«Gli spaghetti all’assassina sono un piatto semplice, ma dalla semplicità di un maestro. Per questo si usano gli spaghetti e non gli spaghettoni: paragonarli sarebbe come mettere a confronto Giotto con un madonnaro di Bitonto». Il paragone, un po’ irriverente, con cui Antonio Forte, attendente della Questura di Bari, presenta la ricetta a Lolita Lobosco e a Raffaele Esposito, spiega in maniera chiara cosa significa questo piatto per la cucina barese. La puntata della serie “Lolita Lobosco” su Rai1 ha generato un inatteso hype, come testimoniato dalla foto dell’autrice della serie Gabriella Genisi, che ha pubblicato la ricetta su Instagram. In tanti hanno provato a cimentarsi o hanno cercato notizie, presi dalla curiosità: infatti al termine della puntata le parole “spaghetti all’assassina” hanno avuto un boom di ricerche su Google Trends.
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Un piatto pop che già altri autori avevano citato: un esempio sono i fratelli Carofiglio, Gianrico e Francesco, che hanno descritto la ricetta nel loro romanzo “La casa nel Bosco”, uscito nel 2015. Come riportano nel loro libro, «questo piatto è un erede diretto delle preparazioni familiari con gli avanzi di pasta, negli anni in cui non si buttava via niente. Se avanzava un po’ di pasta al sugo del pranzo e la sera non c’era stato il tempo di fare la spesa, si riscaldava la pasta avanzata in una padella, facendola bruciacchiare e rendendola molto più saporita di quanto non fosse a pranzo. Gli spaghetti all’assassina sono un’evoluzione della pasta avanzata e bruciacchiata degli anni Sessanta». Eppure, gli spaghetti all’assassina sono qualcosa di più di un semplice piatto di pasta riscaldato del giorno prima.
Come racconta lo storico di Bari Felice Giovine e come viene riportato anche sul sito Centrostudibaresi.it questo piatto è nato intorno agli anni ’60 nel locale “Al Sorso preferito”, in pieno centro città a due passi dal teatro Petruzzelli. Il padre degli spaghetti all’assassina è il foggiano Enzo Francavilla che allora si divideva tra il suo locale, appena rilevato, e “la Sirenetta”, dove aiutava un paio di amici durante le serate con Fred Bongusto, Mina e Bruno Martino. Nel suo locale però, che era molto piccolo, Enzo cucinava due soli piatti: le orecchiette mantecate e, appunto, gli spaghetti all’assassina. Il nome però non lo ha dato il cuoco. «Dopo un paio di giorni in cui avevo aperto il locale, si presenta una coppia di signori dell’Alitalia e mi chiedono un primo gustoso. Mi metto ai fornelli, costruisco il piatto e, servendolo, consiglio loro di bere solo a fine piatto. Quando torno per conoscere il loro giudizio, il signore mi apostrofa in maniera bonaria e palesemente soddisfatta: “sei un assassino …ma di gran gusto”. Così decisi di chiamare quel piatto spaghetti all’assassina», racconta il cuoco in un’intervista del 2018 a Felice Giovine. Un piatto dal successo assicurato, visto che in breve tempo tantissimi baresi iniziarono a radunarsi “Al sorso preferito” con la scketure m-mocche (che per chi non viene dalla Puglia vuol dire “con l’acquolina”). L’epilogo della storia non fu però felice, visto che dopo qualche anno Enzo chiuse la sede originaria, ne aprì un’altra, dove è tutt’ora presente il locale, ma poi lo vendette e si trasferì a Modugno.
Il piatto ha vissuto perciò una fase di oblio, visto che i locali che li preparavano si sono nel frattempo ridotti, preferendo altri primi. Oggi però la storia è cambiata. «Gli spaghetti all’assassina è un piatto molto pugliese, quasi gourmet con quei pezzi di pasta un po’ bruciacchiati che danno quel sapore in più», racconta a Linkiesta Massimo dell’Erba, fondatore e presidente dell’Accademia dell’Assassina. Il perché sia stato necessario fondarla è subito chiaro. «L’idea nacque 7 anni fa, durante una riunione con cinque amici quando chiedemmo allo chef di prepararci questi spaghetti in un locale di Bari. Era un modo per ricordare la nostra infanzia. Da allora grazie a un gruppo Facebook, che oggi conta 226 iscritti, abbiamo iniziato ad organizzarci e a vederci ogni due martedì girando i locali per assaggiare l’Assassina. E in questi anni ne abbiamo viste di ogni tipo. Per questo tra poco ci costituiremo come un’associazione registrata, in modo tale da poter essere un punto di riferimento sia per i ristoratori che ricevono le nostre recensioni sia per i turisti che magari ci chiedono dove poterla mangiare». Nel frattempo gli assaggi sono arrivati a essere quasi 70 all’anno e tutti hanno ricevuto una dettagliata scheda di valutazione. «Ogni nostra recensione del locale che proviamo ha una sezione specifica dedicata all’assassina, dove vengono valutate la cottura, il dosaggio e il grado di piccantezza, che vale per l’80% perché poi valutiamo altri aspetti, come l’accoglienza, la cantina o il prezzo».
Due sono i punti fondamentali da cui si parte per avere una buona Assassina. «Il primo è una padella di ferro, che ha una conduzione del calore maggiore: in commercio sono presenti diversi modelli, come la lyonnaise, ma si può anche utilizzare una paellera. La seconda è la risottatura della pasta, cotta in padella insieme al condimento. Oggi sono presenti diverse varianti, da quella di mare a quella con le rape o la stracciatella ma la ricetta dell’Assassina è solo una». Un amore che unisce tutti, uomini e donne, anche se in gruppi opposti. «Sin dall’inizio l’Accademia è nata un po’ goliardicamente come una cosa solo tra uomini, così quando all’inizio le donne ci hanno chiesto di partecipare alle serate, noi le abbiamo respinte. Per questo si è costituita una sorta di fronda interna, la Controaccademia». E a raccontarla a Linkiesta è Flavia Loconte, colei che l’ha ispirata. «Visto che gli uomini ci tenevano a vedersi tra loro alla fine ci siamo organizzate per fare un nostro gruppo che potesse fare ciò che facevano gli uomini. C’è un po’ di rivalità ma anche tanto confronto, visto che alla fine nelle occasioni ufficiali ci vediamo tutti assieme». Stavolta però bisognerà aspettare un po’ per la prossima riunione. «Ci piacerebbe poter “festeggiare” il nostro upgrade ad associazione con un evento dove poter assaggiare l’assassina preparata dai diversi chef di Bari. Speriamo di poterla fare presto», dichiara Dell’Erba. Un modo per ridare slancio a una ricetta rimasta troppo a lungo nel cassetto.
Pubblichiamo qui di seguito la ricetta e preparazione degli Spaghetti all’Assassina certificata dall’Accademia.
Ingredienti per 4 persone:
- 320 gr. di spaghetti
- 400 gr di passata di pomodoro
- Concentrato di pomodoro
- 100 cl di olio,
- Tre spicchi d’aglio,
- Peperoncino, sale e zucchero (qb)
Preparazione
Preparare e portare ad ebollizione un brodo fatto con acqua, 400 gr di passata e abbondante concentrato di pomodoro e sale. Deve essere rosso vivo e saporito, ma sempre di brodo deve trattarsi. In un’altra padella, rigorosamente in ferro, e già trattata per l’uso, mettere circa 100 cl di olio, tre spicchi d’aglio (senza anima) e peperoncino (frantumato e/o intero) secondo il gradimento dei commensali.
Mettere direttamente in padella a crudo gli spaghetti distribuendoli in modo che la maggior parte sia a contatto col condimento.
Non si deve avere fretta di rigirare, bisogna attendere che alcuni spaghetti avviino il loro percorso di brunitura, senza carbonizzarsi ma iniziando a caramellare. Quindi con perizia e maestria dovete cominciare a girare gli spaghetti che cominciano ad attaccarsi un po’ al fondo della padella, rapidamente portando su quelli già bruniti, usando una spatola di legno, da preferire rispetto al cucchiaio.
A questo punto versate in padella due mestoli di brodo di pomodoro.
Il brodo sfrigolerà e comincerà a sobbollire. Lasciatelo consumare (adesso senza girare gli spaghetti) e “ascoltate” l’avvio della cottura. Quando sentirete di nuovo “sfriggere”, il rumore cambia in modo netto, rimanete “freddi” e lasciate qualche decina di secondi che il processo di “bruciacchiatura” continui.
Con la solita spatola in legno staccate gli spaghetti che si sono attaccati al fondo e portate, come fatto prima, gli spaghetti che cominciano a bruciacchiare sopra e quelli meno cotti sul fondo. Versate un altro mestolo di brodo e continuate così, come se steste preparando un risotto, ma senza girare continuamente, un mestolo dopo l’altro con le dovute importantissime interruzioni per ascoltare lo sfriggere dell’olio.
Lo spaghetto da rigido che era comincerà a piegarsi, ad assumere forme sinuose in padella, ad accovacciarsi su se stesso. Continuate a trattarlo così e dopo otto – nove minuti di trattamento, quando l’equilibrio dei colori virerà verso il rosso bruno con sparute presenze di marrone dovuto agli spaghetti che non ne vogliono sapere di staccarsi dal fondo, allora finalmente assaggiate per valutare il grado di cottura. Nella cottura direttamente in padella non vi aspettate di avere lo stesso grado di consistenza dello spaghetto cotto in acqua e sale. In questo caso lo spaghetto deve risultare più calloso, più invitante sotto i denti.
Ma solo quelli bruciacchiati devono “crocchiare”. Il grado di cottura e di bruciato quindi lo decidete voi. Dovete avere occhio e gusto. Quando avrete deciso che secondo voi l’Assassina è pronta allora servite direttamente portando la padella al tavolo.