Tutto ciò che riguarda i videogiochi è in crescita negli ultimi anni. Il giro d’affari globale dell’industria videoludica raggiungerà i 200 miliardi di dollari nel 2023, un incremento di più del doppio rispetto al 2012. In Italia i videogiocatori abituali erano 17 milioni nel 2019 ed è probabile che, causa lockdown e maggiore tempo passato in casa, siano aumentati ancora durante il 2020.
I numeri offrono una prova evidente del successo dei videogame, ma capire come mai questi prodotti siano al centro di un boom economico e sociale è intuibile anche senza tabelle. Basta ricordare che buona parte di coloro che furono fra i primi a godere della diffusione di computer e consolle a partire dal 1994 (quando debuttò la prima PlayStation), ovvero i nati negli anni ‘80, sono oggi degli adulti che continuano a comprare e utilizzare i videogiochi.
Una generazione cresciuta col controller in mano, che ha influenzato anche i giovani di oggi, i nativi digitali che compongono l’altra fetta del proficuo mercato videoludico. In questi giorni, c’è un titolo che sta attirando le attenzioni di tutto il settore: è “Cyberpunk 2077”.
Si tratta di un gioco nel quale si comanda il protagonista V, un personaggio chiamato a svolgere varie missioni nella fittizia città di Night City durante l’anno 2077. Sconfiggendo i nemici e portando a termine gli incarichi dei vari livelli, si prosegue in quella scalata al potere che è la trama di molti videogame di successo recenti, fra cui il più famoso resta “Grand Theft Auto”, una serie di giochi in cui si vestono i panni di un malvivente pronto a tutto, compresi furti e omicidi, per accrescere la propria reputazione.
La caratteristica che rende questi giochi apprezzati è che sono open world: significa che il giocatore può muoversi in qualsiasi direzione e scoprire missioni slegate alla trama principale nonché semplicemente divertirsi a infastidire i personaggi secondari. L’open world di “Cyberpunk 2077” ha un’ambientazione distopica e futuristica, tanto che le automobili e le armi usate da V sembrano ispirate a quelle viste nei film Mad Max, Blade Runner e l’anime giapponese Akira.
Dietro il progetto c’è un’azienda polacca che si è ritrovata nell’occhio del ciclone per gli errori presenti nel gioco al momento lancio. CD Projekt, questo il nome della società, è uno studio di sviluppatori di Varsavia: dopo i primi passi verso la fine degli anni ‘90 come semplici traduttori di giochi americani per il mercato polacco, dal 2007 i fondatori si sono lanciati nella creazione di videogame da zero.
E ci sono riusciti con idee rivelatesi trionfali sin dalla prima creazione: “The Witcher”, basato sui romanzi fantasy dello scrittore polacco Andrzej Sapkowski, ha fatto conoscere lo studio di Varsavia in tutto il mondo. Negli anni successivi sono arrivati altri capitoli della stessa saga con ottimi risultati in termini di vendita e di critica, tali da convincere Netflix a produrre una serie tv ispirata ai videogiochi (“The Witcher”, con protagonista Henry Cavill).
Se le aspettative erano già alte per via delle creazioni precedenti, una campagna di marketing pomposa ha aumentato l’interesse verso “Cyberpunk 2077” ancora prima dell’uscita. Era addirittura il 2013 quando un trailer ricco di scene d’azione debuttò online attirando da subito le attenzioni della comunità di gaming sempre molto attiva sui social.
La fanbase si era così già formata ed è andata in crescendo grazie ai dettagli rivelati di volta in volta dagli sviluppatori e dalle voci di un budget stratosferico. Avere a bordo l’attore Keanu Reeves (che presta il corpo e la voce a uno dei compagni di V) ha fatto il resto, portando l’hype a livelli mai visti per un videogioco e più simili a quelli per l’uscita di un nuovo film Marvel o un album di Beyoncé.
Ulteriori notizie sulle innovative possibilità di personalizzare i protagonisti (si può scegliere se V sia maschio o femmina, che capelli abbia e perfino la grandezza dei suoi organi genitali), hanno incuriosito ancora di più i gamer.
La data di uscita ha subito vari rinvii; da aprile 2020 si è passati a settembre per poi giungere a quella ufficiale del 10 dicembre 2020. I ritardi non hanno fatto altro che incrementare la voglia dei giocatori di mettere mano su “Cyberpunk 2077”.
Quando è arrivata la tanto attesa uscita, sono giunte dopo poche ore le prime critiche: sulle console meno recenti, come le ancora diffuse PlayStation 4 e Xbox One, ci sono vari rallentamenti ed errori che non permettono di finire le missioni. Su computer e su PlayStation 5 va meglio, ma anche qui filmati e recensioni postate sui social mettono in mostra grafiche colme di bugs e lacune nel gameplay.
Errori banali che non sembrano intaccare la trama, ma che sono stati evidenziati e derisi dai giovani gamer di oggi, fra i quali ci sono numerosi troll appassionati soprattutto nello spargere odio online e creare controversie sul web. Perfino alcuni membri della comunità trans si sono lamentati perché «all’inizio, molti giocatori trans erano contenti dell’idea che il sesso non sarebbe stato determinato dai genitali del personaggio. Tuttavia, quella possibile eccitazione si è trasformata in incredulità quando i giocatori si sono resi conto che il genere e i pronomi del loro personaggio non sono determinati dai genitali, ma piuttosto dalla voce».
Dettagli che forse gli sviluppatori polacchi non avevano nemmeno considerato, anche se come ammesso dalla stessa CD Projekt lo sprint per il rilascio ha fatto sì che molti errori venissero lasciati all’interno della trama.
Lo studio di Varsavia è corso ai ripari con messaggi di scuse e promesse di aggiustamenti tramite patch da scaricare, mentre ad alcuni giocatori è stato offerto un rimborso; infine “Cyberpunk 2077” è stato rimosso dagli store della Sony produttrice della PlayStation. Il passaggio da videogioco dell’anno a flop offensivo è stato veloce come non mai.
I videogiochi hanno visto aumentare esponenzialmente il proprio bacino di utenza in questo decennio ma, come dimostra la storia di “Cyberpunk 2077”, di pari passo aumentano anche le critiche e gli hater, fino a poco tempo fa esclusiva di film, musica e sport. Ora sì che i videogiochi fanno davvero parte del mondo dell’intrattenimento di massa.