Le AbissineLe colonie e il Duce in un piatto di pasta e in un campo di grano

Il fu impero d’Italia al supermercato: la pasta e il mondo del grano sono le fotografie della storia. Alla luce della nuova (in realtà non nuovissima e pure traballante) polemica social del momento, scopriamo perché alcune hanno nomi che oggi fanno arrabbiare

Sulla polemica del giorno in campo enogastronomico ha già scritto Camillo Langone. Nel 2017, tra l’altro.

E ne abbiamo scritto, più modestamente, anche noi, quando ci stavano togliendo i moretti. Era giugno, e da allora le polemiche sul razzismo alimentare non hanno avuto pace. Fino alle attuali Abissine.

Ci sfiliamo subito dalle sterili battute sui social, ma proviamo a capire che cosa ci racconta la storia. Perché attorno a quei nomi di pasta c’è un mondo e tutto passa da un mancato premio Nobel, Nazareno Strampelli, che creò le varietà di grano Balilla, Littorio e molte altre. Le royalties sulle vendite del grano di quegli anni (un po’ in tutto il mondo, anche in Cina e in Russia), permisero notevoli incassi. Fu la “faccia nascosta” della battaglia del grano.

Il ricordo delle campagne coloniali italiane è tra gli scaffali del supermercato. Ma quello del regime fascista è anche nei campi coltivati. Non ci sono solo le Tripoline e le Abissine tra i tipi di pasta che lo ricordano. È una questione ben più grande, che parte dalla sua filiera produttiva. Il grano che oggi, in genere, viene trasformato in spaghetti, rigatoni, conchiglie  deve buona parte della sua origine dalle “Sementi elette”, le cultivar di frumento realizzate dall’agronomo italiano Nazareno Strampelli, padre di quella “Rivoluzione verde” che permise di sfamare meglio mezzo mondo.

Il perché è presto detto: prima di Strampelli, il grano aveva una scarsa resa: le spighe erano alte e il costo per ettaro era particolarmente importante. Con lui, invece, tutto cambia. Oggi, gli spaghetti sono figli di quei grani. Figli di qualità chiamate Alalà, Ardito, Balilla, Littorio, ma anche delle varianti che presero i nomi degli eredi di Mussolini: Bruno, Edda e Rachele.

«Buona parte dei grani e, quindi, delle paste che oggi mangiamo hanno origine da quel miglioramento che fece Strampelli – spiega Enrico Martinoli, agronomo e studioso di Strampelli – Fu lui a pensare a realizzare un prodotto con maggiori rese e migliore qualità. Avendo aumentato anche la quantità fu possibile “giocare” realizzando diverse qualità di pasta, ed ecco il perché di forme nuove. Prima di Strampelli il grano produceva 7 quintali per ettaro. Dopo, con il solo Senatore Cappelli, siamo arrivati a 40/50. Oggi siamo a 100 quintali per ettaro. Il cambiamento di Strampelli fu esponenziale per l’evoluzione del grano nel mondo».

E i nomi? Abissine e Tripoline nascono da un’operazione di marketing nata proprio in quegli anni. «I grani venivano riconosciuti con nomi semplici – aggiunge Martinoli – e nacque un sistema pubblicitario dietro a grano e pasta». Ma tra gli scaffali si trovano anche le Bengasine (dalla città libica di Bengasi), le Mafaldine (in onore alla Principessa Mafalda di Savoia) e, nella scia della modernità che venne segnata dal boom economico, i radiatori. In sostanza, la pasta e il mondo del grano sono le fotografie della storia.

Oltre al grano con i nomi che evocavano il fascismo, infatti, Strampelli non ha dimenticato i termini della storia risorgimentale italiana (Goito, Castelfidardo), quelli legati alla prima guerra mondiale (Enrico Toti, Trento, Trieste, Zara), di quei politici che sostennero le sue ricerche e il mondo rurale (Senatore Cappelli). Ma non è mancato un riferimento al padre della lingua italiana, Dante Alighieri, e alla Sabina (Rieti, Leonessa, Salto, Terminillo), luoghi dove ha fatto le sue sperimentazioni.

Per Strampelli (i cui studi sul grano furono ripresi poi da Norman Borlaug, che vinse il premio Nobel per la pace per il contributo dato alla lotta alla fame nel mondo), il grano fu l’amore della sua vita. Lo testimonia anche il nome di una variante che creò: il Carlotta Parisani, figlia del conte Giuseppe e della principessa Emilia Gabrielli, discendente di Luciano Bonaparte, fratello di Napoleone. La loro storia fu avvincente: Carlotta accettò la scommessa di Nazareno per l’ibridazione del grano. Continuò ad aiutarlo finché una notte restò all’addiaccio per accudire una cagnolina con i cuccioli. Faceva freddo, prese una polmonite e, per gli effetti della malattia, morì.

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