Terzo poloLa crisi del sovranismo e della sinistra apre la strada a un fronte liberale-riformista

Per Paolo Macry, professore emerito di Storia all’Università Federico II di Napoli, il ridimensionamento del populismo di Lega e Cinquestelle non segna un ritorno al bipolarismo. Anzi, con l’area giallorossa avviata verso un periodo di incertezza può finalmente emergere uno schema con tre formazioni politiche ben distinte: il superamento dell’attuale frammentazione

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È stato detto bene. Il governo Draghi sembra la premessa di un ridimensionamento del populismo e del sovranismo. L’ingresso nella nuova «maggioranza repubblicana» sta modificando le prospettive politiche e gli equilibri interni del Movimento cinque stelle e della Lega. I Cinquestelle hanno perso potere ministeriale e soffrono processi disgregativi. La Lega ha dovuto abbandonare le pregiudiziali antieuropeistiche e vede la leadership di Salvini meno autocratica che nel passato. Quanto al Partito democratico, sembra deciso a battere la strada dell’alleanza “strategica” con i pentastellati, con inevitabili turbolenze sui rapporti di forza tra le componenti del partito e cioè tra i favorevoli e i contrari alla linea Bettini.

Che la doppia deriva populista e sovranista sia in crisi, tuttavia, non significa tout court il ritorno del sistema politico italiano a un modello bipolare. Al momento, se sembra prendere forma un polo di centrodestra “normalizzato” (con l’utile pendant dell’opposizione di Fratelli d’Italia), non si vede invece all’orizzonte alcun polo di centrosinistra. Né numericamente, come indicano in modo impietoso i sondaggi, né politicamente, come suggerisce la non seducente qualità dell’alleanza Pd-M5s. Sembra difficile che possa ampliare i propri confini sociali e culturali una piattaforma ideologica costruita sulla diffidenza nei confronti del mercato, del merito, dello sviluppo, dello Stato di diritto, eccetera. Sembra difficile, anche in un Paese controverso come il nostro, che una simile “cosa” possa andare oltre, diciamo, un terzo degli elettori.

Tanto meno è pensabile che il polo giallorosso trovi qualche rapporto di collaborazione con le formazioni liberali-riformiste (Italia viva, Azione, Più Europa). Non c’è alcuna ragione ideologica e politica perché ciò accada. Ipotesi veltroniane di una sinistra maggioritaria appaiono oggi obsolete. Sommerse da anni di miopia tattica e strategica. Impossibili da recuperare nel breve e forse nel medio periodo. Fatalmente impedite dallo stesso rapporto della sinistra con i populisti.

Sicché, mentre il polo di centrodestra sembra destinato a irrobustire il proprio consenso e mentre invece il polo giallorosso si avvia a una lunga traversata nel deserto, resta da capire lo spazio di iniziativa che si apre a quell’area liberale-riformista tuttora elettoralmente marginale, perché soffocata dall’onda populista-sovranista degli ultimi anni. Un’area che, per vocazione e per necessità, sembrerebbe costituire un terzo polo potenziale, incuneato fra i due poli principali, e che promette perciò di svolgere un ruolo importante nelle future dinamiche politiche, sempre che si dimostri capace di superare l’attuale frammentazione.

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