Difende il sistema di misure differenziate sulle fasce di rischio, ma per le grandi città dove l’epidemia è fuori controllo chiede siano i presidenti di Regione a imporre il lockdown. Walter Ricciardi, superconsulente del ministro Roberto Speranza e ordinario di Igiene alla Cattolica, in un’intervista alla Stampa spiega che lo schema dei 21 indicatori è «scientificamente inappuntabile». Ma per funzionare «ha bisogno di essere alimentato tempestivamente da dati completi. Quello che si può fare in questa fase è raffinarlo e semplificarlo. Ma le decisioni si prendono in base a considerazioni epidemiologiche, non politiche».
Questo, dice, «è l’ultimo tentativo prima di essere costretti a calare la carta del lockdown nazionale che nessun vorrebbe dover giocare. E per non sprecare questa opportunità è bene che le Regioni collaborino». Ecco perché, dice, «servono dei veri lockdown cittadini e spetta ai governatori proclamarli. Vedo troppa gente ancora in giro per le strade. Nelle grandi città, penso soprattutto a Milano, Genova, Torino e Napoli, serve agire con decisione e farlo presto».
Secondo Ricciardi, le misure attuali non bastano: «La semplice raccomandazione a nuon muoversi di casa riduce del 3% l’incidenza dei contagi, il lockdown del 25%. Se a questo accoppiamo lo smart working, che vale un altro 13% e il 15% determinato dalla chiusura delle scuole si arriva a quel 60% che serve per raffreddare l’epidemia. Per questo dico che fermare un attimo tutto dove la situazione è già fuori controllo è l’unica soluzione possibile».
Intanto, la situazione negli ospedali «è un disastro», ammette. «Non è facile fronteggiare un’epidemia di questa portata, soprattutto dopo anni di tagli alla sanità. Ma ci sono anche le responsabilità di chi ha avuto a disposizione un miliardo e 400 milioni per assumere personale e mettere in sicurezza gli ospedali e invece non lo ha fatto. Però adesso serve anche un maggiore coinvolgimento dei medici di famiglia, che devono seguire i loro assistiti per evitare l’intasamento degli ospedali e pronto soccorso».
Nessuna buona notizia neanche sul fronte vaccini, al contrario di quanto annunciato dal presidente del Consiglio. «Siamo un po’ in ritardo», dice, «perché non sono ancora arrivati i dati sulla sperimentazione allargata sull’uomo di fase 3 né del vaccino di AstraZeneca, previsti per ottobre, né quelli della Pfizer che dovevano arrivare questa settimana. Nella migliore delle ipotesi, l’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, potrà autorizzare l’immissione in commercio nei primi mesi del 2021». Per «vedere la luce», ci vorrà l’autunno, insomma. «Ma per uscire dal tunnel servirà buona parte del prossimo anno».