Se togli la terra, si può ancora parlare di territorio? E quel pomodoro che coltivi con le radici libere, in serra e con luci a led, in un capannone dismesso, può essere considerato un’espressione del luogo, visto che non ci affonda le radici?
Di sicuro è buono tanto quanto uno equivalente, prodotto con l’agricoltura convenzionale: sulle sue proprietà organolettiche non si hanno dubbi. E senz’altro è pienamente sostenibile, come tutte le coltivazioni fuori terra, che mai come in questo momento stanno ricevendo costante attenzione.
Perché se basta un terreno qualunque, una serra e qualche cavo per produrre cibo buono, non possiamo che esserne affascinati, e non possiamo che desiderare saperne qualcosa in più. Scopriamo nel dettaglio tutte le tecniche.
Agricoltura idroponica
L’idroponica è la coltivazione delle piante fuori suolo, ovvero senza terra e grazie all’acqua, nella quale vengono sciolte sostanze nutritive adatte per far crescere le piante velocemente e in salute. L’impiego di un substrato e l’azione dell’acqua, nella quale sono disciolte le sostanze nutritive, sono la semplice ricetta di questa vera rivoluzione. Il grande vantaggio offerto dall’agricoltura idroponica è senza dubbio la possibilità di coltivare ovunque, anche dove non c’è terreno o non c’è il clima ideale per poter avviare determinate coltivazioni di tipo tradizionale. Con questo sistema è possibile avviare una coltivazione indoor o outdoor, in orizzontale – come nelle classiche coltivazioni – ma anche in verticale, un metodo che consente di risparmiare spazio. Inoltre, l’agricoltura idroponica consente un controllo maggiore della gestione delle risorse idriche e nutrizionali e un certo risparmio di acqua grazie al recupero e al riutilizzo del flusso idrico, che viene raccolto dopo l’utilizzo e riciclato per un nuovo ciclo di irrigazione. A questo si accompagna anche una migliore gestione dei nutrimenti erogati alle piante.
Agricoltura Aeroponica
Nell’agricoltura aeroponica, invece, non si impiega alcun tipo di substrato. Le piante vivono e producono grazie a un sistema che nebulizza le sostanze nutritive, prevalentemente fertilizzanti minerali, disciolte nell’acqua. il rischio di contaminazione e infestazione delle piante è minimo e questo limita moltissimo o non richiede affatto l’uso di agrofarmaci. Anche in questo caso, non serve un terreno fertile, ma solo uno spazio sul quale impiantare la struttura necessaria a sostenere e alimentare le piantine.
Fukuoka
Masanobu Fukuoka è considerato il pioniere dell’agricoltura naturale, la sua filosofia si basa sul concetto del non fare, e dal Giappone è diventata famosa in tutto il mondo. Dopo gli studi, lo scienziato cambiò prospettiva e decise di lasciare un dono a tutta l’umanità. La sua idea nasce dall’osservazione della natura e del suolo, per comprendere quali sono i processi naturali che permettono di mantenere il terreno come un organismo autonomo e in grado di rigenerarsi senza l’intervento dell’uomo, dunque senza fertilizzanti, pur assicurando rese abbondanti, limitando al minimo gli interventi in campo, evitando le lavorazioni del terreno e l’impiego di concimi e pesticidi di qualunque tipo. Dal Giappone questo tipo di agricoltura arrivò in Europa grazie all’agronoma spagnola Emilia Hazelip. Volete avvicinarvi alla sua filosofia? Il libro che per molti è stata la svolta è “La rivoluzione del filo di paglia”.
Agricoltura rigenerativa
L’AOR è basata su semplici principi agronomici, economici ed ecologici perché massimizza le risorse presenti all’interno di un’azienda agricola e di un territorio, contenendo i costi di produzione e aumentando gradualmente la fertilità del suolo.
Tecniche di successo provenienti da tutto il mondo, la sapienza contadina di ogni territorio e le moderne conoscenze scientifiche vengono mescolate per ottenere un modello agricolo efficiente, in continua evoluzione e non dogmatico.
Permacultura
La Permacultura è nata come sistema di progettazione del territorio che integra armoniosamente l’uomo con l’ambiente e i suoi elementi (abitazione, alimentazione, risorse naturali, relazioni umane e sociali). L’obiettivo è progettare insediamenti duraturi, il più possibile simili a ecosistemi naturali, tramite il riconoscimento, l’utilizzo e l’armonizzazione delle componenti del paesaggio (morfologia, clima, terreno, acqua, vegetazione, animali) sviluppando rapporti di sostegno reciproco tra gli elementi dell’ambiente e i bisogni delle persone e basandosi su uno stile di vita “non predatorio” e “non parassitario”. Il risultato è un sistema di grande valore estetico, produttivo, e sostenibile nel tempo, con bassi costi di manutenzione.
La parola “permacultura” è stata coniata da Bill Mollison e da David Holmgren a metà degli anni Settanta per descrivere un sistema integrato ed evolutivo di specie vegetali e animali perenne o auto-perpetuante, ed utile all’uomo.
All’inizio significava “permanent agriculture”, agricoltura permanente. Una definizione più corrente di permacultura, che riflette l’allargamento del suo focus implicito nel libro “Permaculture One”, è “terreni progettati coscientemente in modo da riprodurre gli schemi e le relazioni presenti in natura, in grado di produrre abbondanza di cibo, fibre ed energia al fine di provvedere ai bisogni locali”. Le persone, i loro edifici e il modo in cui organizzano se stesse sono centrali nella permacultura. Perciò la visione della permacultura di una agricoltura permanente o sostenibile si è evoluta in una cultura permanente o sostenibile.
Uno degli esempi di azienda che si dedica a questo genere di produzione è la Fattoria di Pol, guidata da giovani agricoltori in bilico tra due grandi rivoluzioni agricole: quella del filo di paglia e quella dell’innovazione tecnologica. Nell’entroterra ligure, il concetto di “nuova agricoltura”, che mescola armoniosamente l’innovazione e il ritorno al rispetto della terra, è forse espresso nella maniera più completa.
Come ci raccontano: «Ci sono voluti anni di studi e di ricerca per arrivare a quella che ora è la Fattoria di Pol: in una società consumista e avvezza agli sprechi, noi crediamo con fermezza nella difesa del mondo contadino tradizionale. Proprio per questo motivo ci impegniamo nell’applicazione e nella diffusione dell’agricoltura innovativa e di quella sinergica e rigenerativa, che sono tipologie di coltivazione rispettose dell’ambiente, atte a preservare e a proteggere la natura dai danni derivanti da un’attività intensiva e non consapevole. È una filosofia che recupera i tradizionali valori del passato, di reciproco rispetto e aiuto tra l’uomo e l’ambiente: si tratta di un’agricoltura contadina senza tempo, nella quale ognuno ricopre un proprio ruolo e lavora in sinergia con gli altri. Acqua, terra, sole, organismi viventi: non più risorse da sfruttare, ma compagni di lavoro e di vita».
E soprattutto, questo tipo di agricoltura non è in concorrenza con quella tradizionale, ma la affianca, per migliorare le rese e dare occasioni in più: «Vorremmo che ai contadini tradizionali fosse chiaro che non siamo “nemici”, ma che questa nostra variante rappresenta un’opportunità per tutti, per esempio nel nostro territorio è anche l’occasione di produrre più basilico, e di farlo comunque in Liguria. Il terroir non è fatto solo dalla terra, ma anche dall’acqua, dal clima, dall’aria, dall’altitudine. Tutta la Liguria rende magico il basilico, non solo il suolo».
Per vedere il loro lavoro potete andarli a trovare, scoprendo il sapore nuovo di frutta, verdura e uova: e passeggiare nel futuro dell’agricoltura sostenibile.