Tratto dall’Accademia della Crusca
Ci sono pervenute (e continuano a pervenirci) molte domande sulle espressioni direttrice d’orchestra e maestra del coro: sono corrette o è preferibile usare i nomi maschili anche quando si parla di donne che svolgono tali professioni?
Risposta
La questione di come denominare le donne che rivestono ruoli o svolgono professioni un tempo appannaggio esclusivo (o quasi) degli uomini è un tema che ricorre spesso sulle pagine dei giornali e nei dibattiti sui social, ogni tanto rinfocolati da qualche episodio mediatico o da certe dichiarazioni di personaggi pubblici (uomini o donne che siano), e probabilmente è destinata a durare ancora.
L’Accademia se ne è occupata diverse volte, nelle risposte pubblicate sulle pagine del servizio di Consulenza e in varie altre occasioni. Torniamo a trattarne, “a grande richiesta” (come si dice nel mondo dello spettacolo), dopo che Beatrice Venezi ha preteso e ottenuto di essere presentata da Amadeus, al 71° Festival di Sanremo, come “direttore d’orchestra” e non come “direttrice d’orchestra” (fatto già commentato, in varie sedi, anche da autorevoli linguisti). Ma parleremo anche della scelta tra maestro del coro e maestra del coro e, più in generale, dell’uso di maestro o maestra come allocutivi, indirizzati appunto a chi opera in ambito musicale.
Iniziamo col dire che tanto direttrice quanto maestra sono nomi femminili attestati già nell’italiano antico: maestra (come si ricava dal corpus OVI) si documenta, a fine Duecento, nei Fiori e vita di filosafi e d’altri savi e d’imperadori (1272-1275), in cui la storia è detta “maestra de la vita”; nel Libro dell’entrata e dell’uscita di una Compagnia mercantile senese degli anni 1277-1282, che parla di 14 denari dovuti “a la maestra rimendatrice per rimendatura de li panni”; nel fiorentino Bono Giamboni, che nel suo Libro de’ Vizî e delle Virtudi si rivolge più volte alla Filosofia personificata con l’allocutivo “Maestra de le (o delle) virtudi (o virtude)”. Quanto a direttrice, nel senso di ‘colei che dirige, che guida’, si incontra (nella forma diritricie o dirittricie) in un testo degli anni 1318-1320, il Reggimento e costumi di donna di Francesco da Barberino (cfr. la voce del TLIO).
Per venire a tempi a noi molto più vicini, nella scuola elementare postunitaria le maestre sono diventate ben presto più numerose dei maestri (e nella scuola per l’infanzia la maestra d’asilo, in passato detta maestra giardiniera, non ha praticamente mai avuto un corrispondente di sesso maschile). E nelle scuole elementari del passato non era neppure raro imbattersi nella direttrice didattica denominata come tale, sebbene in questo caso i direttori didattici siano stati, e a lungo, prevalenti, così come, del resto, i presidi nelle scuole superiori e nelle facoltà universitarie. Ora si parla, per tutte le scuole primarie e secondarie, spesso inserite in “istituti comprensivi”, di dirigenti scolastici e il problema del femminile si pone di nuovo, per la forma dell’aggettivo oltre che, come nel caso di preside, per l’articolo.
Dunque, la questione non sta nella correttezza grammaticale delle forme maestra e direttrice (che è fuori discussione) ma nell’appropriatezza del loro uso in certe espressioni e in certi contesti. In effetti non di rado tra nomi maschili e corrispondenti nomi femminili si è avuto uno squilibrio e l’uso dei femminili è stato considerato improprio o inopportuno per indicare certe cariche o certe funzioni per molto tempo occupate quasi esclusivamente da uomini, tanto che alcune delle stesse donne che oggi le ricoprono percepiscono il femminile come una sorta di deminutio (a volte, effettivamente, è usato per tale scopo da giornalisti maschilisti) e preferiscono essere indicate con il maschile. Così segretaria è decisamente raro, nel campo politico e sindacale, come femminile di segretario di partito o segretario di un sindacato; lo stesso si può dire, in ambito universitario, per direttrice come femminile di direttore di dipartimento o di direttore generale, come pure per professoressa ordinaria invece di professore ordinario (si veda al riguardo l’articolo di Miriam Voghera e Debora Vena, Forma maschile, genere femminile: si presentano le donne, in Genere e linguaggio. I segni dell’uguaglianza e della diversità, a cura di Fabio Corbisiero, Pietro Maturi, Elisabetta Ruspini, Milano, FrancoAngeli, 2016, pp. 34-51). Anche maestra ha un orizzonte d’uso più ristretto rispetto all’ampia gamma di significati propri di maestro: nel GRADIT il lemma maestra rinvia a maestro e qui si precisa che alcune delle numerose accezioni del maschile non prevedono l’uso del femminile.
Tuttavia, proprio in ambito musicale parliamo di maestra di musica, maestra di canto, maestra di pianoforte (una bella poesia di Marino Moretti si intitola La maestra di piano) e dunque non ci sarebbe nessun problema a usare maestra del coro o di coro. Eppure, perfino colei che in Italia è forse la più celebre rappresentante della professione, la compianta Mariele Ventre, indimenticata animatrice del piccolo coro dell’Antoniano di Bologna in tante edizioni del festival dello “Zecchino d’oro” (dal 1963 al 1995), nella voce di Wikipedia viene definita “direttrice di coro”.