New mediaCronache di spogliatoio sta provando a cambiare il panorama dei giornali sportivi italiani

La community di calcio vanta oltre 1 milione e 200mila follower e i contenuti pubblicati sulle piattaforme sono visualizzati mediamente 13,6 milioni di volte al giorno. È uscito anche il primo romanzo, firmato dai due fondatori. Stefano Bagnasco e Giulio Incagli hanno saputo costruire un prodotto editoriale fatto di storie, approfondimenti e interviste originali

L'intervista a Marchisio/Cronache di spogliatoio

Nel Palazzetto dello Sport di Volpiano, nel Torinese, Claudio Marchisio parla sereno, scambia battute, accenna una smorfia, una risata. Come al solito si distingue per lo stile: la camicia a righe con le maniche risvoltate, il gilet beige, il capello perfettamente disordinato. Nella sua intervista non c’è nulla delle frasi standard un po’ posticce tipica delle interviste post partita – una che avrebbe rilasciato lui o uno qualsiasi dei suoi colleghi ancora in attività.

Marchisio è stato intervistato pochi giorni fa da Giulio Incagli di Cronache di spogliatoio, un progetto editoriale di racconto sportivo che sta avendo grande successo in Italia. Nel mese di febbraio Prima Comunicazione lo posiziona al secondo posto tra i media italiani per engagement – solo Sky Sport fa meglio.

È una community da oltre 1 milione e 200mila follower e i contenuti pubblicati sulle varie piattaforme sono visualizzati mediamente 13,6 milioni di volte al giorno. Il sito web riceve più di 5 milioni di visite al mese e da giugno 2020 è una testata giornalistica registrata al Tribunale di Firenze. Dietro il progetto oggi ci sono 16 redattori.

L’intervista all’ex centrocampista della Juventus e della Nazionale dura una quarantina di minuti, Marchisio parla a ruota libera di qualsiasi cosa, dalla Juventus agli infortuni, l’impegno fuori dal campo degli atleti e il suo articolo su Silvia Romano pubblicato sul Corriere di Torino. È un prodotto tipico di Cronache di spogliatoio: approfondimento calcistico che prova a prendere le distanze dalle tante community a tema nate sui social. Anche se è da lì che viene.

La prima versione della pagina era molto diversa da quella attuale: Stefano Bagnasco, il fondatore, voleva creare la prima community sul mondo del calcio giocato raccontando storie – appunto – di spogliatoio, le emozioni legate al calcio amatoriale, le partite a livello dilettantistico. Poi nel 2017 ha incontrato Giulio Incagli – giornalista classe 1994 – con cui ha deciso di ripartire da zero.

«Le nostre strade si sono incrociate nel 2017, pensavamo di fare un giornalismo 2.0», spiega a Linkiesta Giulio Incagli. «Partivo da un presupposto – aggiunge – ho un fratello di 10 anni più giovane e che non mi ascoltava quando andavo in radio, non aveva mai letto un mio articolo, non guardava la tv. Gli piaceva il contenuto calcistico più approfondito, proprio come me, ma ne fruiva poco. Prendeva solo quello che trovava sui social. E lì trovava solo pagine che associavano il calcio all’ignoranza all’ironia becera, al bomberismo».

L’idea era di intercettare quel segmento di pubblico giovane, legato ai social, a cui però mancava un punto di riferimento in termini di racconto sportivo.

«Non abbiamo il livello di approfondimento che può avere il New York Times o The Athletic, o in Italia Rivista Undici e Ultimo Uomo. Ma l’idea era di portare un prodotto di quel tipo a quella fascia di pubblico. Ovviamente ci sono dei compromessi: su Instagram trovi più contenuti Gen Z friendly, ma poi se apri i link delle e vai su YouTube, ad esempio, trovi interviste di un’ora. Che se vogliamo va anche un po’ controcorrente: Netflix ha messo addirittura la visione accelerata delle serie», dice Incagli.

Oggi Cronache di spogliatoio è presente ovviamente su Instagram e sul sito – testata giornalistica – poi anche su Twitch, YouTube, Facebook e un podcast. Lo scorso 16 marzo è arrivato anche il primo romanzo, firmato a quattro mani da Bagnasco e Incagli. Il titolo è, ovviamente, “Cronache di spogliatoio” (Mondadori), ed è già al nono posto nella classifica della narrativa italiana.

All’inizio non è stato facile riuscire a prendere le distanze dalle tante community nate sui social intorno alla metà degli anni Dieci: Cronache di spogliatoio si confondeva facilmente con le altre pagine, anche se provava a darsi un tono diverso.

«Per anni l’unica presenza dei calciatori in rete sono stati gli sketch sul fantacalcio. Per riuscire ad emergere abbiamo dovuto fare delle scelte nette: Stefano ed io ci siamo licenziati dal nostro lavoro e ci siamo concentrati solo su Cronache. Siamo partiti dalle sponsorizzazioni su Instagram, perché sapevamo di avere un contenuto valido, e perché crescere su lì era più semplice», spiega Incagli.

Poco dopo è arrivato il turning point della storia, con la cessione del 20% marchio a 21BE Srl, agenzia di soccer talent management che aveva tra i vertici della società anche i calciatori Luca Cigarini ed Emiliano Viviano. È da lì che il brand ha iniziato a espandersi: l’arrivo dei primi contatti per le interviste, soprattutto, e il passaparola che ha permesso di raggiungere altri calciatori.

«La vera vittoria è stata quando i giocatori hanno iniziato a contattarci per chiedere le interviste. Che è perfettamente nella logica del nostro progetto: Cronache vuole essere anche un salotto sicuro in cui il calciatore non si sente attaccato, a differenza dell’intervista post-partita dopo una sconfitta. Come hanno fatto Gollini e De Roon, evidentemente stufi di sentirsi chiedere solo del rinnovo di contratto o dove giocheranno l’anno prossimo», dice Incagli.

È probabilmente qui il vero merito di Cronache di spogliatoio: abbattere la barriera dei grandi club di calcio che spesso sono inaccessibili ai media tradizionali, o si rapportano con loro solo attraverso prodotti preconfezionati, standard e vincolati nella forma e nel contenuto.

E alcuni dei prodotti più originali sono proprio quelli nati dalla mente e dalla penna dei giocatori stessi. A inizio marzo il sito ha pubblicato una lettera emotiva firmata da Riccardo Saponara dal titolo “Saresti fiero di me”: un messaggio diretto e senza filtri al compianto Davide Astori, ex compagno di squadra dell’attuale giocatore dello Spezia. Pochi giorni fa hanno pubblicato un articolo autobiografico di Junior Messias, attaccante del Crotone che ha raccontato i suoi anni in Brasile, il lavoro nei cantieri nella periferia di Torino, il suo rapporto con la religione.

L’approfondimento e lo storytelling di Cronache di Spogliatoio sono ancora distanti dal prodotto giornalistico tradizionale. Soprattutto, manca ancora una presenza sul campo – nelle città e nei paesi, più che negli stadi – vera e propria che permetta di raccontare quel che si è visto con i propri occhi. Ed è proprio in questa direzione che vanno le ambizioni: «Il sogno – dice Giulio Incagli – è quello di internazionalizzare il brand e crearne una versione spagnola, inglese, francese e in altri posti d’Europa».

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