Nel corso del 2020, l’emergenza coronavirus ha portato a interruzioni e rallentamenti di molte visite e cure specialistiche, ma in certi casi non ci si può fermare nemmeno di fronte a una pandemia. È il caso di Operation Smile, l’organizzazione internazionale fondata negli Stati Uniti nel 1982 (in Italia dal 2000) che si occupa di fornire cure mediche e assistenza ai bambini affetti da malformazioni al volto, in particolare la labiopalatoschisi, che comportano una interruzione del labbro superiore, del palato, o entrambe le cose, e causa di seri problemi di crescita, alimentazione, respirazione e linguaggio, oltre che di un forte impatto sulla vita sociale per via del loro impatto estetico.
Nel mondo, Operation Smile è presente con 31 centri di cura permanenti in 19 Paesi che offrono cure per tutto il corso dell’anno a qualsiasi bambino, al di là della propria condizione economica. Nel nostro Paese, grazie al progetto Smile House, la Fondazione Operation Smile Italia Onlus è presente con tre centri chirurgici, di diagnosi, cura multispecialistica e formazione, a Milano, Roma e Vicenza, e con due ambulatori a Cagliari e ad Ancona, dedicati alle diagnosi e alle cure complementari alla chirurgia. In Italia, solo nel corso del 2020, sono stati visitati 6.212 pazienti ed effettuate 11.486 consulenze multidisciplinari. Tutto nonostante il Covid-19.
«È fondamentale che i primi interventi correttivi siano fatti subito, quando il bambino è ancora piccolo», spiega a Linkiesta il Dott. Luca Autelitano, chirurgo maxillo-facciale, medico volontario di Operation Smile e Coordinatore Clinico della Smile House di Milano presso l’Azienda Ospedaliera San Paolo. Non si parla di piccoli numeri: la labiopalatoschisi colpisce in media uno ogni 800 nuovi nati, con ripercussioni che, se non trattate in tempo, sono irreparabili. Fortunatamente, ormai è facile individuare la malformazione già durante la gravidanza attraverso l’ecografia, preparando dunque le famiglie ad agire subito. Nei centri di Operation Smile, team multidisciplinari composti da chirurghi, ortodontisti, logopedisti, otorini e psicologi operano in maniera concertata per fornire cure e terapie non solo integrate fra loro, ma anche diffuse nel lungo periodo. La labiopalatoschisi, infatti, è una patologia che va costantemente seguita e curata durante tutta la crescita della persona, fino almeno ai 20 anni, età della maturità ossea.
«Quello multidisciplinare è l’approccio migliore per trattare la labiopalatoschisi, perché garantisce dialogo e confronto costante fra gli specialisti, che guardano ai problemi da più punti di vista contemporaneamente, costruendo insieme la terapia, e soprattutto assicura tempismo», spiega Autelitano. Questo è un aspetto fondamentale delle cure, e in tempo di coronavirus è anche l’elemento che ha rappresentato la sfida più grande. Nonostante le chiusure e l’emergenza, che soprattutto nella prima fase ha avuto un forte impatto, nei centri Smile House della Fondazione Operation Smile Italia Onlus si è continuato a fare visite e a portare avanti gli interventi essenziali.
«Bisogna trattarli al pari di traumi e tumori, il primo intervento va necessariamente compiuto intorno ai 6 mesi di vita e non oltre. In emergenza noi abbiamo potuto operare solo pochi casi a settimana, ma ci siamo occupati di tutti. È stato possibile grazie a una grande sensibilità da parte della dirigenza dell’ospedale e anche grazie a un grande senso di servizio da parte degli operatori», racconta il Dott. Autelitano. Se a Milano normalmente si operano 160-180 casi all’anno, quest’anno c’è stata una riduzione del 30-40 per cento degli interventi e del 20 per cento dell’attività ambulatoriale, «ma siamo molto soddisfatti, considerando che ci sono posti che hanno chiuso completamente», puntualizza Autelitano.
La costruzione di un rapporto basato sulla fiducia è fondamentale in un percorso di cura come quello per la labiopalatoschisi, dove la relazione con i medici dura anni e dove l’aspetto umano ha un grande peso, vista soprattutto l’incertezza che causa nelle famiglie. «Alla diagnosi, molti genitori si mettono a cercare informazioni in Rete, ma spesso si tratta di fonti fuorvianti e poco affidabili, per cui è facile spaventarsi», dice il medico. «Da noi, invece, con una singola visita ricevono tutte le informazioni di cui hanno bisogno da parte degli specialisti, senza rimpalli fra ospedali e studi medici».
Scegliere un centro e affidarsi a esso è importante: il rapporto che si instaurerà durerà anni. Solitamente i primi interventi avvengono fra i 6 e gli 8 mesi di vita, al labbro o al palato. Può poi seguire un secondo intervento, verso i 2 anni, a volte anche più tardi; dai 3-4 anni, se necessario, comincia la terapia logopedica, e verso gli 8-9, e in casi selezionati anche prima, iniziano le terapia ortodontiche, tipicamente con un apparecchio per allargare il palato. Verso i 12 anni possono esserci altri interventi ortodontici, ortopedici ed eventualmente estetici, con trattamenti di vario genere che proseguono fino ai 20 anni. «Ogni paziente è diverso», spiega Autelitano; a non cambiare, però, è il rapporto di vicinanza che si stringe con i pazienti.
Come realtà non profit, Operation Smile vive soprattutto di donazioni da parte di benefattori e di spazi messi a disposizione dalle autorità pubbliche. Superate le difficoltà del Covid, «vorremmo tornare a fare formazione per i medici, aspetto importante del nostro lavoro», spiega Autelitano. La Smile House di Milano, infatti, è parte della Rete ERN, European Reference Network, sulle malformazioni craniofacciali, e nel 2019 il team di Milano è stato selezionato come organizzatore anche titolare della presidenza del prossimo Congresso della Società europea di labiopalatoschisi ECPCA, previsto per il 2024, con presidente la dottoressa Costanza Meazzini. «Sono contatti e risorse che dobbiamo continuare a nutrire e coltivare, perché solo con grossi numeri possiamo migliorare. Facciamo tanta ricerca e divulgazione, ma servono tempo e risorse: avere persone che ci supportino è fondamentale per fare sì che nessun bambino debba aspettare per ricevere le cure che necessita», conclude il medico.