Ankara tuLa strategia di Erdoğan per evitare le sanzioni del Consiglio europeo

Il 10 e 11 dicembre i leader dei 27 Stati membri si incontreranno a Bruxelles anche per discutere delle incursioni della Turchia nel Mediterraneo a svantaggio di Grecia e Cipro. Il presidente ha proposto di indire una nuova conferenza internazionale per avere voce in capitolo nello sfruttamento delle risorse presenti nel mare nostrum

Lapresse

La resa dei conti tra Unione europea e Turchia è ormai prossima e il presidente Recep Tayyip Erdogan sta giocando le sue ultime carte in attesa del Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre. Durante questa due giorni annunciata con largo anticipo da Bruxelles, i 27 leader degli Stati membri si riuniranno per discutere il veto di Ungheria e Polonia, il negoziato Brexit e la situazione di instabilità creata negli ultimi mesi dalle navi turche nel Mediterraneo. 

Gli europei hanno messo sul tavolo la possibilità di imporre nuove sanzioni in risposta alle esplorazioni di Ankara per trovare risorse energetiche nel mare nostrum in violazione del diritto internazionale. La Turchia è già alle prese con una forte crisi economica, per cui nuove sanzioni o la soppressione dell’unione doganale – come suggerito dalla Francia – sarebbero un duro colpo per il Paese e per il prestigio di Erdogan,

Per questo motivo il presidente turco sta cercando di ricucire i rapporti con gli Stati europei, prima che il Consiglio europeo abbia inizio. «Faccio appello a tutti i Paesi vicini nel Mediterraneo, e specialmente alla Grecia, a non vedere la questione» delle risorse energetiche «come un gioco a somma zero», ha affermato Erdogan in un videomessaggio per un workshop a tema Mediterraneo che si è svolta nella città di Antalya. «Credo che una formula win-win che rispetti i diritti di tutti possa essere trovata». 

Il presidente turco ha quindi proposto di indire una nuova conferenza internazionale che riunisca «tutti gli attori attorno al tavolo», un chiaro riferimento anche alla Repubblica turco-cipriota. Uno degli obiettivi di Erdogan è infatti quello di entrare nell’alleanza di Paesi mediterranei nota come EastMed per poter avere voce in capitolo nello sfruttamento delle risorse presenti nel mare nostrum, su cui la stessa Turchia si affaccia. Dare quindi vita ad un tavolo internazionale in cui possa sedere anche Cipro Nord sarebbe ulteriormente vantaggioso per Ankara, soprattutto ora la Repubblica turco-cipriota ha un nuovo presidente. Ersin Tatar non ha fatto mai mistero delle sue posizioni filo-turche e ha inserito tra le sue priorità il raggiungimento di un accordo con la controparte greca per lo sfruttamento delle risorse energetiche dell’isola, con grande soddisfazione della Turchia. 

I toni usati da Erdogan nell’avanzare la sua proposta, tuttavia, non sono stati del tutto conciliatori. Il presidente ha sottolineato che la Turchia «non accetterà piani o mappe che ci possano confinare sulle coste di Antalya», un chiaro riferimento alla contestata delimitazione dei confini marittimi che Ankara vorrebbe riscrivere. Alla base della contesa nel Mediterraneo, oltre alle risorse energetiche, vi è anche la definizione delle Zone economiche esclusive (Zee): la presenza delle isole greche a poche miglia dalle coste turche impone infatti pesanti restrizioni ai diritti marittimi della Turchia.

La risposta dell’Unione europea
Alle parole del presidente Erdogan ha fatto eco il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Mass. «La Germania ha lavorato duramente per facilitare il dialogo tra l’Ue e la Turchia negli ultimi mesi, ma ci sono state troppe provocazioni e le tensioni tra Turchia, Cipro e Grecia hanno impedito negoziati diretti», ha ricordato Mass. «Per questo motivo discuteremo su che risposta dare». 

A lanciare un avvertimento alla Turchia sono stati anche Grecia, Egitto e Cipro, che dal 30 novembre al 6 dicembre hanno tenuto un’esercitazione navale – la “Medusa-10” – a cui hanno preso parte per la prima volta anche la Francia e gli Emirati Arabi Uniti, ugualmente interessati a limitare le ambizioni turche nel Mediterraneo. Abu Dhabi e Atene, di recente, hanno anche firmato uno storico accordo di partenariato strategico, rafforzando l’alleanza in chiave anti-turca. 

Alla vigilia del Consiglio europeo, tuttavia, gli Stati membri non hanno ancora assunto una posizione compatta sul tema. Nell’incontro preliminare svoltosi il 7 dicembre i ministri degli Esteri hanno definito “non positiva” la politica turca, non essendosi registrato «alcun cambiamento di direzione nel comportamento della Turchia”. Alcuni giorni prima era inoltre arrivata la condanna da parte del Parlamento Ue, che ha invitato il prossimo Consiglio «a mantenere la sua posizione unitaria contro le azioni illegali e unilaterali della Turchia e a imporre dure sanzioni».

Nonostante ciò, non è ancora certo che i Paesi membri riescano a raggiungere l’unanimità necessaria per l’imposizione di seri provvedimenti contro Ankara. Ancora una volta la Germania guida il gruppo di Paesi che vorrebbe evitare un inasprimento delle relazioni con la Turchia, mantenendo aperta la strada della diplomazia; mentre Francia e Grecia premono per l’adozione di misure più drastiche. 

Trovare un compromesso tra le due parti non sarà facile. Già nel summit di ottobre Cipro si era opposta alla firma del documento finale perché riteneva troppo morbida la posizione assunta dall’Ue e aveva preteso l’inserimento della parola “sanzioni” nel testo conclusivo. Questa volta le sole parole saranno sufficienti per placare ancora una volta Atene (e Parigi)?

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