In Europa si fa sempre più acceso il dibattito sul vaccino russo Sputnik V, mentre cresce il numero di Stati membri che hanno deciso di sospendere temporaneamente la somministrazione di AstraZeneca in attesa del pronunciamento dell’Agenzia europea del farmaco (Ema), prevista per oggi.
Nei giorni scorsi, l’Unione ha espresso dei dubbi sull’inserimento del prodotto russo nella rosa dei vaccini da somministrare nel Vecchio Continente contro il coronavirus, accusando la Russia di voler utilizzare la crisi sanitaria per i propri interessi, ma il fronte è meno compatto di quello che sembra. Ungheria e Slovacchia hanno già acquistato lo Sputnik V e la Repubblica Ceca ha manifestato il proprio interesse verso il vaccino realizzato da Mosca.
Una mossa, quella di questi tre Paesi, che è stata fortemente condannata in sede europea, segno di una chiara presa di posizione delle istituzioni comunitarie nei confronti del vaccino russo. Non a caso, l’Agenzia europea del farmaco ha definito l’utilizzo di Sputnik V da parte di alcuni Stati membri senza la previa autorizzazione dell’Ema «qualcosa di simile a una roulette russa», scatenando la reazione indignata del Cremlino che ha prontamente preteso delle scuse da Bruxelles.
Alle parole della presidente dell’Ema ha invece fatto seguito l’avvertimento del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. «Non dovremmo lasciarci ingannare dalla Cina e dalla Russia, regimi con valori meno desiderabili dei nostri che organizzano operazioni molto limitate ma ampiamente pubblicizzate per fornire vaccini ad altri». Un monito che ricalca l’accusa lanciata tempo prima dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che si è chiesta come mai Mosca stesse promettendo milioni di vaccini ad altri Paesi pur non avendo ancora immunizzato i propri cittadini.
Il pressing delle capitali europee
Nonostante la chiara posizione dell’Unione, da giorni si rincorrono notizie circa il raggiungimento di alcuni accordi per avviare la produzione del vaccino Sputnik V in Italia, Spagna, Francia e Germania, secondo quanto riferito dal Fondo Russo per gli Investimenti Diretti (RDIF). L’obiettivo, hanno spiegato dal Fondo, è quello di permettere l’inizio della fornitura del vaccino russo al mercato europeo dopo aver ricevuto l’eventuale approvazione da parte dell’Ema.
Se il piano dovesse andare in porto, si creerebbe però una spaccatura a livello europeo tra quei Paesi pronti a usare anche lo Sputnik V e quelli che invece non sono interessati all’inserimento del siero russo nella lista dei vaccini da somministrare ai propri cittadini. Il via libera dall’Ema, infatti, non implicherebbe automaticamente l’impiego del vaccino realizzato da Mosca.
Tuttavia, a sorprendere l’Europa e – almeno ufficialmente – il Governo italiano è stata principalmente la notizia dell’accordo fra il Fondo sovrano russo e l’azienda svizzera Adienne Pharma per l’avvio della produzione del vaccino in Lombardia a partire da giugno. Ma il coinvolgimento dell’Italia nella vicenda Sputnik V non finisce qui. Secondo indiscrezioni della Reuters, in uno degli ultimi incontri tenutisi a Bruxelles l’Italia avrebbe fatto pressioni per l’ampliamento del numero dei fornitori di vaccini, proponendo persino di produrre lo Sputnik V negli stabilimenti della compagnia ReiThera, controllata per il 30% dallo stesso Governo.
Come spiega a Linkiesta Federico Petroni, analista geopolitico di Limes, l’obiettivo del presidente del Consiglio Mario Draghi potrebbe essere duplice: fare pressioni sull’Unione perché autorizzi lo Sputnik V e sugli Usa per sbloccare velocemente l’export sui vaccini.
«A oggi gli Stati Uniti detengono il monopolio dei vaccini distribuiti e autorizzati nell’Unione, ma hanno scelto di vaccinare prima la loro popolazione e di pensare solo in un secondo momento al resto del mondo, facendo affidamento sulla sfiducia dell’Occidente nei confronti di Russia e Cina. Secondo il presidente Joe Biden, entro giugno la popolazione americana sarà vaccinata e da quel momento si potrà procedere con l’export dei vaccini: non c’è quindi bisogno di ricorrere ai prodotti russi, evitando così di concedere a Mosca una vittoria diplomatica». Tra l’altro, sottolinea Petroni, «l’Ema ha affermato di non potersi pronunciare sullo Sputnik V prima di fine maggio. Una tempistica alquanto sospetta».
È qui che entra in gioco Draghi. «Da una parte il presidente del Consiglio sa che né gli Usa né gli altri Stati europei perdonerebbero all’Italia un’azione unilaterale e un’apertura ai russi, dall’altra cerca di creare un triangolo con Parigi e Berlino, uno degli obiettivi della sua politica estera». Il presidente del Consiglio italiano, infatti, si è sempre coordinato con le cancellerie di Berlino e Parigi ogni volta che è stata diffusa una notizia relativa al vaccino russo o ad AstraZeneca, la cui sospensione è avvenuta quasi in contemporanea in Italia, Germania e Francia.
«L’idea di Draghi, quindi, potrebbe essere quella di lavorare con i partner europei per presentare un fronte compatto sia contro l’Ue – che in questo caso è un attore contrapposto alle capitali nazionali – che in pressione sugli Usa. In questo modo Draghi spera di ottenere l’attenzione di Washington attraverso delle aperture concertate alla Russia».
Una mossa che sembra stia dando i suoi frutti, dato che l’azienda americana Pfizer ha da poco annunciato una consegna anticipata di 10 milioni di dosi nel secondo trimestre verso l’Europa.