Le Regioni hanno chiesto a Mario Draghi un «confronto urgente» al governo sul piano vaccini. E il governo ha convocato i presidenti per lunedì pomeriggio. L’osservazione del presidente del Consiglio sui territori che nella campagna di vaccinazione trascurerebbero «i loro anziani» a favore delle lobby non è piaciuta affatto. E nella Conferenza Stato-Regioni di ieri i toni sono stati accesi.
«Una dichiarazione isolata non significa una critica serrata alle Regioni», dice il presidente della Regione Veneto Luca Zaia al Corriere . «Ma il fatto è che in questi giorni sentiamo una costellazione di dichiarazioni contro le Regioni. Noi oggi festeggiamo i 1.600 anni di Venezia, il sentir dire che è meglio centralizzare… beh, mi sembra una corrente di pensiero medievale, fuori dalla storia e fuori dalla Costituzione».
I presidenti delle Regioni hanno chiesto di parlare con Curcio e Figliuolo, che stanno per iniziare le ispezioni in tutte le regioni d’Italia per monitorare come sta procedendo la campagna vaccinale. A partire proprio dalle regioni rimaste più indietro.
Ma Zaia chiede al governo di tirare fuori i nomi delle amministrazioni che hanno seguito regole diverse da quelle indicate: «Siccome il piano nazionale lo devono seguire tutti, non sarebbe male sapere quali siano le regioni che hanno vaccinato le persone sbagliate». Però, aggiunge, «la differenza tra noi e Roma è una e sostanziale: noi siamo a bordo campo e abbiamo gli ammalati. Chi a Roma parla male dell’autonomia è in tribuna e non ha le responsabilità che abbiamo noi».
Per prima cosa, dice Zaia, «bisogna avere i vaccini. In secondo luogo occorre che le Regioni non si trovino sulle montagne russe con ordini e contrordini come invece è accaduto, e poi occorre avere il personale che fa le vaccinazioni. Da questo punto di vista, io dico: chi vuole, venga da noi a vedere. Però, se sono state cambiate le date di nascita di chi doveva essere vaccinato e poi sono stati aggiunti gli insegnanti, non è colpa delle Regioni».
La Conferenza Stato-Regioni di ieri è stata accesa. Zaia, Fedriga, Marsilio, Moratti, Toti e Fugatti hanno protestato per le critiche arrivate da Draghi. Lunedì ora si aspetta un incontro chiarificatore con il governo. «In molti hanno sottolineato ciò che ci ha reso il lavoro di vaccinare più difficile», racconta Zaia. «Abbiamo dovuto stornare degli anziani, poi dalle scuole… Se poi c’è qualcuno che si è comportato male, nome e cognome: perché si sappia, ma anche perché possa dire la sua».
Il presidente del Veneto precisa: «Io ho sempre avuto un rapporto di leale collaborazione con chiunque ci fosse al governo. Però, deve essere un accordo tra gentiluomini, certe dichiarazioni di quest’ultimo periodo non si possono sentire. Peraltro, noi veneti un ritorno al centralismo non lo accetteremmo mai. Se serve, siamo pronti a un altro referendum».
Nel nuovo piano vaccinale veneto, annuncia il governatore, «ciascuno saprà, sulla base della sua data di nascita, quando potrà andare a farsi vaccinare nel luogo più vicino a casa». La sperimentazione parte domenica in provincia di Treviso. «Chi è residente nella provincia ed è nato nel 1936, poco meno di 5.000 persone, potrà andare nel punto vaccinale più vicino. Sapendo che ogni mese ha la sua ora: chi è nato in gennaio alle 8 del mattino, chi in febbraio alle 9, chi in marzo alle 10… E così, via via, fino a chi è nato in dicembre, alle 20. Oltre all’inoculazione, le persone riceveranno il certificato di avvenuta vaccinazione e l’appuntamento per la seconda dose. Il tutto, con una “modalità di ingaggio” assolutamente meno dispendiosa e che evita i problemi degli appuntamenti telematici».
Certo, «all’inizio non sarà una passeggiata. Come diceva Michelangelo per fare la Pietà bisogna togliere tutto il marmo in più. Il nostro blocco è buono, si tratterà di affinare il sistema, ma se funziona è la chiave di volta per tutti gli altri vaccini». È un metodo «rivoluzionario», assicura.