E adesso?La crisi c’è ma nessuno sa come uscirne, né chi l’ha provocata né chi l’ha subita

Renzi è consapevole che senza Italia Viva il governo non ha i numeri e ne approfitta a costo di perdere credito politico. Con Conte, che a questo punto dovrebbe dimettersi, la distanza sembra incolmabile

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Non è bastata la giravolta di Giuseppe Conte per addomesticare Matteo Renzi. Due giorni fa aveva chiuso le porte, ieri le ha riaperte seppure in modo da far invidia a Bisanzio. Né è passata la mediazione – senza tanta ciccia, per la verità – del Nazareno. E ora è tutto in alto mare, nella disperazione dei parlamentari di ogni tipo e colore che sono costretti a prendere in considerazione che la strada delle elezioni, pur non voluta da nessuno, torna a farsi minacciosa.

Lo stesso Sergio Mattarella, che ieri ha caldamente “consigliato” l’avvocato del popolo a lasciar perdere la caccia ai “responsabili mastelliani” e la tentazione di una morte eroica in Senato, a questo punto è in difficoltà. Renzi sta facendo impazzire il mondo politico, però scontando un evidente isolamento politico e una vastissima ostilità di un’opinione pubblica che non ci si raccapezza più: e questo per un leader politico è un grosso problema.

Parimenti, è una enorme questione del sistema politico italiano il fatto di essere messo sotto scacco praticamente da un uomo solo, capo di un forza politica minoritaria e che nel Paese non decolla. Se la dovrebbero porre questa domanda, Zingaretti, Di Maio, Conte, Bersani (dell’opposizione non mette qui conto di parlare): ma com’è che il senatore di Scandicci vi sta portando a spasso? Perché, a mente fredda, la realtà è piuttosto banale: senza i voti di Italia viva non c’è una maggioranza, piaccia o non piaccia bisogna trovare un accordo con Renzi. Lui lo sa e martella con la solita baldanza – per molti: tracotanza – perché o fanno un accordo con lui o si va a elezioni mortali per il centrosinistra.

E la palla torna sempre nel campo di Conte, che da un mesetto non sta capendo più nulla della situazione. Solo da 48 ore si è svegliato il Partito democratico, l’unico soggetto che può dargli qualche consiglio utile (altrimenti gli restano Travaglio e Casalino, due dilettanti), che ieri ha cercato, e tuttora cerca, una strada per ricomporre la maggioranza (Partito democratico-Movimento cinque stelle-Liberi e uguali-Italia viva) offrendo a Renzi la proposta di un tavolo – i soliti barocchismi della politica – per ridiscutere tutto, programma e squadra.

Solo che c’è un piccolo problema: Giuseppe Conte. Additato ieri da Renzi quasi come un problema per la democrazia, un uomo incerto che calpesta regole e liturgie e che non trova nemmeno le parole per condannare Donald Trump con nome e cognome, creando subito un problema con la nuova amministrazione Biden. Un capo di un governo che ha smesso di governare. Qui non è un problema di Mes. Ci vuole una discontinuità – ma nemmeno Renzi indica come. Il «non poniamo veti» pronunciato dal capo di Italia viva è una cortesia, però immediatamente sovrastata da un’altra frase: per guidare il governo “ci sono tanti nomi”. Il Partito democratico mollerà l’avvocato del popolo? Questo è il punto.

Se questa è l’aria, una ricomposizione fra Conte e Renzi oggi appare lontana. A parte che non si capiscono le intenzioni del premier, che non si vede come possa non rassegnare le dimissioni, la difficile mediazione del Partito democratico non si è interrotta ieri sera, malgrado la rabbia (qui una parolaccia renderebbe meglio l’idea) per le parole del senatore fiorentino, e lo stretto sentiero che porta a un Conte ter non è completamente ostruito, ma forse serve uno scatto di fantasia politica. Da parte di tutti. Mentre l’Italia segue e non segue, sbalordita.

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