Fate prestoDal Recovery Plan ai ristori l’agenda economica è appesa alla crisi

Con le dimissioni di Conte è slittato il quinto decreto per i contributi a fondo perduto per i commercianti. Rimandata pure la decisione sulla proroga della cassa integrazione e il blocco dei licenziamenti oltre il 31 marzo. Il provvedimento potrebbe rientrare però negli affari correnti

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Negozianti, ristoratori, professionisti e imprenditori in attesa dei contributi a fondo perduto del quinto decreto ristori potrebbero dover aspettare l’esito delle consultazioni e la formazione di un nuovo esecutivo. Rimandata pure la discussione sulla proroga della cassa integrazione e lo sblocco dei licenziamenti dopo il 31 marzo. Solo il Recovery Plan continuerà lentamente il suo iter parlamentare, dopo che la conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha deciso di bloccare tutti lavori della Camera, a eccezione delle audizioni sul piano di ripresa da 209 miliardi, da riscrivere prima dell’invio a Bruxelles.

Per il resto, l’agenda economica è passata in secondo piano rispetto a una lunga crisi, formalizzata solo dopo quasi due settimane di estenuante ricerca dei nuovi responsabili. Con il Fondo monetario internazionale che ha già tagliato di oltre due punti le stime di crescita per l’Italia nel 2021. Il rimbalzo, secondo il Fmi, quest’anno sarà relativamente modesto, con una crescita limitata al 3% nel 2021, contro il 5,2% stimato solo tre mesi fa.

Dopo l’ok allo scostamento di bilancio da 32 miliardi, dal governo era attesa questa settimana l’approvazione del quinto decreto ristori, che servirebbe soprattutto a estendere gli aiuti alle partite Iva colpiti dalle chiusure delle attività della seconda ondata del virus. Senza l’approvazione del provvedimento, tra l’altro, salterebbe anche il rinvio delle cartelle esattoriali, congelate solo fino a fine mese.

Anche se va detto che, almeno in teoria, non è escluso che un governo dimissionario possa comunque varare un provvedimento che rientrerebbe nel disbrigo degli affari correnti. Ed è quello a cui mira il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che punta a varare il provvedimento entro il fine settimana, o al massimo all’inizio della prossima. Magari prima con un decreto ad hoc che fermi l’invio delle cartelle.

Il problema però riguarda il capitolo lavoro da 8 miliardi che dovrebbe contenere il decreto, con la proroga della cassa integrazione e anche del blocco dei licenziamenti oltre il 31 marzo. La linea prevalente nel governo sembrava essere quella di rendere il blocco selettivo. Ma, al di là della crisi politica, la maggioranza non ha ancora trovato un accordo su quale direzione prendere. M5S e sindacati vorrebbero allungarlo fino all’estate per tutti; per il Pd si può arrivare a fine giugno solo per le imprese che usano la cig Covid.

Lunedì era previsto un incontro tra i ministri dell’Economia Roberto Gualtieri, del Lavoro Nunzia Catalfo e dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli per trovare una sintesi. Il ministro Gualtieri su La7 ha anticipato uno schema in due step a cui sta lavorando il Tesoro che potrebbe mettere d’accordo i diversi punti di vista: prima una proroga generale del divieto di licenziare, probabilmente fino a fine aprile, e poi un divieto selettivo solo per i settori più in difficoltà. In ogni caso, dovrebbe esserci prima un passaggio con i sindacati, che vorrebbero però la proroga per tutti ben oltre aprile.

Il tutto mentre prosegue lentamente il cammino del Recovery Plan, ancora tutto da riscrivere, soprattutto dopo le critiche arrivate dalle imprese nei confronti tenuti dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte alla vigilia delle dimissioni. E in particolare da Confindustria, che ha chiesto di dettagliare le riforme e i tempi di realizzazione e di quantificare gli obiettivi.

L’incontro previsto con le regioni, causa crisi, è saltato. Mentre la conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha deciso che si proseguirà con le audizioni in commissione Bilancio, nonostante il blocco dei lavori della Camera. Si dovrebbe partire da venerdì 29 gennaio, con un fitto calendario di audizioni che potrebbe concludersi all’inizio della prima settimana di febbraio. Per consentire poi alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, acquisiti i pareri di tutte le altre, di stilare una relazione da approvare nelle aule prima dell’invio alla Commissione europea.

E proprio da Bruxelles continuano ad arrivare pressioni a Roma per fare bene e fare in fretta. La Commissione si aspetta di ricevere il testo definitivo del piano italiano al massimo entro la metà di febbraio, quando i regolamenti attuativi del programma Next Generation Eu riceveranno il via libera dal Parlamento europeo. Ma resta un grande interrogativo ancora sulla famosa governance per il coordinamento del piano, che ha fatto scattare la scintilla della crisi di governo con Italia Viva.

Nel documento approvato dal governo e inviato al Parlamento, quel capitolo è rimasto vuoto per permettere la veloce approvazione da parte del governo prima dell’uscita delle ministre renziane. Con la promessa di presentare poi alle Camere uno schema di governance, che però ora dovrà essere concordato dalla nuova maggioranza. Ammesso che se ne trovi una.

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