È la cosiddetta Festa delle luci o Festa dei lumi, Hanukkah, in ebraico Chanukkah, «inaugurazione» o «dedica»: si tratta della ricorrenza che commemora la consacrazione di un nuovo altare nel Tempio di Gerusalemme dopo la riconquistata libertà dagli assiro-ellenici nel II secolo a.C. Allora gli ebrei già risiedevano in terra d’Israele ed erano sotto il potere dell’Impero seleucide, fondato sui territori di Mesopotamia, Siria, Persia e Asia Minore: a livello amministrativo pagavano le tasse ai seleucidi, accettandone l’autorità legale, e per lungo tempo furono liberi di seguire la propria fede, di mantenere i propri lavori e di prendere parte ai commerci. Almeno finché non ascese al trono Antioco IV, il quale si fece promotore di un ambizioso progetto di riforma ed espansione del regno: nel progetto del nuovo re rientrava l’osservanza, da parte di tutti i popoli, degli stessi riti e delle stesse usanze, dunque anche cancellare la specificità giudaica (monoteista e non idolatra) proibendo la pratica della Legge nonché alcuni precetti come lo Shabbat, il riposo sabbatico, e il Brit Milah, la circoncisione.
Di ritorno da una spedizione in Egitto, Antioco si fermò a Gerusalemme e la saccheggiò, sterminando gran parte della popolazione, rapinando gli arredi sacri del Tempio e proibendo la pratica della religione ebraica. Dopo aver costruito una grande fortezza sulla sommità della città, detta akra, consacrò il Tempio a Giove Olimpo, introducendovi una sua statua e costringendo le élite ebraiche a compiere sacrifici in onore delle divinità pagane. Il brutale tentativo di sradicamento convinse il popolo ebraico a organizzare un movimento di resistenza e di ribellione guidato dal sacerdote osservante Mattatia e dai suoi cinque figli Giovanni, Simone, Giuda, Elazar e Jonatan. Alla morta di Mattatia, Giuda guidò i ribelli alla vittoria contro l’esercito seleucide: il Tempio venne liberato e riconsacrato al culto ebraico nel 165 a.C.; le grandi capacità di condottiero implacabile contro i nemici valsero a Giuda il soprannome di Maccabeo («martello», «martellatore»), che poi passò all’intera famiglia.
Fu quest’ultimo a istituire la festa di Hanukkah per celebrare la riconquista del Tempio, cominciando tramonto del ventiquattresimo giorno del mese di kislev (dicembre): la storia è narrata nel primo e nel secondo libro dei Maccabei, inclusi nell’Antico Testamento, mentre il miracolo viene riportato dal Talmud. Secondo il rituale, alla liberazione del Tempio doveva seguire la sua purificazione, il ripristino dell’Arca dell’Alleanza e l’accensione della Menorah – la lambada a olio a sette bracci – attraverso la combustione di olio consacrato. Le provviste di olio puro e certificato dal Sommo Sacerdote, però, erano state distrutte dagli invasori, e gli ebrei trovarono soltanto una piccola ampolla d’olio d’oliva puro, che sarebbe bastata per un giorno soltanto. Miracolosamente, l’olio durò invece otto giorni, quanto bastava per ottenere altro olio. Ecco perché, in occasione di Hanukkah, si accendono le nove candele del candelabro chiamato Hanukiah, una ogni sera in ricordo del miracolo. Considerata una festività minore fino al XIX secolo, Hanukkah sarebbe diventata una delle principali nel corso del XX, sia per onorare la volontà di sopravvivere del popolo ebraico, sia per rimarcare il dominio della luce sull’oscurità, cosa che acquista un significato particolare in corrispondenza con l’inizio dell’inverno e durante il periodo dell’anno in cui le giornate sono più corte.
Secondo il calendario ebraico, quest’anno Hanukkah inizia il 10 e termina il 18 dicembre: otto giorni di festeggiamenti in cui l’olio riveste un ruolo chiave nella cottura dei cibi tradizionali, per celebrare appunto il miracolo della Menorah, insieme ai derivati del latte per richiamare la vicenda di Giuditta, la ricca vedova ebrea, bella, giovane e di indiscussa virtù, che durante il regno di Nabucodonosor stordì (e poi uccise) il generale assiro Oloferne offrendogli formaggio salato e vino rosso. Immancabili i latkes, le frittelline di patate con cipolle, farina di matzah, uova, sale, pepe, da friggere (ovviamente) in olio d’oliva e da servire croccante e bollente; i sufganiot, i sofficissimi krapfen cotti nell’olio e ricoperte di zucchero, non dissimili dai bomboloni, farciti con marmellate, composte, cioccolato; i blintzes, delle specie di crêpe ripiene di formaggio freschissimo e fritte. Ultimi, ma non meno importanti, gli Hannukkah Gelt, i soldini di cioccolata raffiguranti la Menorah donati ai bambini impegnati a giocare con il sevivon (o dreidel), la trottola che sulle sue quattro facce reca le lettere dell’alfabeto ebraico atte a formare la frase «un grande miracolo è avvenuto qui».
Inutile specificarlo, ma a scanso di equivoci: Hanukkah non c’entra nulla con il Natale cristiano, ma c’è chi in passato ha tentato di operare una crasi. Quel qualcuno era l’indimenticato e indimenticabile Seth Cohen della serie tv The O.C., il reportage sui riccastri della contea di Orange County che c’ha intrattenuto a inizio millennio: di padre ebreo e madre protestante, Seth aveva creato il Chrismukkah a sei anni, proprio per unire le due fedi, e lo descriveva come «otto giorni di regali, più un giorno di super regali», marcando la parola «super». Nel dicembre 2004, il Chrismukkah venne inserito dal settimanale Time nella lista delle buzzword dell’anno, e a ripensarci, adesso, viene quasi un po’ di malinconia: Seth Cohen ne sarebbe stato fiero, dannatamente fiero.