Contro l’inculturaFrab’s, il negozio online che vende magazine indipendenti (e bellissimi)

Lo store fondato da Anna Frabotta ha un catalogo di oltre 400 titoli e offre agli appassionati una vera e propria miniera di riviste di qualità. Tutte raffinate, ricercate e selezionatissime

Frab's

Sono raffinate, colte, bellissime. E introvabili, almeno fino a poco tempo fa. Le riviste indipendenti, vero e proprio tesoro contemporaneo, erano il patrimonio di chi amava viaggiare: diffuse all’estero, dimenticate (salvo rare eccezioni) in Italia.

Per Anna Frabotta, appassionata collezionista, era un vuoto inconcepibile. «Negli altri Paesi si trovano quasi ovunque: nei chioschi, nelle librerie. Perché qui no?». Da qui è nata l’idea: «Aprire il primo store specializzato in riviste indipendenti».

Ed eccolo. Si chiama Frab’s, è online, e nel giro di due anni ha già conquistato il centro di una community seria e attenta, che si riunisce intorno a un prodotto ricercato, elegante e (adesso si può dire?) elitario.

«All’inizio il progetto era di aprirlo, in forma fisica, a Bologna. Dopo avere elaborato un business plan con l’aiuto di alcuni commercialisti raggiunti grazie alla regione Emilia Romagna, sempre attenta quando si tratta di business femminile, abbiamo deciso di cominciare soltanto online».

Meno costi e più praticità: la maggior parte dei magazine in circolazione sono stranieri. Una scelta prudente che, con l’arrivo della pandemia, si è rivelata anche fortunata. «Non so se avrei retto le chiusure».

Ma Frab’s c’è, è online, e porta avanti quella che definisce una «cura al tempo dell’incultura come valore». I tempi appena trascorsi «sono quelli in cui abbiamo toccato il fondo. Era quasi da vergognarsi a dire che ti piaceva leggere», una miseria che si riflette «nelle chiusure prolungate di mostre e musei».

La cultura del magazine in Italia è poco diffusa, i titoli sono pochi e difficili da recuperare. Come si spiega questo ritardo? «Prima di tutto, perché il magazine è un prodotto di nicchia, riguarda molto spesso alcuni specifici ambiti professionali, come il design o l’architettura. Non è pensato per un mercato di massa».

In secondo luogo, «perché la maggior parte delle riviste sono in inglese, lingua non ancora abbastanza praticata». E poi perché «la burocrazia non aiuta a creare o fondare nuovi prodotti, per non parlare della distribuzione, strutturata per prodotti diversi e dalla durata più breve».

Ma soprattutto è un problema di cultura: «di magazine non si parla né nelle scuole né nelle università, nemmeno in quelle dove sarebbe doveroso, come ad esempio quelle di moda. A quanto mi dicono, il massimo delle riviste studiate è Vogue. Ma la moda ha tantissimi altri magazine, altrettanto importanti, che andrebbero considerati».

Se dovesse scegliere i titoli che preferisce, Anna Frabotti entra in crisi. È come scegliere il figlio cui si vuole più bene. «Ma alla fine sono affezionata ad alcune riviste italiane, come RVM Magazine, che si occupa di fotografia e racconti. È curatissima, particolare e sembra un libro d’artista. Ma c’è anche Quanto magazine, una rivista di letteratura fantascientifica, e Menelik, più concentrata sulla società».

Oppure ci sono veri e propri gioielli, «magazine così sperimentali che si fatica perfino a classificarli». Vengono dalla Thailandia, o dalla Cina, e sono «prodotti artigianali, con tirature limitatissime».

Adesso su Frab’s ci sono 400 titoli in catalogo, ma il numero oscilla. «Siamo arrivati anche a 800» (c’è anche K – la rivista letteraria de Linkiesta e Linkiesta Forecast, realizzato insieme al New York Times). Il suo account Instagram è a un tempo una vetrina e un concentrato di informazioni. Usa le stories per presentare (immagine e breve descrizione) i magazine di cui dispone (una gioia per gli occhi).

E poi c’è il Secret Mag Club, un abbonamento particolare: «Ogni mese selezioniamo una rivista, a nostra discrezione, e la inviamo come sorpresa a tutti i nostri abbonati». Un buon modo per far conoscere titoli nuovi, creare un senso di mistero e attesa e, al tempo stesso continuare il senso di scoperta e avventura. I magazine vengono scelti tra le proposte dei migliori editori in Italia e nel mondo.

La maggior parte sono «provenienti dal Regno Unito», ma «adesso ci sono stati problemi a causa della Brexit. Bolle doganali bloccate, invii rispediti indietro e, certo, costi di spedizione più alti», commenta sconsolata. Ma si continuerà lo stesso, anche di fronte a questa ennesima ricaduta, che si può toccare con mano, del tempo dell’incultura.

 

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