Problemi di visioneL’ultimo capolavoro di Zingaretti regala il Viminale a Salvini

Strangolato dalle correnti, rimasto senza il punto di riferimento fortissimo Giuseppe Conte, il segretario del Pd ha collezionato solo sconfitte con l’arrivo del governo Draghi. Ed è riuscito a consegnare il Ministero dell’Interno alla Lega

Cecilia Fabiano/ LaPresse

Troppo impegnato a difendere Barbara D’Urso e a rifondare il PCI, Nicola Zingaretti è riuscito nel difficile exploit di perdere anche la trattativa per i sottosegretari.

Tutti i posti che il Botteghino porta a casa sono di seconda fila, ininfluenti, tranne la delega agli Affari Europei che va a Enzo Amendola, che però non entra in quota Pd, ma come tecnico. Un solo vice ministro, Marina Sereni, agli Esteri e scarsa, scarsissima possibilità di influenza nei ministeri pesanti economicamente e per il NextGenerationEu, il ministero dell’Economia e quello per lo Sviluppo economico.

Ma il vero capolavoro Zingaretti lo ha fatto facendosi sfuggire il ministero dell’Interno. Completamente. Non ha voluto neanche un posto in un dicastero nel quale Salvini «è ritornato». – come ha promesso pochi giorni fa – facendo nominare sottosegretario Nicola Molteni.

Zingaretti, perso Conte e ogni traballante strategia, dimentica l’Abc della politica. Là dove Salvini enfatizza la sua golden share sul Governo, promettendo una gestione leghista delle tematiche onnipresenti della gestione del Viminale (dalla pandemia agli immigrati, passando per le vaccinazioni), il Pd, che è anti salviniano perché se no non sa chi è, avrebbe dovuto mettere un suo uomo (o donna) forte, fortissimo a fianco di Luciana Lamorgese.

Macché. Niente. Zingaretti lascia il Viminale ai Cinquestelle, al braccio destro di Salvini (che conosce come pochi gli interna corporis del ministero) e all’ottimo renziano Scalfarotto che sa tutto di banche e economia, ma poco di divise e ordine pubblico. Ci si chiede perché di questa scelta suicida e la risposta è semplice: il groviglio correntizio nel quale Zingaretti si è avviluppato è tale che prevale su un minimo di lucidità politica. Il tutto complicato dagli equilibri di genere.

Mai, mai nella sua storia, il PCI-PDS-Ds-Pd ha perso la sua morsa pesante, pesantissima sul Viminale ogni volta che ha partecipato a un governo, dimostrando, da Ugo Pecchioli, a Giorgio Napolitano, a Marco Minniti che dalla poltrona che fu di Giovanni Giolitti si gestisce un potere che fa concorrenza a quello di Palazzo Chigi. Negli ordini del giorno del consiglio dei Ministri il Pd di Zingaretti ha scelto di occuparsi della voce varie ed eventuali. Della D’Urso, appunto.

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