Irrompe il fenomeno Mario Draghi, ma che incidenza avrà nel quadro politico nazionale e soprattutto locale? Il prossimo esecutivo, infatti, si preannuncia come il miglior Governo che l’Italia potesse mai regalarsi, grazie all’autorevolezza, la competenza e l’affidabilità del 74 enne ex presidente della Banca centrale europea. Tuttavia, il dubbio che ci rimane è se quello che verrà sarà il Governo di tutti oppure di nessuno, ed è forse questo il paradosso che ci accompagnerà nei prossimi giorni.
D’altro canto si stanno formando nuove maggioranze, nuovi posizionamenti, vere e proprie inversioni a U e persino parole di pietra, poi rimangiate come se nulla fosse. Tutto ciò innesca una serie di domande tanto complesse quanto rilevanti. Ad esempio, che conseguenze avrà, soprattutto nei prossimi mesi, l’ingresso di Draghi nello scenario politico italiano? È possibile che la nuova convergenza verso il centro, espressa da Lega e Movimento 5 Stelle, sia duratura, oppure è solo un’espressione di questa fase politica? E ancora: è forse nato un sano bipolarismo, magari a trazione europeista, capace di emarginare gli ultrà di destra e di sinistra ai bordi dei propri schieramenti? Oppure stiamo assistendo alla formazione di un centro forte e in prospettiva egemonico, agevolato (forse) dal sistema proporzionale a oggi in cantiere? Quest’ipotetico centro sarà coeso e presente anche nelle prossime elezioni amministrative, oppure no? E infine, che posizione prenderà nella competizione maggioritaria tra presidenti di Regione e candidati sindaci?
Guardando al presente purtroppo, nell’attuale scenario politico, contraddistinto da mutamenti improvvisi e improbabili, ogni risposta rischia di mancare l’obiettivo e produrre solo altra confusione. Tuttavia, in questi giorni sono emerse delle costanti che potrebbero valere tanto sul piano nazionale, quanto per quello comunale. Come ad esempio l’autorevolezza della leadership, il riconoscimento delle competenze e quindi la riscoperta del valore della conoscenza, troppo spesso bistrattato. D’altro canto, il ruolo centrale ricoperto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, l’affermazione di Joe Biden e l’entusiasmo attorno a Draghi segnano il ritorno al riconoscimento dell’esperienza quale valore.
Tornano alla ribalta temi come quello della produttività, del lavoro, dei giovani, dell’europeismo, della crescita, della necessità di nuove politiche energetiche sostenibili, nonché l’investimento di risorse verso la contrazione di debito buono e quindi l’orientamento agli investimenti per generare futura ricchezza. In altre parole, l’effetto Draghi rompe gli schemi ideologici del passato e rilancia dei temi chiave che si amalgamano attorno a una figura autorevole. Temi che a Milano sono da sempre e storicamente di casa.
Ed è proprio questa una possibile ricetta per la corsa al posto di sindaco di Milano: valorizzazione delle caratteristiche storiche, individuazione delle priorità più salienti per la città, ovviamente all’insegna di quel pragmatismo che contraddistingue l’animo milanese, e infine, la necessità di riconoscimento e rafforzamento della leadership autorevole della persona del sindaco, quale espressione dalla società stessa più che del ceto politico.
Il mix di questi elementi potrebbe rappresentare una solida proposta per i cittadini milanesi, fondata su pilastri che vadano ben oltre i deboli e confusi schieramenti politici a oggi in campo. Se, infatti, si riuscisse a puntare su questi elementi, senza farsi distrarre e aspettare che torni protagonista quel sano riformismo che oggi tanto manca al Pd – nell’attesa che Bentivogli, Renzi, Calenda, +Europa e i Radicali costruiscano un vero partito moderato di centrosinistra coeso e coerente – sarebbe possibile rilanciare la città.
Ma c’è un però, che merita un’attenzione speciale ed è quello legato al possibile mutamento della percezione della Lega da parte dei milanesi: il rischio, infatti, è che essi possano sentire la nuova linea del partito di Salvini più in sintonia con le esigenze della città rispetto a una narrazione di sinistra, sempre più schiacciata dalla rappresentazione romana iper-assistenzialista espressa dell’asse Pd e Cinquestelle.
Occorre quindi vigilare su questo possibile travaso di voti e provare a prevenirne il meccanismo, evitando ideologie e offrendo invece soluzioni che migliorino la vita dei milanesi di oggi e di domani. E tutto ciò grazie all’aiuto della figura, riconoscibile e apprezzata del suo attuale sindaco: Beppe Sala. Tant’è che interi mondi produttivi, studenti, famiglie non daranno infatti la propria fiducia, soprattutto in un momento cosi complesso, a una sigla partitica, ma cercheranno piuttosto una figura rassicurante, un interlocutore serio, credibile, attento e dedito all’ascolto più che a elargire promesse. È a lui che spetta farsi trovare pronto all’ascolto e all’inclusione.
D’altronde, a oggi, Milano è l’unica città italiana a poter competere con le altre metropoli europee e grazie l’avvento di Draghi, inoltre, si potrebbe innescare un effetto attrazione per quei grandi centri finanziari che dalla City di Londra potrebbero proprio giungere nel capoluogo lombardo. Dopo tutto, è a Milano che Draghi dovrà guardare con attenzione se vorrà ridare slancio al Paese; perché Milano vuol dire ascensore sociale, welfare, opportunità, senso d’appartenenza a una comunità e innovazione per un domani a misura d’essere umano.
Insomma Draghi ha bisogno che Milano faccia la sua parte di città europea, aperta, innovativa e finalmente, nell’esperienza del Governo Draghi, essa potrà trovare la sponda ideale in un’agenda di governo che rispecchi di più l’anima milanese rispetto al passato. Ed è per questo che i milanesi impegnati in politica non dovrebbero farsi tentare da inutili esperimenti politici, evitando di perdersi in sigle o cartelli elettorali ambigui e che disorientino i cittadini.
Senza di fatto poter attaccare gli storici nemici politici (Lega da una parte e Cinquestelle dall’altra) sarà infatti fondamentale trasmettere tranquillità, concentrarsi attorno a temi e soluzioni amministrative che si pongono l’ambizione di migliorare la qualità della vita dei cittadini della nostra Milano; sottraendoci a inutili discussioni lontane dalla nostra città. La sfida non sarà affatto facile, la campagna elettorale via social si preannuncia complicata e bisogna sfuggire al rischio di confondere le elezioni amministrative con quelle politiche.
Una grande città decide delle sue sorti e delle sue vicende a livello locale ascoltando le esigenze dei propri quartieri e della propria identità e bene ha fatto, l’attuale sindaco, a sottrarsi alle logiche romane che insistono sul velleitario tentativo di unire riformisti e populisti, a differenza degli avversari di destra che non riescono a trovare un candidato proprio, perché la scelta risponde a logiche che nulla hanno che fare con la nostra città.
È attraverso il consolidamento della figura del sindaco Beppe Sala che diventa possibile superare la tempesta della confusione politica che nei prossimi mesi si abbatterà anche su Milano. D’altronde se non avesse deciso di ricandidarsi per il centro sinistra sarebbe stato scontato un esito fallimentare. E la storia recente, ci dimostra, che le ultime grandi vittorie amministrative sono figlie di leadership carismatiche, determinate dagli elettori e non autoproclamate da una torre d’Avorio; da Gori, a Decaro, passando per Zaia, Emiliano, De Luca e Bonaccini, che hanno stravinto perché riconosciuti e apprezzati dai propri cittadini e non grazie alle formule degli schieramenti che li sostenevano.
A Milano, più che altrove, occorre prudenza e unione, non ci sono alternative, perché abbiamo tanti occhi addosso, e non mi riferisco solo a quelli dei milanesi, ma del Paese intero. Ed è per questo che occorre avere il coraggio di sostenere le idee migliori e con essi i candidati che meglio le esprimono. Non è più tempo di ambiguità.