Da mesi il Mediterraneo è al centro di uno scontro tra Turchia e Grecia, quest’ultima sostenuta nella difesa dei suoi interessi marittimi da Francia, Egitto, Israele e più recentemente dagli Emirati Arabi Uniti. Ankara ha infatti messo in discussione l’estensione della Zona economica esclusiva greca e lo sfruttamento delle risorse energetiche nel Mar Egeo e nel Mediterraneo orientale, con il fine ultimo di entrare a fare parte dell’East Mediterranean Gas Forum e trasformare la Turchia in un hub energetico regionale.
Ma mentre l’attenzione di tutti era rivolta al Mediterraneo, Ankara è rimasta attiva anche su un altro fronte, quello del mar Nero, con risultati particolarmente significativi non solo per l’economia turca, ma anche per gli equilibri energetici della regione.
Il giacimento del mar Nero
Il 22 agosto Erdoğan, in un discorso alla nazione annunciato nei giorni precedenti, ha comunicato la scoperta di un giacimento di gas naturale nel mar Nero pari a 320 miliardi di metri cubi all’interno dell’area denominata Tuna-1, a 100 miglia nautiche a nord delle coste turche.
«La Turchia ha realizzato la più importante scoperta di gas naturale nella storia del mar Nero», ha dichiarato il presidente. «Questa riserva è solo una parte di una più grande fonte energetica (…). In quanto Paese che ha dipeso per anni dall’estero per la fornitura di gas, possiamo guardare al futuro con maggior sicurezza. Non ci fermeremo finché non saremmo diventati un esportatore di energia».
Le parole usate dal capo di Stato turco sono molto importanti. Prima di tutto, Erdoğan ha parlato non solo dell’immenso valore della recente scoperta, ma ha anche annunciato che si tratta di una parte di una più grande riserva di gas a disposizione della Turchia. Nell’area adiacente alla Tuna-1, infatti, dovrebbero esserci altri due giacimenti delle stesse dimensioni di quello appena scoperto che potrebbero quindi aumentare le risorse energetiche del Paese.
Come sottolineato da Erdoğan, la Turchia è costretta a importare dall’estero il gas per soddisfare il proprio fabbisogno, dipendendo quindi da Russia, Iran, Azerbaijan e più recentemente dal gas liquefatto di produzione americana. Nel solo 2019, il Paese anatolico ha speso 41 miliardi di dollari in import energetico, una cifra che potrebbe trovare altra destinazione se le stime circa i giacimenti turchi del mar Nero fossero confermate.
La fine della dipendenza dai mercati esteri del gas, come sottolineava il presidente stesso nel suo discorso, garantirà alla Turchia una maggiore sicurezza e permetterà al Paese di riscrivere i rapporti di forza con la Russia e l’Iran, fino ad oggi tra i maggiori esportatori nella regione. La presenza di tre giacimenti nel mar Nero e di un quarto nella Tracia potrebbe trasformare la Turchia da Paese importatore di gas ad esportatore, soprattutto verso Stati vicini come Romania, Bulgaria e Serbia. Secondo gli annunci di Erdoğan, Ankara potrebbe modificare la sua posizione nello scacchiere regionale già a partire dal 2023, anno in cui dovrebbe iniziare la commercializzazione del gas.
Le incognite però sono ancora molte. Per avviare lo sfruttamento del giacimento è necessario un investimento che si aggira tra i 2 e i 3 miliardi di dollari e la sua collocazione a 3.500 metri di profondità rappresenta un problema di non poco conto: solo poche aziende – tra l’altro statunitensi – hanno le tecnologie necessarie per estrarre gas a quelle profondità.
Nonostante ciò, l’annuncio del presidente ha già avuto degli effetti positivi sulla lira, che alla vigilia del discorso si è stabilizzata di oltre il 2 per cento contro il dollaro, e la prospettiva di nuovi investimenti nel settore energetico potrebbero aiutare l’economia turca a risollevarsi dopo un lungo periodo di crisi.
Il mar Mediterraneo
Intanto le acque nel Mare nostrum continuano a essere agitate. In un precedente discorso, il presidente ha infatti sottolineato che «la Turchia è determinata a rivendicare i propri diritti nel Mediterraneo orientale fino alla fine» e che «nessun potere o minaccia colonialista può dissuadere il nostro Paese dalle risorse di petrolio e gas naturale che si ritiene siano nella regione». Il riferimento è in primis a Grecia e Francia, con cui la Turchia è da mesi ai ferri corti per il controllo del mare nostrum.
Erdoğan è sempre più convinto della necessità per la Turchia di entrare nel Forum del gas del Mediterraneo e di trasformare il Paese in un hub regionale e la scoperta di riserve di gas nel mar Nero può aiutare il presidente a realizzare i suoi piani. La fornitura di idrocarburi a buon prezzo e la partecipazione alla realizzazione delle infrastrutture necessarie per il trasporto del gas turco potrebbero essere usate da Ankara per migliorare i rapporti con Atene.
Così facendo, la Turchia potrebbe strappare alla Grecia alcune concessioni politiche sul Mediterraneo ed evitare che la tensione sempre maggiore nel Mare nostrum si acuisca ulteriormente fino a trasformarsi in un vero e proprio scontro. In quest’ottica si inserisce tra l’altro l’incontro del 25 agosto tra il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas e il suo omologo turco, Mevlut Cavusoglu, per discutere della situazione nel mare nostrum e trovare una soluzione diplomatica alla crisi con la Grecia. Questa volta però la Turchia ha una carta in più da giocarsi al tavolo del Mediterraneo orientale.