Nuova eraLa fine delle armi nucleari è (forse) più vicina

Il Trattato adottato nel 2017 dalle Nazioni Unite è entrato in vigore il 22 gennaio dopo avere raggiunto le 50 ratifiche richieste. Come spiega questo articolo pubblicato su Civiltà Cattolica, il suo effetto persuasivo è ancora da vedere ma il percorso sembra tracciato, visto lo stigma che colpisce chi rifiuta di contribuire al progresso della pace

AP Photo/Eugene Hoshiko, File

Pubblichiamo in anteprima un estratto dell’articolo “Entra in vigore il Trattato sul divieto delle armi nucleari” di Drew Christiansen S.I. (Georgetown University), che comparirà domani sul nuovo quaderno della rivista La Civiltà Cattolica

Nel 2017, una conferenza delle Nazioni Unite, con 122 voti favorevoli, 1 contrario e 1 astenuto, ha adottato il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPAN). La Santa Sede è stato il primo Stato Parte a firmare e a ratificare tale trattato. Il 22 gennaio di quest’anno, raggiunte le 50 ratifiche richieste, il trattato è entrato in vigore.

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Armi di distruzione di massa

Per vincere l’attuale opposizione delle potenze nucleari al TPAN, i fautori del trattato contano sulla capacità educativa della legge.

Come ha scritto Reaching Critical Will, notiziario sul disarmo della Women’s League for Peace and Freedom («Lega delle donne per la pace e la libertà»), «la forza normativa [del trattato] cresce ogni giorno, stabilendo quel diritto internazionale consuetudinario che nel tempo avrà un impatto sulle politiche e sulle pratiche di tutti i governi».

Ramesh Thakur, ex assistente del Segretario generale delle Nazioni Unite, ha affermato che il Trattato per la proibizione «riconfigura il complesso delle leggi, delle norme, delle pratiche e dei discorsi umanitari sulle armi nucleari».

Beatrice Fihn, direttrice esecutiva della Ican (la campagna internazionale contro le armi nucleari, vincitrice del Premio Nobel) e Suzi Snyder, della Pax (organizzazione pacifista olandese), pensano che il trattato avrà crescente influenza nel solco della tendenza attuale all’adozione di altri nuovi trattati sulle armi.

Sottolineano come nel caso degli accordi sulle mine terrestri e sulle munizioni a grappolo l’iniziale opposizione abbia lasciato il posto alla consuetudine dell’osservanza e infine all’accettazione della messa al bando. Ritengono inoltre che la perdita di reputazione per il possesso di armi vietate porterà alla loro eliminazione.

I sostenitori del trattato fanno affidamento sull’effetto di stigmatizzazione che colpisce quei Paesi che si pongono fuori dal consenso internazionale conto un’arma detestata: esso potrebbe indurre a un concreto rispetto della norma e quindi alla firma del trattato.

Il diritto internazionale già considera le armi nucleari, insieme a quelle chimiche e biologiche, armi di distruzione di massa (ADM). Giuristi internazionali si sono detti favorevoli al trattato TPAN, perché ha colmato «una lacuna legale» nella proibizione delle ADM: mentre le armi chimiche e biologiche erano state vietate, non era avvenuta la stessa cosa per le armi nucleari, ossia per la classe più distruttiva in assoluto delle armi di distruzione di massa.

Forse, per ricordare agli interlocutori il potenziale catastrofico di tali strumenti bellici, piuttosto che parlare astrattamente di «armi nucleari», dovremmo parlare di «armi nucleari di distruzione di massa».

Accogliendo con favore l’entrata in vigore del TPAN, il Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, si è detto pronto a convocare la prima conferenza di riesame degli Stati Parte, prevista entro cinque anni. In effetti, un’efficace implementazione del trattato richiede ulteriori ritocchi.

Sebbene, ad esempio, le potenze nucleari che aderiscono ad esso siano tenute al disarmo, il trattato non ne specifica i requisiti concreti. Si parla, poi, di una «autorità» internazionale e di «più autorità» che avranno il compito di supervisionare il processo di disarmo degli Stati che decidessero di disarmarsi, ma tale autorità non è stata ancora costituita e non ne sono state espresse in dettaglio le operazioni (peraltro il consiglio direttivo dell’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, di cui fanno parte gli Stati dotati di armi nucleari, ha rifiutato di partecipare alla supervisione e al monitoraggio di qualsiasi iniziativa di disarmo intrapresa ai sensi del trattato).

In attesa della prima conferenza di revisione, gli esperti di diritto internazionale umanitario che hanno redatto il TPAN dovrebbero collaborare con negoziatori specializzati nel controllo degli armamenti, per elaborare emendamenti al trattato su tali questioni vitali.

Una possibilità sarebbe quella di fare in modo che le discussioni informali già in atto per ristabilire il regime di controllo degli armamenti si allarghino fino a intraprendere questa opera di miglioramento del TPAN.

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