Anna ha 69 anni. Maria Aurora, la sorella, ne ha 66. A causa del Covid non possono riunirsi a Natale. Dagli anni Sessanta, da quando la mamma Rosa Maria, ‘Ia’ in paese, le aveva arruolate per la cucina natalizia, per loro fare le cartellate era diventata una festa. E da quel periodo hanno sempre usato la stessa unità di misura: una tazza. È quella che Ia lasciò in eredità alle due figlie per trasmettere la tradizione della loro nonna, Domenica, che seguiva la stessa identica ricetta di famiglia almeno da fine Ottocento.
Quelle due tazze tutte colorate (di cui una un po’ sbeccata) questo Natale non si potranno riunire. Anna è nel borgo salentino di Tiggiano e Maria Aurora vive tra i carrugi di Genova e ogni dicembre faceva il viaggio con il treno notturno per tornare al paese. La tazza serve per dare la giusta misura alla quantità di olio da usare per l’impasto.
«Le cartellate si fanno con olio, farina e zucchero, con l’aggiunta di vino bianco, anche se mia madre non l’ha mai usato, mettendoci invece un po’ di Vermouth allungato con un po’ di acqua tiepida – spiega Anna – Secondo traduzione le cartellate si fanno a Natale. La tazza è una misura della quantità di olio che mia mamma definì negli anni Sessanta, quando si pose per la prima volta il problema di non procedere ‘a occhio’, per poter insegnare a noi figlie le giuste proporzioni».
La dimensione della tazza è più o meno come quella da tè. L’olio che viene inserito all’interno viene prima scaldato e aromatizzato con bucce di mandarino, arance e limoni, che devono però poi essere tolte. La ricetta di famiglia prevede di usare una tazza di olio per ogni chilo di farina.
Per l’impasto si prende la farina e la si ‘sabbia’ con l’olio. Solo dopo va aggiunto lo zucchero, una piccola spolverata di cannella e poi il vermouth allungato con l’acqua. Una volta realizzato un composto omogeneo, questo va steso in una sfoglia sottile. Grazie a una rotella dentata si ricavano le fettucce larghe circa 2 centimetri, che vengono poi arrotolate e punzecchiate per formare le rosette delle cartellate. A quel punto si passa alla cottura: vanno fritte in abbondante olio di semi di girasole. In padella restano pochissimo, il tempo di dorarsi. Vengono poi fatte riposare e, il giorno dopo, vengono mielate, così da assumere una particolare consistenza: morbide fuori e croccanti dentro.
«In famiglia – dice Maria Aurora – diamo un tocco particolare: una spolverata di cannella e di granella di mandorle tostate che vengono aggiunte generosamente sulle cartellate». Il Covid non bloccherà comunque la tradizione. Dopo più di cinquanta anni, però, Anna e Maria Aurora faranno le loro cartellate a distanza. Una a Genova, l’altra in Salento.