Mario Draghi nomina rapidamente esperti nelle posizioni chiave. All’opposto, il Partito democratico allontana da sé i pochi esperti che militano nei suoi ranghi: prima Maurizio Martina, esperto di agricoltura che se ne è andato alla Fao; poi Pier Carlo Padoan, esperto economista che ha preferito la presidenza di UniCredit al seggio in Parlamento; ora Marco Minniti, il migliore esperto di progettualità sulla sicurezza, con un ampio respiro internazionale, che ha preferito Leonardo alla Camera.
C’è un perché, c’è un metodo dietro a questa inusitata – e senza precedenti – serie di abbandoni del Partito democratico da parte dei suoi – ormai pochi – esperti. Ed è opposto al “metodo Draghi”.
Per capire questa patologia che sta colpendo il partito bisogna ricordare quanto disse Giuseppe Conte per spiegare perché non intendeva nominare l’Autorità Delegata ai Servizi. Il suo ragionamento era questo: non ho un partito e quindi non ho chi mettervi che abbia un rapporto fiduciario con me.
È questo il modo di ragionare di una setta, quale sono i Cinquestelle, quelli del “uno vale uno”, che nominarono premier lo sconosciuto Conte solo e unicamente sulla base del rapporto fiduciario tra lui e Alfonso Bonafede e che procedono per “clan” fiduciari (ferreo quello di Pomigliano gestito da Luigi Di Maio).
Per i Servizi, Conte si fidava solo di Gennaro Vecchione e ha tentato – maldestramente – di farne il dominus dell’intero comparto. Così ha fatto con Domenico Arcuri, al quale ha lasciato la carica in Invitalia (inclusa la grana Italsider) nonostante la sua più che mediocre prova come commissario anti Covid (inclusi i 119 milioni spesi per i banchi a rotelle e gli 8,6 milioni per i gazebo a forma di primula).
Il Partito democratico di Zingaretti nella sua breve ma intensa alleanza strategica con il Movimento cinque stelle, ha totalmente introiettato questo metodo da setta. Si è fatto egemonizzare anche da questo andazzo. Con la segreteria Zingaretti, per assumere posizioni di comando, non contano le competenze, anzi, ma i rapporti fiduciari interni alle sue correnti di maggioranza.
Al momento della formazione del governo giallorosso, ad esempio, la nomina a vice ministro dell’Interno di Emanuele Fiano, massimo esperto del settore, a tarda notte è stata sostituita con quella di Matteo Mauri, esperto di trasporti, solo perché la corrente di Martina era sotto rappresentata. E la nomina di Fiano era già concordata anche con la stessa Luciana Lamorgese.
Si è dunque completamente persa, stemperata, la lontana tradizione del Partito comunista italiano e della Democrazia cristiana, che affiancavano a politici di razza, una corona di esperti e tecnici di rango ai quali venivano offerti posti di comando.
Emarginati, inutilizzati, letteralmente senza nulla da fare tranne schiacciare il bottone del voto alla Camera, gli esperti e tecnici migliori del Partito democratico, vanno ora nella società civile dove gli vengono ovviamente offerti responsabilità e posizioni di comando apicali.
Opposto il metodo dell’ex governatore della Banca centrale europea: innanzitutto ha messo nei ministeri economici chiave e attorno a sé a Palazzo Chigi i migliori grandi commis che ha conosciuto nella sua lunga carriera al Tesoro, in Bankitalia e alla stessa Bce.
Poi, con una rapidità eccezionale, ha sostituito i dirigenti di tre postazioni strategiche per il contrasto alla pandemia. Alla Autorità Delegata ha messo Franco Gabrielli, il migliore esperto di sicurezza su piazza (col quale, crediamo, non ha mai avuto rapporti). Alla Protezione civile, ha dimissionato lo scialbo Angelo Borrelli, e ha messo Fabrizio Curcio, col compito di farne un caposaldo nel contrasto al Covid (pare incredibile, ma Conte e Arcuri non utilizzavano la protezione civile come baricentro contro la pandemia).
Esemplare il metodo scelto per sostituire Arcuri: Draghi ha chiesto a Lorenzo Guerini, ministro della Difesa, quale fosse il migliore esperto di logistica in Italia. Dunque, non conosceva minimamente Francesco Paolo Figliuolo, ma gli ha attribuito i poteri straordinari di commissario anti Covid semplicemente perché, di nuovo, è il migliore su piazza. Non stupisce, in conclusione, che a furia di farsi egemonizzare dai grillini e di introiettare la loro logica settaria e sconclusionata, e a furia di espellere i suoi migliori quadri, ora il Partito democratico ceda nei sondaggi a loro un secco 4% di favori e si attesti sul record storico negativo del 14%.
Uno vale uno. Appunto.