Posti lettoAnche l’ospitalità cambia volto

La pandemia ha sconvolto profondamente il settore alberghiero. Una delle associazioni del comparto ci spiega come si sono posti i suoi soci nell’adattarsi a questi cambiamenti così radicali. Con una certezza sul futuro: i luoghi più umani sono i più rassicuranti

Le associazioni, in questo momento storico, hanno cambiato pelle e stanno dimostrando la loro valenza di aggregatore e di punto di riferimento per un settore che è sempre più provato dalla situazione contingente. Èd è proprio attraverso le associazioni che possiamo scoprire quanto la crisi sia veicolo di rinnovamento e di nuove relazioni, che diventano occasione di ripensamento di prassi consolidate.

Nel settore alberghiero il momento è gravissimo: chiusura dei confini e lockdown stanno dando una stretta importante alle attività, che devono necessariamente fare uno sforzo di creatività e di tenuta, per poter pensare al futuro. È questo che ci racconta Carole Pourchet, Direttrice Generale di les Collectionneurs, l’associazione nata nel 1975 come Châteaux & Hôtels Collection, su iniziativa di alcuni albergatori indipendenti che non si riconoscevano nelle catene di hotel esistenti e che desideravano mettere in comune le forze pur mantenendo ciascuno la propria indipendenza. Nel 1998 il marchio è stato acquisito da Alain Ducasse, tuttora presidente di les Collectionneurs. Due anni dopo sono stati introdotti i requisiti qualitativi necessari per aderire al marchio, requisiti tali da rendere ogni soggiorno unico.

Nel 2017 Châteaux & Hôtels Collection diventa les Collectionneurs: un nuovo nome, una nuova immagine grafica, ma un filo conduttore nella filosofia che mette al centro l’unicità e la qualità dell’esperienza. Il viaggio come collezione: di luoghi, di emozioni, di paesaggi, di sapori, e di dimore di charme. Questo è lo spirito di questa community di ristoratori, albergatori e viaggiatori che condividono il gusto per il viaggio della quale fanno parte 585 hotel e ristoranti in 16 Paesi.

E anche in questo momento di difficoltà, ogni Paese, ogni albergatore ha reagito a suo modo, come ci racconta Carole Pourchet: «La pandemia ha sconvolto profondamente il nostro settore. La chiusura dei locali durante i lockdown nei diversi paesi europei, il blocco del turismo mondiale, le misure sanitarie da implementare. I nostri ristoratori e albergatori hanno dato prova di straordinaria resilienza nell’adattarsi a questi cambiamenti così radicali; e noi, les Collectionneurs, abbiamo cercato di essere ancora più presenti al loro fianco nell’attraversare questo periodo. Inoltre, nuove esperienze particolari o nuovi servizi sono stati immaginati dai ristoratori e dagli albergatori, in linea con le misure sanitarie da rispettare in ogni Paese, per adattarsi alla situazione e continuare a restare in contatto con i viaggiatori: ad esempio alcune strutture offrono i propri spazi per eventi privati, altre propongono la ristorazione sotto forma di cestini da pic-nic».

Ma come affrontano nei diversi Paesi questa crisi? Prosegue Pourchet: «Non tutti i governi dei diversi Paesi in cui operano les Collectionneurs hanno reagito con le stesse disposizioni né con gli stessi strumenti, ma ciò che abbiamo constatato ovunque è che la clientela nazionale ha permesso di salvare la stagione estiva, contrariamente ai nostri corrispondenti in Asia ad esempio. Questo vale in particolare per le strutture les Collectionneurs che rispondevano alle aspirazioni e alle attese di una clientela locale: non è dunque il caso dell’iperlusso che dipende molto dal turismo internazionale».

Ma lo spettro della chiusura non è un tema da sottovalutare. Come sottolinea ancora la direttrice: «Il turismo d’affari rischia di essere fortemente colpito dallo smart working e le grandi catene alberghiere che ne dipendevano dovranno rivedere il proprio modello. Allo stesso modo, le destinazioni che contavano solo sui clienti stranieri, a dispetto della propria clientela di prossimità, hanno dovuto fare i conti con i limiti del proprio modello. È ormai fondamentale essere più flessibili e attenti al mercato, e sapersi reinventare sviluppando nuove offerte che permetteranno di attirare una nuova clientela, e contemporaneamente di tessere dei legami con gli stabilimenti vicini, per “co-costruire” insieme dei nuovi modelli».

E quando si tenta di prevedere il futuro, o almeno una tendenza, si fatica a trovare certezze, ma al contempo si costruiscono riflessioni sempre più legate alle persone: «È difficile predire il futuro in questo momento, data la situazione così inedita. Ma credo che per i professionisti che svolgono il proprio lavoro in modo esigente, che si preoccupano del loro contesto locale, che sia economico o naturale, e che sanno accogliere un ospite con generosità stando sempre attenti al rispetto delle norme sanitarie, ci saranno sempre clienti a ripagare tanto impegno. In effetti, l’hotellerie indipendente d’alto livello, di dimensione piccola o media, guidata da proprietari appassionati, spesso da molte generazioni, è un’hotellerie di prossimità in cui sono numerose le belle storie di amicizia. Quando i viaggiatori cercheranno un luogo in cui sentano di potersi fidare, questi luoghi “umani” sapranno mostrarsi rassicuranti».

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