Pietro Benassi, classe 1958, ambasciatore di ruolo, una carriera specchiata, è il nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi segreti.
Stimato dai tecnici ed elogiato dai politici, piace un po’ a tutti, e la sua nomina arriva dopo settimane di polemiche interne alla maggioranza, con Partito democratico e Italia viva particolarmente critici con l’atteggiamento del presidente del Consiglio, che finora aveva deciso di tenere la delega per sé.
Dicono di lui: «Un diplomatico di alto livello, in gamba e preparato». E dai corridoi della Farnesina commentano: «È uno dei nostri top player. E ha messo a segno un gran colpo, era a un passo dalla pensione…».
Uomo fidatissimo di Giuseppe Conte, che lo ha voluto accanto a sé come consigliere diplomatico di Palazzo Chigi. Benassi è la persona più ascoltata dal premier sulla politica estera. Ha introdotto l’avvocato del popolo italiano alla Cancelliera tedesca Angela Merkel. In questo senso, andrà capito se i critici del premier saranno soddisfatti per questa scelta, o se la mossa di Conte verrà considerata come un “contentino” da dare alla coalizione senza veramente allontanarsi dal controllo dell’apparato di sicurezza.
I due hanno legato da subito, quando Salvini e Di Maio volevano sbattere i pugni sul tavolo dalle parti di Bruxelles. Tant’è che oggi il deputato leghista Claudio Borghi attacca: «La scelta di chi si occuperà dei servizi segreti fa ben capire come funzionava davvero nel governo giallo-verde e chi dava l’indirizzo politico nell’Unione Europea, certo non la Lega».
Negli ultimi anni Benassi ha avuto un ruolo centrale nei dossier di politica estera più sensibili, anche a causa della scarsa dimestichezza del premier che, appena arrivato a palazzo Chigi, non aveva una solida preparazione in materia e però si era reso conto che tra Salvini e Di Maio il suo spazio era proprio sui dossier internazionali.
Tra summit e missioni all’estero, l’ambasciatore di Conte ha costruito un’ampia rete di relazioni, come quella con l’ormai ex ambasciatore americano a Roma Lewis Eisenberg. Recentemente ha assunto anche il ruolo di Sherpa per la presidenza italiana del G20 e del COP26. Lo segnalano molto attivo anche sul negoziato a Bruxelles per il Recovery Fund. Più di un consigliere, un vero suggeritore per il premier.
Conte e Benassi «vanno d’amore e d’accordo, pure troppo…», sottolineano dal Ministero degli Esteri, dove lo conoscono bene. Il rapporto col presidente del Consiglio ha creato diversi mal di pancia ai vertici della sua “casa madre”, la Farnesina in cui Benassi entrò nel 1984.
«Ha una spiccata tendenza ad accentrare il coordinamento su dossier che per definizione vengono gestiti dal ministero degli Esteri», dice a Linkiesta una fonte diplomatica, e «non ha un grandissimo rapporto con i piani alti della Farnesina» aggiunge un’altra feluca.
Benassi parla cinque lingue. Ha lavorato a Cuba, a Varsavia e Bruxelles. Capo di gabinetto delle ministre Emma Bonino e Federica Mogherini, ha occupato l’ambitissima poltrona di ambasciatore d’Italia a Berlino, dove ha coltivato i rapporti più importanti col governo tedesco. Quando lo Spiegel scrisse che gli italiani erano scrocconi, lui prese carta e penna per stigmatizzare l’articolo del settimanale, dal «retrogusto pessimo».
Due figli e una passione per il calcio. In privato lo descrivono come «un intrattenitore, un caciarone romano e romanista».
Con la sua nomina all’autorità delegata Conte molla la presa sull’Intelligence, che per mesi lo ha fatto litigare con Matteo Renzi e il Partito Democratico. Il premier voleva istituire una fondazione per la cybersecurity, accantonata dopo il braccio di ferro con gli alleati. Fino all’ultimo ha provato a tenere per sé le deleghe sui servizi di sicurezza. Alla fine ha ceduto, vista la situazione sempre più rischiosa in cui si trova il suo governo, a caccia di voti in Senato per sopravvivere.
Se Benassi dovesse rinunciare al suo incarico di consigliere diplomatico di palazzo Chigi, si libererebbe una poltrona importante per dare il via a un giro di nomine che alla Farnesina aspettano da tempo. Due degli ambasciatori italiani più importanti, Armando Varricchio a Washington e Maurizio Massari alla rappresentanza permanente presso l’Unione europea a Bruxelles, hanno terminato il loro mandato che è stato prorogato fino all’estate.
Con le dimissioni di Benassi da palazzo Chigi si libererebbe un incarico all’altezza che finora mancava e aveva messo tutto in stand by. Sempre che la settimana prossima il governo Conte esista ancora.