Maradona è morto. «Maradona meglio ’e Pelè», diceva la canzone dei tifosi di quel Napoli a cui ha fatto vincere i due unici scudetti della sua storia (). «La mano de Dios», era stata la sua stessa autodefinizione per un gol di mano all’Inghilterra appena vincitrice della Guerra delle Falkland-Malvinas, che spianò all’Argentina la vittoria ai Mondiali del 1986( E poi «Pelusa»: «lanugine», soprannome ricevuto da ragazzino per via della chioma a cespuglio. «Cebollita»: per la bassa statura. «Barrilete Cósmico»: l’«aquilone cosmico», perché quando si metteva a guizzare per il campo diventava impossibile capire dove andasse e come lo si potesse fermare. E «Pibe de Oro».
Diego Armando Maradona Franco, nato a Lanús Oeste nella Provincia di Buenos Aires il 30 ottobre 1960, famiglia umile, aveva avi gallegos, come la gran parte degli argentini di origine spagnola. Croati, più precisamente dalla Dalmazia. E indios: dna che traspariva abbastanza chiaramente dai suoi tratti. Nel suo palmarès sono 589 partite e 312 gol in partite di club; 91 partite e 34 gol con la nazionale argentina; uno scudetto argentino con il Boca Juniors; una Copa del Rey, una Copa de la Liga e una Supercopa col Barcelona in Spagna; due scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa e una Coppa Uefa col Napoli; una Coppa del Mondo e un secondo posto; più oltre 40 riconoscimenti tra cui un Pallone d’Oro alla carriera concesso come indennizzo per il fatto di non averlo potuto vincere.
Maradona è ora venuto meno per un arresto cardiorespiratorio. Alla Clínica Olivos di Buenos Aires era stato sottoposto il 3 novembre a una complessa operazione di urgenza alla testa, per rimuovere un coagulo di sangue al cervello. La famiglia, in realtà, si era opposta, ritenendo l’intervento non necessario. Ma Maradona aveva invece chiesto di procedere. «L’operazione è andata bene e Maradona si è svegliato bene ed è già nella sua stanza di terapia», aveva spiegato il chirurgo Leopoldo Luque. Ma poco dopo aveva ammesso che la situazione si era fatta complessa: anemia, ansia e depressione, unite a un repentino calo di peso. Dopo una settimana Maradona era però voluto uscire lo stesso: contro il volere dei medici, e firmando una richiesta scritta. La sua solita, leggendaria insofferenza alle regole? Era andato in una casa, dove comunque stava sotto controllo continuo. Ma all’improvviso è peggiorato.
Miglior calciatore popolare del XX secolo, lo aveva proclamato la Fifa nel 1986, ripetendo appunto il giudizio dei tifosi napoletani. In realtà, Pelè ha segnato il triplo delle due reti, ed ha pure vinto molto di più. Ma è vero che aveva giocato in un’epoca probabilmente meno complicata. Tutti e due erano comunque arrivati alla gloria calcistica da teenagers. Tutti e due appartenevano a quel tipo di uomini in apparenza comuni, dimessi e quasi con la pancetta, che riescono a diventare grandi campioni nel calcio, in un modo che non sarebbe possibile in altri sport, e che forse spiega perché il calcio riesca a entrare più nel mito di altre discipline. Tutti e due avevano anche quel minimo di indisciplina, che pure è tipico di tanti divi del pallone.
Pelè, però, si limitava a odiare gli allenamenti. Maradona arrivò allo scandalo della esclusione per doping dal Mondiale del 1994, a parte avere altri grossi problemi con la cocaina. Ma il 1994 è proprio l’anno prima della nomina di Pelè a ministro dello Sport: incarico che avrebbe tenuto per tre anni. In comune tra Pelè e Maradona c’è infatti anche la passione per la politica, oltre all’aver visto sfumare i guadagni fatti da calciatori. Pelè, però, tornando a giocare negli Stati Uniti e poi facendo una oculata attività di sponsor pubblicitario riuscì a ricostruirsi una solida posizione economica, e da ministro partecipò a un governo moderato.
Autentico prototipo del genio e sregolatezza, Maradona si candidò invece perfino a presidente della Fifa, ma senza riuscire a diventarlo. Dal punto di vista economico, ha avuto un contenzioso di 30 anni col fisco italiano, che gli ha sequestrato cachet televisivi e perfino orecchini di diamanti, e a cui lui fece un plateale gesto dell’ombrello in diretta tv. E in politica da un certo punto in poi si mise ad appoggiare leader di sinistra anche, e soprattutto, autoritari. Strettissimo il suo rapporto con i Kirchner, si sprecano le sue foto con Chávez e Fidel Castro, ed è stato anche uno de pochi vip a non avere paura a venire a dare il suo appoggio a Maduro.
«Dove gioca Borges?», aveva chiesto Maradona, quando gli avevano riferito che il grande scrittore non sapeva della sua esistenza. Pare che non fosse una battuta. Sembra che anche quando a Napoli cominciò a vedere che lo festeggiavano sventolando bandiere con il volto del Che avesse chiesto «chi è?». O forse è una leggenda: ma ben costruita. Comunque glielo avrebbero spiegato, gli dissero che era stato un eroe argentino come lui, e da allora avrebbe deciso di diventare una sorta di Che del pallone, facendoselo anche tatuare sulla spalla. Un simbolo rivoluzionario in calzoncini, capace di vendicare le umiliazioni latino-americane da parte dell’«imperialismo» appunto con gesti simbolici come il goal di mano ai «pirati» inglesi.
È una ideologia che comunque corrisponde anche al suo mito nel Napoli, come squadra «perseguitata» dai «poteri forti» delle squadre del Nord. Simbologia inquietante, se vogliamo, di una ideologia per la quale fare dispetto ai «gringos» è più importante che un rispetto di regole la cui non osservanza diventa poi un problema anche per gli stessi popoli latino-americani.
In realtà, gli stessi compagni di Maradona dopo quel famoso gol erano rimasti fermi, dal momento che ne avevano visto chiaramente la irregolarità. Il «Pibe de Oro» avrebbe poi confessato di aver convinto lui i compagni a festeggiare: «venite ad abbracciarmi o l’arbitro non la convaliderà». Quattro minuti dopo però segnerà comunque un altro gol: questo regolare, bellissimo, e votato nel 2002 come Goal del secolo. Ma molti goal d iMaradona sono da antologia.
Fu in conferenza stampa a dire che quel goal era stato fatto «un po’ con la testa di Maradona e un altro po’ con la mano di Dio». Pure a un film su di lui hanno dato quel titolo. Solo nel 2008 avrebbe fatto parziale autocritica. «Se potessi scusarmi e tornare indietro, lo farei, ma un gol è sempre un gol e grazie a quello l’Argentina ha vinto il Mondiale e io sono diventato il miglior giocatore al mondo. Non posso cambiare la storia, tutto quello che posso fare è andare avanti.».
In Argentina esiste addirittura una Chiesa Maradoniana. Fondata nel 1998, il calendario vi si calcola contando gli anni dalla sua nascita, e il 2020 sarebbe così il 60 d.D. Dopo Diego. Ma anche a Napoli gli avevano dedicato un altarino dove i tifosi si recavano prima delle partite a chiedere la «grazia calcistica», e l’11 maggio 1991 era stato celebrato nella città partenopea un convegno in suo onore di Maradona, intitolato «Te Diegum». Innumerevoli anche le canzoni a lui dedicate: La mano de Dios di Rodrigo Bueno, Santa Maradona dei Mano Negra, Maradona blues di Charly García, La vida tombola di Manu Chao, Tango della buena suerte di Pino Daniele.
Chissà se adesso la Mano di Dio in senso traslato non starà stringendo la Mano di Dio originale.