Cosa dice il contratto firmato tra Pfizer e l’Ue sulla fornitura di 300 milioni di vaccini contro il Covid? E quali conseguenze potrebbe subire ora la multinazionale per i ritardi annunciati? Lo racconta il Corriere, riportando cosa è scritto nelle carte secretate dell’accordo, che è identico a quello chiuso con le altre cinque case farmaceutiche che producono il vaccino.
Nei documenti a disposizione dell’Avvocatura dello Stato per la diffida che già oggi potrebbe partire è scritto che in caso di inadempienze le penali non scattano in maniera automatica. E questo consente alla multinazionale – quindi a tutte e sei le case farmaceutiche – violazioni difficili da contestare e contrastare.
Prima ancora di firmare il contratto definitivo, la Commissione Ue guidata da Ursula von der Leyen si impegna con Pfizer e BioNTech a finanziare la ricerca e la sperimentazione del vaccino in vista della possibile approvazione delle agenzie regolatorie. L’Italia e gli altri membri dell’Unione accettano la linea di Bruxelles di versare soldi a fondo perduto. Si prendono così il rischio di perderli qualora i test dovessero avere esito negativo. L’11 novembre il contratto viene firmato.
Il 21 dicembre 2020 l’Ema approva il vaccino di Pfizer BioNTech. Si stabilisce la ripartizione di 300 milioni di dosi. All’Italia spettano inizialmente 26,5 milioni di dosi che diventano 40 milioni dopo la firma di un contratto aggiuntivo. È il 13,46 % del totale. Nel primo trimestre del 2021 la fornitura prevista è di 8,7 milioni di dosi. Ma nei contratti si parla sempre di dosi, mai di fiale. Vengono fissate quantità, costi e tempi delle forniture per ogni Paese. I contratti prevedono «allocazioni di dosi su base trimestrale». Le consegne avvengono invece «su base settimanale e secondo le indicazioni successivamente ricevute da Pfizer».
Nel contratto, le penali «sono esclusivamente sulle forniture trimestrali e non su quelle settimanali». Nei documenti a disposizione dell’avvocatura dello Stato è scritto: «Finora in nessuna settimana Pfizer ha consegnato effettivamente le dosi che aveva comunicato in precedenza». In quella del 18 gennaio «ne ha consegnate 397.800 invece di 562.770». Nell’ultima settimana c’è stato «un taglio del 29%, che nella prossima scende al 20%». Significa che gino al 31 marzo – quando si avrà il bilancio definitivo del primo trimestre – non potranno esserci contestazioni. Ecco perché l’Italia si muove in autonomia, determinata a contestare il programma di forniture settimanali.
La vera clausola di salvaguardia per Pfizer e le altre società farmaceutiche riguarda poi i termini e l’entità delle sanzioni previste in caso di inadempienza. Il contratto fissa infatti «una penale del 20% del valore delle dosi non consegnate» che aumenta in base ai giorni di ritardo. Ma chiarisce che «l’applicazione delle penali non è automatica»: alla fine del primo trimestre deve inizialmente essere esplorata la strada per un «rimedio» alla inadempienza. Tra le possibilità ci sono: il diritto al rimborso, la cessazione del contratto e, solo alla fine, l’applicazione della penale. Un meccanismo che di fatto lascia alle aziende la totale libertà di azione compresa, almeno in teoria, l’eventualità di pagare le penali a fronte di un’offerta alternativa che dovesse rivelarsi più vantaggiosa.
Altra questione poi è quella del numero di dosi contenuto nelle fiale. All’inizio viene comunicato che ogni fiala contiene cinque dosi. Tutto cambia però l’8 gennaio, a forniture già concordate, quando Ema certifica che «da un’ampolla del vaccino anti Covid Pfizer BioNTech si potranno vaccinare sei persone invece di cinque». Una nota dell’agenzia chiarisce che «il comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell’Ema ha raccomandato di aggiornare le informazioni sul prodotto per Comirnaty (quello di Pfizer BioNTech) per chiarire che ogni flaconcino contiene sei dosi del vaccino». Sembra una buona notizia perché gli Stati contano di avere il 20 % di dosi in più senza dover ricorrere a forniture aggiuntive. In realtà potrebbe essere l’appiglio che Pfizer può utilizzare per ridurre le consegne concordate. Nelle lettere d’ordine dei singoli Stati si parla infatti sempre di dosi e mai di fiale.
Il 15 gennaio Pfizer comunica arriva la comunicazione ufficiale: «a partire dal 18 gennaio 2021 ogni vassoio spedito conterrà 1.170 dosi e non più 975, con una riduzione del 20 % del numero di fiale».
I tagli effettuati finora da Pfizer però – che più volte ha promesso di voler «tornare a regime nelle forniture già dalla prossima settimana – sono stati ancora più marcati di quelli che sarebbero serviti a compensare il passaggio da cinque a sei dosi per fiala. La settimana scorsa la riduzione è stata del 29%. E in più è stato deciso unilateralmente in quali regioni e con quale intensità ridurre le consegne: in sei regioni non ci sono state variazioni mentre in altre sei il taglio è stato pesante, tra il 49 e il 60%. Per questo la diffida per inadempimento che già oggi potrebbe partire dall’Italia nei confronti di Pfizer contesterà il fatto che «non è stata rispettata la pianificazione settimanale» comportando «pregiudizi per la corretta prosecuzione della campagna vaccinale, impostata sulla base delle formali pianificazioni» di Pfizer.
Dopo la diffida, restano due strade possibili. La prima è quella penale: presentazione di un esposto alla procura di Roma per «verificare la veridicità che le forniture siano state destinate ad altri Paesi», ipotesi più volte smentita dall’azienda, e una «valutazione su frode nelle pubbliche forniture e aggiotaggio». L’altra strada è chiedere all’Unione europea di «valutare l’avvio di una controversia presso il foro di Bruxelles nell’interesse dell’Italia, come Stato membro».