafforza nella cooperazione e non uno che vuole indebolire i partner strategici, con mezzi talvolta anche illeciti, per beneficiare di un’Europa politicamente divisa».

Il messaggio anti-populista da Roma a Washington, però, deve passare inevitabilmente dalle stanze del governo, dalle forze di maggioranza – quelle da cui ci si può aspettare legittimamente una reazione di questo tipo. Quindi non dal premier Giuseppe Conte o da Luigi Di Maio, salvo clamorose sorprese.

«Penso sia assolutamente condivisibile l’auspicio del direttore Christian Rocca», spiega a Linkiesta Brando Benifei, capodelegazione del Partito democratico al Parlamento europeo. «Ricordiamo che la nostra delegazione ha ottenuto l’istituzione di una commissione speciale di indagine sui processi elettorali e le interferenze di altri Paesi nei processi democratici negli Stati membri. E non è un risultato casuale: l’idea nasce sulla scorta delle ingerenze russe, che grazie ad alcune inchieste sappiamo aver coinvolto alcune forze politiche populiste in Europa, Lega compresa».

È per questo, spiega Benifei, che non solo i quattro partiti indicati da Linkiesta dovrebbero rispondere a questo appello: «Penso che quasi tutte le forze politiche, anche Forza Italia e Liberi e uguali, remino in questa direzione. E credo che anche nel Movimento cinque stelle ci sia una frangia che ragiona così».

Anche Italia viva risponde all’appello: «Immagino nessun partito di quelli chiamati a raccolta si tirerà indietro», auspica Gennaro Migliore, deputato membro della Commissione Affari Esteri e comunitari. «C’è da difendere un interesse nazionale e non credo che possano esserci molte voci contrarie tra queste forze politiche, nonostante le distanze partitiche».

L’ottimismo espresso dagli esponenti dei due partiti al governo non è condiviso allo stesso modo da tutte le voci sentite da Linkiesta. Se l’appello è quello di far capire che a Roma c’è «un piccolo presidio liberal-democratico, antipopulista e non trumpiano, che ha il diritto di chiedere agli americani le informazioni a loro disposizione sulle manovre per la manipolazione del consenso italiano», per le forze di opposizione non sembra scontato che nella maggioranza possa esserci una risposta convinta.

Il Partito democratico, dice Della Vedova, «sembra sviluppare un’indifferenza tra forze populiste e forze liberal-democratiche. Stanno al governo con quelli che sostenevano Trump, non lo dimentichiamo».

Stessa linea tenuta da Richetti: «Nella quotidianità politica abbiamo un Partito democratico che si oppone al Mes, che mina costantemente al garantismo del nostro Paese, che con i suoi alleati sta indebolendo il fronte delle forze liberaldemocratiche».

Forze di cui, almeno in teoria, dice il senatore di Azione, farebbe parte anche Forza Italia. «Ci sono anche loro – prosegue – nel perimetro delle forze democratiche, perché riconosco negli intenti di quel progetto una trazione liberaldemocratica. Non dovrebbe far parte di un centrodestra così sovranista, antieuropeista. Sono ambiguità e contraddizioni tutte italiane: qui populisti e sovranisti sono riusciti a dilaniare il fronte liberaldemocratico. E in questo c’è una responsabilità storica di una gravità assoluta da parte del Partito democratico, che sostiene un governo che nelle relazioni con gli Stati Uniti e in politica estera lascia fare a Di Maio delle cose imbarazzanti».

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