La campagna vaccinale contro l’epidemia di covid-19 è la più grande di sempre su tutto il territorio della Svizzera, e sta procedendo con migliaia di somministrazioni giornaliere in tutto il paese. Circa 1000 persone al giorno vengono vaccinate nella seconda settimana di gennaio nella capitale Berna, mentre a sud, in canton Vallese, quasi duemila al giorno. La battaglia alla pandemia nella nazione rosso crociata ha attraversato in questi mesi non poche criticità, che permangono relativamente a causa dell’elevato numero di casi che interessa la quasi totalità dei cantoni. Un sistema di prevenzione anti contagio che ha fatto acqua in molti situazioni, basato in larga parte sulla percezione di responsabilità del singolo cittadino, che ha causato la maggior parte dei problemi socio-sanitari di questi mesi. Anne Lévy, il capo dell’ufficio federale della sanità pubblica svizzera, ha detto che ci sarà la possibilità di vaccinare tutti quelli che lo vorranno entro l’estate, su tutto il territorio nazionale. Ma invita alla pazienza, per ora.
Presto milioni di dosi prodotte sul territorio e la scelta di tre vaccini autorizzati.
La Svizzera è stata la prima nazione interna al continente europeo ad approvare il vaccino che tutto il mondo aspetta, quello di Pfizer/Biontech, ed è stata una delle prime a dotarsi di una rigorosa campagna vaccinale. Ora si stanno distribuendo le ulteriori 230.000 dosi della seconda fornitura americana, delle 3 milioni richieste al colosso americano. Da pochi giorni è anche disponibile il vaccino di Moderna, autorizzato da Swissmedics, martedì 12 gennaio. Vaccino Moderna che grazie alla collaborazione di Lonza, grossa multinazionale della farmaceutica presente sul territorio rosso crociato, verrà prodotto (negli ’’ingredienti’’ principali) direttamente in Svizzera, per circa 300 milioni di dosi, nello stabilimento in canton Vallese, attualmente uno dei più colpiti dal nuovo coronavirus, con più di 7.400 casi ogni 100.000 abitanti. I cittadini elvetici poi potranno avere la scelta di ben tre vaccini quando anche la tipologia della inglese Astrazeneca passerà con successo i ferrei test svizzeri di autorizzazione. Tre tipologie di scelta di vaccino renderanno la Svizzera un caso unico a livello globale.
La procedura vaccinale
La strategia d’oltralpe sulle prime vaccinazioni punta all’immunizzazione di tre prime tipologie di paziente, oltre che personale sanitario: le persone sopra i 75 anni, quelle con patologie croniche e quindi maggiormente esposte al virus e gli ospiti delle case di riposo o di cura. Gli svizzeri sono tenuti a contattare personalmente, cantone per cantone, i centri adibiti alla somministrazione vaccinale sul territorio, per conoscere quando la propria dose sarà disponibile, in base alle tabelle di marcia cantonali. I luoghi designati sono molteplici: si può vaccinare nei centri creati ad hoc, come quello di Riviera inaugurato pochi giorni fa in canton Ticino, in ospedale, negli studi medici e nelle farmacie abilitate al servizio. I luoghi variano in base inoltre alla possibile distribuzione (catene del freddo) che il vaccino tecnicamente permette.
Il lockdown alla svizzera, militari compresi.
Berna è di fronte a uno scenario ben poco incoraggiante. Durante i festeggiamenti si è resi conto, in tutta la confederazione, quanto le misure intraprese nel periodo centrale delle feste siano state quantomeno inutili a contenere la diffusione del virus. 5.800 casi giornalieri si manifestavano a inizio dicembre 2020, ora a inizio 2021 ne contiamo ancora 5.300 nelle giornate di ’’picco’’, fra cui quella del 4 gennaio 2021(dati Renku Lab).
Con l’ultima conferenza stampa di mercoledì 13 gennaio, tutti il consiglio federale riunito ha promulgato le misure comunicate 7 giorni prima in maniera provvisoria. Le proposte di Berna non si sono fatte attendere, ottenuta la prima, preoccupante conta dei contagi post-natalizi: stop continuativo per bar e ristoranti, centri culturali, centri sportivi. Un semi-lockdown ufficializzato dal giorno 18 gennaio, per cinque settimane.
È previsto un inasprimento delle regole in tutti gli ambiti. Chiusura totale per le attività che non vendono beni di prima necessità, mascherine obbligatorie nel lavoro, sui trasporti (e anche nei comprensori sciistici; sci ritenuto sport individuale e quindi concesso) e un massimo di assembramento di 5 persone sia all’interno che all’esterno degli edifici come nello sport. C’è l’obbligo del telelavoro per chi può permetterselo con risorse adeguate.
Persino le nuove reclute dell’esercito, impareranno nei primi mesi di quest’anno a marciare e smontare i fucili tramite i corsi online che verranno preparati ad hoc, nella formazione a distanza, che continuerà anche su tutti i livelli scolastici svizzeri.
L’annus horribilis per la Svizzera
Il 2020 ha rappresentato un anno critico per la Confederazione nell’ambito di contenimento della pandemia nei 26 cantoni. Il caso lampante è quello di Ginevra, città di frontiera della nazione crocevia d’Europa per eccellenza, (aspetto non secondario quando si parla di problema contagi), che purtroppo è diventata di fatto sede epicentro del focolaio europeo più esteso per molti mesi. Anche le altre città non se la sono passata bene. L’indice di contagio da è stato in alcune fasi molto alto (4,34 a febbraio), stabilizzandosi poi a 1,7 circa in autunno.
Le misure non sono state così efficaci: scuole, bar e ristoranti aperti con il personale, anche transfrontaliero, costretto e ammassato sui trasporti pubblici congestionati a livelli di pre pandemia (senza dimenticare la carenza cronica di mascherine e sanificante di quei mesi, situazione shock (raccontata anche nell’instant-book: ”56 notti scure, diario del lockdown sulle Alpi”). La situazione non è migliorata con la chiusura delle scuole, complice anche il mantenimento delle aperture degli impanti sciistici. Una fase di schizofrenia normativa elvetica, in cui si aggiungono gli episodi di tensione con i commercianti, con rivolte di piazza (perfino autorizzate) e le battaglie contro le chiusure, ancora oggi a gennaio 2021 dove c’è chi sta organizzando riaperture di attività commerciali senza permessi ufficiali, in molti cantoni.