Comincia una nuova faseDraghi bacchetta i partiti e comincia a parlare al paese

La prima uscita pubblica del presidente del Consiglio è senza dubbio un manifesto sulla sua comunicazione: «Non voglio promettere nulla che non sia realizzabile», ha detto. Ma il richiamo all’unità è la parte politica delle sue parole, pensate in particolare per Matteo Salvini e Andrea Orlando

AP Photo/Gregorio Borgia

Ancora una volta il Covid ha battuto la politica in velocità, le munizioni  – i vaccini – sono largamente insufficienti mentre il virus avanza e penetra nel profondo del Paese lasciando il governo abbarbicato alle promesse, ai «faremo», ai «potenzieremo». Superata la tragica barriera dei 100mila morti (100.103 per l’esattezza), l’Italia ha paura più o meno come un anno fa. È vero che Mario Draghi, da buon commander in chief, è riuscito in pochi giorni a cambiare la prima fila del suo esercito con la triade Gabrielli-Figliuolo-Curcio, assestando molto meglio il rapporto tra Roma e le Regioni e laddove è possibile intensificando le vaccinazioni anche grazie all’estensione di AstraZeneca agli over 65, ma è altrettanto vero che lo scontro decisivo contro il virus è ancora di là da venire, non prima di fine aprile comunque. 

Per tutto questo la percezione degli italiani è che sia un po’ tutto fermo, o meglio, che rispetto all’epoca di Giuseppe Conte poco o nulla si cambiato. Non è così – lo abbiamo detto in precedenza – ma il combinato disposto tra mancato arrivo dei vaccini e mutazione del virus ha cambiato le regole della partita a tutto sfavore del Paese e con una velocità tale da rendere subito vecchio, per dire, l’ultimo Dpcm. L’impressione è che siamo entrati in una fase nuova della lotta al Covid. 

C’è ancora più bisogno di un’impostazione “nazionale” della strategia, il che nella sostanza significa che il sistema dell’Italia a colori mostra ormai la corda: è quello che pensano alcuni degli scienziati del Comitato tecnico scientifico, ed è quello che probabilmente ritiene Roberto Speranza che non sarebbe sfavorevole a una zona rossa per tutto il Paese per un periodo di 2-3 settimane, il tempo giusto per abbassare la febbre del contagio in attesa dell’arrivo dei milioni di dosi di vaccini attesi per aprile. Probabile il cambiamento dei criteri per la determinazione dei colori delle Regioni.

Per esempio, alla lista dei nuovi criteri sui quali si sta ragionando per uniformare le regole in vista dell’adozione di misure più restrittive c’è il parametro dell’incidenza (il numero di positivi per 100.000 abitanti) fissato nell’ultimo Dpcm per disporre la chiusura delle scuole il limite potrebbe essere introdotto anche per far scattare la zona rossa in automatico. 

La gravità della situazione dovrebbe suggerire a Draghi di essere più presente sulla scena pubblica. Nei momenti drammatici il comandante si fa vedere, parla. E infatti ieri il presidente del Consiglio è apparso in video con un messaggio la cui frase-chiave è questa: «Non voglio promettere nulla che non sia realizzabile», che potrebbe benissimo essere il manifesto della sua comunicazione presente e futura.

Ecco perché il premier si guarda bene dal “piazzare” merce che ancora non ha a disposizione, limitandosi a sottolineare (e non è poco) che «nel piano di vaccinazioni, che nei prossimi giorni sarà decisamente potenziato, si privilegeranno le persone più fragili e le categorie a rischio. Aspettare il proprio turno è un modo anche per tutelare la salute dei nostri concittadini più deboli». E infine un po’ di fiducia: «La via d’uscita non è lontana». 

C’è stato però un altro elemento nel discorso di Draghi. Un elemento politico che sarà sfuggito agli interessati: «Questo non è il momento di dividerci o di riaffermare le nostre identità». Una frase certamente non buttata là a caso ma con tutta evidenza riferita a chi ogni giorno eleva un suo controcanto di partito (Salvini) e forse anche ai primi stridii che si odono in quella parte del Pd che non ha digerito il licenziamento dell’avvocato del popolo e l’insediamento dell’ex numero uno della Bce, l’area della sinistra che pur esssendo rappresentata al governo dal ministro del lavoro Andrea Orlando ha cominciato a bofonchiare sul presunto caso McKinsey visto come prima buccia di banana sotto i piedi del nuovo capo del governo.

Draghi dunque ha lanciato, seppure con la cautela che lo contraddistingue, un primo messaggino politico. E la sua comunicazione “fisica” conoscerà un altro passaggio importante il 18 quando sarà a Bergamo nella Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia di coronavirus. Non un giorno a caso: è la ricorrenza voluta dal Comune di Bergamo ad un anno esatto dalla presenza dei camion militari in città chiamati a portare via le bare che non trovavano spazio da nessuna parte. La scena più tremenda di questa guerra.