In Polonia tre giovani donne sono state sottoposte a processo per aver infranto l’articolo 196 del codice penale e offeso i sentimenti religiosi di altre persone. Nella notte tra il 26 e il 27 aprile 2019, Elżbieta Podleśna, Anna Prus e Joanna Gżyra-Iskandar sono partite da Varsavia per manifestare nella chiesa di San Domenico a Płock, a un centinaio di chilometri dalla capitale, il cui parroco aveva incluso tra i termini simbolo del peccato anche LGBT e gender.
«Abbiamo visto un servizio in televisione che ne parlava e abbiamo deciso di reagire per esprimere la nostra solidarietà al movimento “arcobaleno” polacco», raccontano Anna e Joanna. «Durante l’allestimento del Sepolcro pasquale, tra i vari cartelloni intorno alla croce che il parroco aveva preparato per indicare i peccati peggiori c’erano: denaro, avidità, orgoglio, odio, disprezzo, invidia, nonché LGBT e gender. Abbiamo trovato del tutto ipocrita il fatto che, tra essi, non ci fosse la pedofilia, peccato di cui la Chiesa polacca si è molto macchiata. La nostra Chiesa crea appositamente dei nemici per distrarre dalle proprie colpe».
«Abbiamo incollato adesivi e manifesti con l’immagine della Madonna di Częstochowa, circondata dall’aureola arcobaleno, sulla bacheca degli annunci della chiesa, sulle panchine, i lampioni, i segnali stradali, i muri della case disabitate nel circondario. Abbiamo scritto sulla pavimentazione: “Dio protegga l’arcobaleno” e God save the queer. Sui bidoni della spazzatura, invece, abbiamo affisso l’elenco dei vescovi che hanno coperto i responsabili di atti di pedofilia».
L’immagine della Madonna arcobaleno è diventata un simbolo del movimento LGBT. «Rappresenta il simbolo universale dell’amore tra madre e figlio, completamente disinteressato rispetto al genere o all’orientamento sessuale. L’arcobaleno suggerisce la bellezza della diversità. Questo è il motivo per cui non credevamo di poter offendere i sentimenti religiosi di alcuno. Gli adesivi e i manifesti che abbiamo utilizzato erano già stati fatti precedentemente, quando la Chiesa polacca si era espressa contro l’iniziativa del “Venerdì arcobaleno” nelle scuole (iniziativa di divulgazione tra i minori promossa dall’organizzazione Kampania przeciw homofobii – Campagna contro l’omofobia, ndr)».
L’immagine rivisitata della Madonna di Częstochowa ha fatto il giro del mondo; altrettanto è accaduto per la notizia del trattamento particolarmente duro usato dalla polizia nei confronti delle tre giovani polacche. In particolare Elżbieta Podleśna è stata tratta in arresto alle sei del mattino del 6 maggio, portata a Płock, dove le è stato prelevato il DNA e le sono state fatte le foto segnaletiche. Il suo appartamento è stato controllato da nove poliziotti, che hanno requisito gli adesivi contestati, ma anche tutta la sua strumentazione elettronica (tra cui dei vecchissimi floppy-disk).
L’azione della polizia è stata immediatamente denunciata da alcune associazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International e Helsinki Human Rights Foundation. Quest’ultima ha definito l’intervento delle forze dell’ordine «deliberatamente usato come forma di repressione». Non sono state solo le organizzazioni straniere a pronunciarsi in merito: a fronte del ricorso avanzato da Elżbieta Podleśna, infatti, l’operato è stato ritenuto infondato dalla stessa legge polacca e la ragazza è stata ricompensata economicamente.
In occasione della prima udienza, il 13 gennaio scorso, molte persone hanno manifestato a Płock di fronte al tribunale locale in sostegno delle tre giovani, che hanno ricevuto la solidarietà anche da parte di molti fedeli sconvolti – anzitutto – dall’omofobia dilagante. In aula era presente come “persona offesa” l’attivista pro-life Kaja Godek, una delle ispiratrici del contestato progetto di legge per limitare le possibilità di aborto nel Paese. Ha denunciato ancora una volta i “pericoli” insiti nell’omosessualità in quanto peccato e malattia da riabilitare.
Le tre imputate hanno spiegato ciò che ha mosso la loro azione: «Lo abbiamo fatto anzitutto per i giovani, che rappresentano il futuro del Paese e che, come si vede dalla partecipazione alla lotta contro le restrizioni sull’aborto, stanno provando concretamente a cambiare le cose. I minorenni della comunità LGBT polacca soffrono diffusamente di depressione (secondo un sondaggio del 2016 dell’associazione Campagna contro l’omofobia i casi di depressione arriverebbero al 50%, mentre arriverebbero fino al 70% i casi di chi ha sviluppato pensieri suicidi, ndr). È recente la notizia di una famiglia che, scoperta l’omosessualità della figlia adottiva, ha attivato le pratiche per il disconoscimento. Con il nostro gesto, noi volevamo dire a tutti loro che non sono soli; volevamo che l’immagine della Madonna di Częstochowa con i colori arcobaleno diventasse un simbolo d’amore e di accettazione per tutte le persone escluse».
La pena prevista per casi come quello che ha coinvolto Anna, Elżbieta e Joanna va da una semplice multa fino alla pena detentiva di due anni. «Noi non dovremmo neanche trovarci a giudizio. Tuttavia, il nostro avvocato è moderatamente positivo perché nel dibattimento la controparte ha riportato svariate incongruenze nel racconto e un atteggiamento aggressivo e omofobo. Il parroco ha ribadito che per lui esistono solo uomo e donna; inoltre, ha paragonato l’arcobaleno ad una svastica, sostenendo che siamo delle comuniste e delle anarchiche. Pensiamo che è la Chiesa che fa politica, e noi abbiamo risposto facendo altrettanto con la nostra azione. Durante le ore di religione, che sono obbligatorie nel Paese, nessuno controlla i contenuti di quanto viene veicolato ed esiste dunque il grosso pericolo di veder crescere una generazione di omofobi».
La prossima udienza è stata fissata per il 17 febbraio. Anna, Elżbieta e Joanna confidano in una conclusione rapida del processo e un proscioglimento totale dalle accuse che le hanno coinvolte.