Voci da una notte di paura
Benvenuti a Distopia. Ecco alcuni tweet di intellettuali che analizzano la situazione. «Allora esistono davvero gli “elettori timidi” di Trump. La gente che non vuole essere chiamata razzista ma lo è. La gente per cui non è un problema che un quarto di milione di di persone muoiano in modo che loro possano aggrapparsi ai privilegi maschili». (Cheril Rofer, scienziata nucleare).
«Ma gli Stati Uniti sono interamente popolati di uomini che vivono soli col loro cane e molte armi in case di tronchi nei boschi? Capisco così poco di questo paese». (Jo Wolff, professore di Public Policy a Oxford).
«Ha passato quattro anni a giocare a golf. E ancora lo votano. Non capirò mai». (Sarah Cooper, ex di Google ora comica, quella che fa il lip-sync dei discorsi di Trump). «Ehi, il tizio nazista e la signora di Qanon hanno vinto. Che paese di merda». (The Rude Pundit, incisivo commentatore online, al secolo Lee Papa, professore di letteratura alla City University di New York).
L’egemonia culturale di Qanon
Hanno vinto comunque, il nazi e la signora. Il non-rigetto di un presidente che si porta dietro milizie fasciste, e del complottismo, e degli alternative facts (i fatti alternativi, definizione epocale della consigliera di Trump Kellyanne Conway) cambia l’America per sempre.
L’ex Paese più potente, sempre avanti nella ricerca scientifica e nell’innovazione economica e negli esperimenti sociali diventa un impero da brutta serie su Netflix. Con una guerra civile più o meno strisciante e una nuova egemonia culturale per mezzo paese, quella di Qanon e dintorni.
Un’alta percentuale di repubblicani pensa ci sia verità nelle storie assurde della cabala di politici e vip che bevono il sangue dei bambini, e molto altro, a seconda delle circostanze. Un’evidentemente altissimo numero di cittadini si rifiuta di credere al Covid (e i comizi di Trump hanno prodotto, si calcola, decine di migliaia di contagi e oltre mille morti).
Un’enorme quantità di americani si informa solo su siti e account e YouTube improbabili oppure su Fox News (se vecchi; e con quel lavaggio del cervello, era difficile dessero retta a Biden). Qualche americano e non nota pure l’ormai scarsa influenza dei mainstream-lamestream-liberal media. Hanno fatto ottimo giornalismo d’inchiesta, vengono seguiti da bolle di convertiti (anche la Cnn, ormai).
La strategia da centro anziani di Biden
Forse non ci si poteva opporre più di tanto a una mutazione epocale. Forse è stata una scelta infelice, l’ultimo esempio del talento dei democratici americani nello sbagliare candidato (negli ultimi decenni da Michael Dukakis a John Kerry a Hillary Clinton).
Joe Biden era vecchio, soprattutto di testa e di strategia. O meglio: Biden ha fatto quel che poteva e sapeva, ha cercato di recuperare altri anziani, bianchi e blue collar del Midwest. Che forse non sono più recuperabili, vivono in un sistema mediatiaco-culturale-valoriale diverso.
Non ha fatto quello che avrebbe dovuto, e che forse non ha voluto fare perché avrebbe spostato la sua coalizione troppo a sinistra su questioni come l’assistenza sanitaria e il lavoro: coinvolgere gli elettori afroamericani (che hanno votato meno del previsto) e ispanici (che a volte hanno votato Trump).
Peggio, ha detto alla radio «se non mi votate non siete neri» e parlando a una platea latina in Florida ha messo Despacito sul telefonino. E la sua campagna non ha voluto fare il porta a porta, neanche distanziato (i trumpiani ne hanno fatto).
Il caso Michigan
Progettare di rapire la governatrice paga. No, meglio: non condannare chi progetta di rapire la governatrice paga elettoralmente. In Michigan energumeni armati hanno occupato il locale Campidoglio per protestare contro le misure anti-Covid.
Poi i membri di una milizia sono stati arrestati prima che sequestrassero la governatrice democratica Gretchen Withmer. E il presidente non li ha proprio condannati. Qualche anima bella avrebbe potuto pensare che i gravi episodi avrebbero inibito il voto per Trump, almeno tra i conservatori anziani e miti, ma non è successo.
L’erba dei vicini
E non solo quella. La distanza anche culturale e psicotropa tra le due Americhe si vede dai risultati di alcuni referendum. In Arizona, Montana, New Jersey e South Dakota è stata legalizzata la marijuana per uso ricreativo (ora gli stati con cannabis legale sono 15 su 50).
In Oregon, è stato decriminalizzato il possesso di qualunque droga, incluse cocaina e oppioidi. Ed è stato legalizzato l’uso sotto controllo medico della psylocibina (i funghi magici ecc.), che in microdosaggio può essere una cura antidepressiva, e può servire.
Florida Women, disastro a Miami
Come previsto, a Biden è andata malissimo grazie al voto ispanico non abbastanza corteggiato dai democratici; e al trucido carisma di Trump sui maschi latini basici; e agli spot che hanno convinto cubani e venezuelani che Biden è un Maduro dell’East Coast.
Nella contea di Miami-Dade ha vinto ma ha fatto assai peggio di Hillary. Ed è andata male, sull’onda, alla deputata Donna Shalala, ex segretario alla Salute di Bill Clinton. Nel suo collegio, che comprende Miami Beach, Coral Gables, e Little Havana è stata battuta da una giornalista televisiva Veronica Salazar (da Miami avvertono, non prendetevela solo con i cubani; parecchi bianchi benestanti hanno votato Trump).
E poi si è preso in giro, e sottovalutato, il soft power dell’appoggio a Trump di celebrità per giovani che sono di Miami, il lottatore Jorge Masvidal e il rapper Lil Pump (che in un comizio Trump ha chiamato “Little Pimp”, che vuol dire piccolo ruffiano, e andava bene così).