Da oggi l’Unione Europea è una «zona di libertà per le persone LGBTIQ». Sono le parole testuali di una risoluzione approvata dal Parlamento Europeo. Pur non comportando effetti concreti immediati, la dichiarazione è un messaggio forte e chiaro ad alcuni governi nazionali, considerati recalcitranti a riconoscere i pieni diritti degli individui omosessuali, bisessuali e transessuali.
Diversi membri dell’emiciclo non esitano a definire questa decisione storica. «Oggi scriviamo nero su bianco che non c’è posto per l’odio in Europa e che ognuno può amare chi vuole» dice Petra De Sutter, vice-primo ministro del Belgio e primo membro transgender di un governo in Europa. Parlando a un seminario organizzato dopo la sessione plenaria, De Sutter fa capire come a questa dichiarazione debbano seguire atti legislativi mirati.
La risoluzione è infatti un testo non vincolante, che porta la questione sul tavolo di Consiglio, Commissione e parlamenti nazionali, ma non comporta nessun obbligo concreto. Rimane però la forte carica simbolica di una frustata istituzionale ad alcuni Stati membri: ogni riferimento non è per nulla casuale e per nulla velato.
Il testo approvato cita nelle sue premesse numerosi casi di violazioni dei diritti delle persone LGBTIQ in vari Paesi UE, dal mancato riconoscimento delle persone transgender in Ungheria al rifiuto della corte costituzionale rumena di una legge sull’insegnamento delle teorie di genere.
Non c’è dubbio che fra i principali destinatari ci sia la Polonia, già al centro di due inchieste del Consiglio d’Europa per l’istituzione di zone cosiddette “libere dall’ideologia LGBT” sul suo territorio. Oltre 100 fra regioni, contee e comuni polacchi hanno adottato dal 2019 misure apposite per bloccare finanziamenti a quelle organizzazioni che promuovono l’uguaglianza o l’insegnamento di teorie di genere considerate non ortodosse.
Di recente il segretario di Stato francese agli Affari europei Clément Beaune, autore di un coming out sulla sua omosessualità a dicembre, ha provato a visitare una di queste zone LGBT free in Polonia. Ma non è stato autorizzato a farlo: «Le autorità polacche hanno addotto ragioni di sicurezza legate alle misure sanitarie», ha detto Beaune. Dietro le motivazioni ufficiali legate alla pandemia da Covid19, però, ci sarebbe stata l’impossibilità di garantire la sicurezza dell’esponente politico.
La questione specifica è parecchio controversa, perché dal governo di Varsavia si nega ogni discriminazione, ma sicuramente fra l’esecutivo polacco e la comunità omosessuale del Paese non corre buon sangue. Gli esponenti politici, tra cui perfino il presidente della Repubblica Andrzej Duda, parlano apertamente di “ideologia” in relazione alle istanze degli attivisti LGBTIQ. I quali denunciano attacchi e repressione, arrivando a compilare un“atlante dell’odio” con tutti quei comuni che hanno adottato posture discriminatorie nei loro confronti.
«Quello che accade in Polonia è spaventoso: bandiere arcobaleno bruciate, attivisti attaccati per strada da estremisti di destra o arrestati dalla polizia. Sono in gioco i diritti fondamentali delle persone», dice Sara Matthieu dei Verdi/Ale a Linkiesta, ricordando i rischi per chi manifesta in nome dell’uguaglianza e valutando positivamente l’esito del voto. «Il fatto che sia un atto simbolico non significa che non sia importante. Per noi questo è solo l’inizio»
Deputati italiani su fronti opposti
Particolare soddisfazione per l’esito della plenaria arriva anche dal Movimento 5 Stelle e dal Partito Democratico. «La risoluzione è un passo rivoluzionario nella difesa dei diritti di tutti», ha commentato in una nota l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle Isabella Adinolfi.
Già nella terza e ultima puntata del podcast de Linkiesta “L’Europa è donna” due rappresentanti di queste delegazioni si erano espresse in maniera netta: «È importante lanciare un segnale politico per garantire su tutto il territorio comunitario parità di diritti e trattamento alle persone LGBTIQ», dice Laura Ferrara del M5S. Un monito importante a maggior ragione ora che l’esborso dei fondi europei è vincolato al rispetto dei diritti fondamentali, fa notare l’eurodeputata.
Sulla stessa lunghezza d’onda viaggia la parlamentare dem Alessandra Moretti. «Il Parlamento sta dicendo a tutte le persone LGBTIQ che è dalla loro parte. In alcuni casi questi individui si sentono discriminati per il loro orientamento sessuale e nei loro confronti sta aumentando un atteggiamento di intolleranza»
Non tutti i deputati del Parlamento Europeo sono però d’accordo con la definizione adottata. La risoluzione è passata con 492 voti favorevoli, 141 contrari e 46 astenuti. Tra chi ha detto no ci sono i rappresentanti della Lega e quelli di Fratelli d’Italia, con i rispettivi gruppi politici. Gli eurodeputati di Identità e Democrazia, inoltre, avevano presentato una risoluzione alternativa sul tema, bocciata a larga maggioranza dall’aula.
Nel testo, proposto tra gli altri dalle deputate leghiste Simona Baldassarre, Annalisa Tardino e Isabella Tovaglieri, si legge sì la “condanna di tutte le forme di violenza e discriminazione fondate sul sesso o sull’orientamento sessuale”, ma anche una difesa della legittimità delle proprie opinioni.
Alcuni punti richiamano tradizionali cavalli di battaglia dei partiti di ID: la condanna della maternità surrogata, la correlazione fra immigrazione di massa e comportamenti omofobi, l’individuazione del radicalismo islamico come fonte di problemi per le minoranze sessuali.
Viene ribadita pure la volontà di potersi esprimere in merito a matrimoni omosessuali e teorie di genere, senza essere per questo tacciati di omofobia. «L’Unione europea deve essere uno spazio di libertà per tutti e ciò include anche il diritto alla non discriminazione e il diritto alla sicurezza, nel rispetto delle scelte degli Stati membri e dei governi democraticamente eletti», dice a Linkiesta la deputata Annalisa Tardino.
«Non è la prima volta in cui alcuni gruppi strumentalizzano temi nobili, come quello della tutela dei diritti, per colpire avversari politici: in questo caso la Polonia», attacca la parlamentare. Su una cosa almeno, sostenitori e detrattori dell’Europa libera per le persone LGBTIQ sembrano d’accordo: sono i governi sovranisti dell’Est Europa l’obiettivo di questa dichiarazione.