La storia è quella di un topo dalle particolari abilità culinarie che prende possesso della cucina di un ristorante. È la trama di “Ratatouille?” No, si parla di “Ratatoing”, la versione cheap, di basso livello, quasi orribile, realizzata in soli quattro mesi dallo studio di animazione brasiliano Vídeo Brinquedo (ora chiuso) per uscire più o meno in contemporanea con l’omologo disneyano. Il budget era minimo, i mezzi scarsi. Il risultato non poteva che essere all’altezza.
Ma non è l’unico: nello stesso periodo Vídeo Brinquedo aveva realizzato “The Little Cars”, come omologo di “Cars”, della Pixar, e “Little Bee”, a due anni di distanza da “Bee Movie”, prodotto dalla Dreamworks. Tutte versioni inferiori, a volte desolanti per la poca qualità. «Non ho rimorsi, ma non ne sono orgoglioso», confessa al Guardian Ale McHaddo, che fu uno dei produttori di Vídeo Brinquedo.
Il loro lavoro era fare mockbuster, cioè film realizzati soltanto con lo scopo di sfruttare il traino pubblicitario di film più famosi, copiando trama o soggetto e ricalcandone perfino il titolo. Certe volte, quando il blockbuster non era ancora uscito e le anticipazioni erano scarse, si inventavano storie più o meno plausibili (e anche per questo l’hanno quasi sempre fatta franca sotto il profilo legale).
Il risultato comunque non modifica le intenzioni: il mockbuster è una traduzione di bassa qualità, parassitaria e ingannevole (anche se chi li realizza si proclama sempre in buona fede) che restituisce prodotti al limite della decenza. La loro distribuzione è sempre diretta al consumatore e non passano mai per una sala cinematografica (e chissà perché).
I primi esempi risalgono agli anni ’50 con capostipite l’horror “The Monster of Piedra Blancas”, del 1959, ispirato al più celebre “Il mostro della Laguna nera”, film cult di cinque anni prima. Ma il fenomeno esplode dopo: gli anni ’70 e ’80 sono quelli della turksploitation, in cui la Turchia si distingue per i suoi remake a bassissimo costo, effetti speciali fatti in cucina e nessun rispetto dei diritti d’autore (memorabile, in questo senso, l’ineffabile “Dünyayı Kurtaran Adam”, del 1982, ricavato con un certo da “Star Wars”).
Lo stesso accade nelle Filippine, dove si impone un certo gusto per i pastiche: c’è “Batman contro Dracula”, per esempio, ma anche “James Batman”, che riesce a mettere nello stesso film l’uomo pipistrello e James Bond. Seguiranno, negli anni ’90, i remake di “Mrs Doubtifire” e la parodia (almeno viene presentata così) di “Titanic”.
In certi casi gli esiti sono così orrendi da diventare, in maniera involontaria, dei film culto. In generale, molti dei mockbuster degli anni ’90 e primi 2000, soprattutto quelli animati, hanno trovato una seconda vita online (cioè su Youtube) dove vengono rivisti, commentati e visualizzati da milioni di persone. Più che un riscatto, è una nemesi: il mockbuster monetizza dal blockbuster, e lo youtuber monetizza dal mockbuster.
Resta il fatto che il fenomeno non si è esaurito. Certo, studi come Vídeo Brinquedo, la punta di diamante del mockbuster brasiliano, hanno chiuso. Lo stesso è capitato all’americana GoodTimes Entertainment, che nella sua carriera ventennale ha rifatto più o meno tutto il catalogo Disney (“Aladdin”, “La Bella e la Bestia”, “Pinocchio”, “La Sirenetta”). E così la tedesca Dingo Pictures, forse quella dalla qualità più bassa: in alcuni dei suoi film i doppiatori leggevano per sbaglio anche le indicazioni di scena (e non le hanno tagliate).
Il testimone è raccolto, oggi, da studio come Asylum, che continua la tradizione. Per esempio, nel 2019 ha anticipato l’uscita di “Onward”, della Pixel, con il suo furbissimo “Homeward”. La difesa è già pronta: i due film sono diversi (innegabile) a parte alcune vaghe somiglianze. Ma il punto non è il plagio, quanto il voler creare confusione, trarre in inganno e sfruttare la popolarità di società ben più grandi e affermate. I creduloni (o anche solo distratti) ci sono sempre e per i mockbuster questa, più di tutto, è la miglior risorsa.