Il big bang della politicaPrima di un nuovo partito serve una rivoluzione riformista

Per uscire dallo stallo degli ultimi anni è necessaria una rigenerazione della cultura liberaldemocratica, scrive Roberto Giachetti aderendo all’appello per l’unità dei riformisti

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Prima di un partito riformista ci vuole una rivoluzione riformista, la rigenerazione di una cultura liberaldemocratica che consenta al nostro Paese di uscire dallo stallo, si eccettuano gli anni del governo Renzi, in cui si trascina da decine di anni.

Offrire una visione di lungo periodo che sappia rappresentare un’offerta politica rivolta a quei milioni di elettori sparsi un po’ ovunque che non si riconoscono, o faticano a farlo, nell’attuale quadro politico. Attenzione, però, al rischio più grande: che tutto questo si riduca ad un gioco di palazzo.

L’avvento del governo Draghi rappresenta un vero big bang della politica (di cui oggi vediamo solo le prime avvisaglie) e che inevitabilmente porterà a cambiamenti, scomposizioni, evoluzioni e riaggregazioni anche a livello parlamentare.

Ma la parte determinante per il compimento di una vera rivoluzione riformista sarà legata alla capacità di aprire un vero cantiere dal basso che sia in grado di coinvolgere movimenti, associazioni, comitati e singoli cittadini nella costruzione di un progetto politico chiaramente alternativo (e potenzialmente maggioritario) ai due blocchi: quello “sovranista” (forse ridimensionato ma tutt’altro che svanito) e quello “populista democratico” (che si va sempre più delineando e strutturando).

Sia chiaro: l’alternativa non è di semplice posizionamento ma di radicale cambiamento culturale.

Offrire un nuovo paradigma appunto culturale, politico e di governo non sarà un pranzo di gala, comporterà il ripristino del ruolo centrale della politica, cioè quello di indicare soluzioni ed aggregarvi intorno il consenso degli elettori, dismettendo la pratica che via via è andata crescendo per la quale la politica si fa guidare dall’esigenza del consenso abdicando a qualsiasi capacità di guida.

Rivoluzionare vuol dire proporre ai cittadini una nuova visione e una marcata discontinuità a tutto campo, a cominciare “dallo stile e dal linguaggio” per dirla con Alessandro Barbano, rivitalizzando i concetti di competenza, merito, pari opportunità e rendendoli elementi indispensabili per una nuova stagione di formazione politica per le prossime generazioni.

Non meno rilevante per la definizione di una visione riformista dell’Italia sarà la chiara individuazione del metodo e dei campi di riforma.

Su alcuni capitoli come riforma del sistema sanitario, transizione ecologica e digitale, Fisco, pubblica amministrazione e giustizia civile, tutto lascia intendere che il lavoro che farà il Governo Draghi sarà in netta discontinuità con il passato e disegnerà una strategia in linea con i nostri obiettivi, ma dal welfare ai diritti civili, alla giustizia penale, al lavoro, alla de-statalizzazione, per arrivare ad una complessiva riforma dello Stato, il lavoro da fare è enorme.

Se vogliamo essere ambiziosi, e non ripetere errori del passato, dobbiamo attrezzarci misurandoci con gli importanti cambiamenti che si sono prodotti in Europa a seguito della pandemia. Un’Europa delle istituzioni nuova, che ha stupito nel saper cogliere la tragedia del virus per fare un salto di qualità, riportando in superficie il sogno di Adenauer, Rossi, Spinelli.

Anche la politica nel suo evolversi (ed in particolare chi vuole farsi carico di una rivoluzione riformista) deve prendere le misure con un progetto che punti alla realizzazione di quell’Europa Politica ancora, purtroppo, incompiuta.

Abbiamo davanti a noi due anni per lanciare un manifesto riformista per l’Italia, abbiamo due anni per consentire a tutti coloro che lo vogliono, singoli o in vario modo associati, di partecipare e contribuire in prima persona alla costruzione del cantiere della nuova politica.

È un obiettivo ambizioso che pretende da chi è più direttamente impegnato in politica un passo indietro e contemporaneamente uno in avanti. Il passo indietro impone la generosità, una qualità che in politica è cosi rara, accompagnando la costruzione di questo percorso senza pretendere di egemonizzarlo. Quello in avanti consiste nell’ambizione di guardare oltre gli steccati dei singoli partiti per consentire la vera realizzazione del più grande progetto politico degli ultimi 30 anni.

Saremo in grado di farlo? Questa in fondo è la nostra prima grande sfida, questo è quello che dovremmo avere l’audacia di proporre al Paese. E questa è la ragione per la quale ho deciso di aderire convintamente all’appello lanciato nei giorni scorsi da un nutrito numero di persone che hanno ancora voglia di crederci.

Per adesioni all’iniziativa di Milano: [email protected]

Per aderire all’appello: [email protected]