Un patto con i Paesi transfrontalieri per mantenere chiusi almeno fino al 10 gennaio gli impianti sciistici. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte in queste ore starebbe lavorando a un accordo tra diversi Paesi europei che consenta le vacanze nelle località di montagna ma senza lo sci, per evitare che la neve si trasformi di nuovo in volano di contagio tra rifugi e cabinovie.
Il premier – come racconta Repubblica – avrebbe parlato del progetto con il presidente francese Emmanuel Macron, poi con l’austriaco Sebastian Kurz e infine anche con Angela Merkel. Alla Cancelliera, Conte avrebbe chiesto anche di farsi promotrice di un protocollo europeo che fissi le tappe per la riapertura graduale degli impianti, ma solo dopo le festività.
È probabile, dunque, che il 2 dicembre la Commissione europea pubblichi nuove raccomandazioni ai governi su come allentare le misure in maniera coordinata e non affrettata, per evitare che il Natale provochi la temuta terza ondata in tutta Europa. E all’interno di queste linee guida dovrebbero esserci anche i limiti alle vacanze invernali.
Ma non mancano le resistenze. Le Regioni sono sul piede di guerra, con il governatore veneto Luca Zaia che le piste potrebbero riaprire seguendo i protocolli di sicurezza. E la Svizzera, che non è membro dell’Unione, promette di lasciare tutto aperto, aprendo a una sorta di dumping turistico invernale. Se non dovesse cambiare linea, sarà Roma a intervenire, probabilmente vietando il passaggio oltre confine.
Nel frattempo, il governo sta lavorando al nuovo dpcm che sarà in vigore dal 4 dicembre, di cui il Corriere oggi dà qualche anticipazione. Gli spostamenti nel periodo delle feste potrebbero essere consentiti soltanto tra le regioni che si trovano in fascia gialla: una limitazione ritenuta indispensabile per non ripetere quanto accaduto la scorsa estate, ribadiscono tutti i ministri. Ma l’andamento della curva epidemiologica fa sperare che le misure attualmente in vigore porteranno tra qualche settimana tutta l’Italia, o almeno la maggior parte, nella fascia di minor rischio.
Un’indicazione importante arriverà oggi con il nuovo monitoraggio che consente di misurare l’andamento della curva nelle ultime due settimane. Il quadro completo si avrà venerdì, quando il ministro della Salute Roberto Speranza firmerà le ordinanze che stabiliscono in quale fascia deve stare ogni regione. Piemonte e Lombardia potranno scalare in arancione così come altre regioni, ma non è escluso che i governatori decidano di firmare provvedimenti restrittivi proprio per poter essere «più liberi dopo il 3 dicembre».
Attualmente non si può andare nelle regioni in zona «arancione» o «rossa» se non per motivi di lavoro, salute e urgenza. Sono le «comprovate esigenze» che devono essere giustificate con il modulo di autocertificazione. Per chi si trova in queste aree è però sempre consentito fare ritorno presso il proprio luogo di residenza o domicilio. Ed è possibile che eventuali deroghe in vista del Natale vengano decise proprio per consentire il rientro a casa, anche se tecnicamente non si tratta della propria abitazione.
Si sta valutando se inserire nel Dpcm una norma che consenta il «ricongiungimento familiare» – anche per chi si trova in fasce rosse o arancioni – sia pur limitandolo a pochissimi casi che riguardano i parenti stretti: genitori e figli, coniugi, partner conviventi anche se non sono residenti o domiciliati in quel luogo.
Nel nuovo Dpcm sarà ribadito però il divieto di organizzare feste nei locali pubblici e nei luoghi privati. Per quanto riguarda le case non è però possibile inserire divieti nei provvedimenti del governo, per cui l’esecutivo si limiterà a semplici raccomandazioni. Conte ha già suggerito che si organizzino pranzi e cene soltanto con i parenti stretti, e con un tetto massimo di persone: per ora sono sei, ma non è escluso che per le festività si possa aumentare almeno ad otto. Sempre che ci sia lo spazio sufficiente per garantire il distanziamento. Anche tra parenti stretti.