Nel 1957 la BBC realizzò un falso documentario per mostrare ai cittadini del Regno Unito da dove provenissero gli spaghetti. Il video racconta il momento della raccolta del più celebre formato di pasta dagli alberi del giardino domestico di una casa del Canton Ticino.
Si trattava di un clamoroso pesce d’aprile, mandato in onda, per l’appunto, il 1° aprile di quell’anno.
Per comprenderne l’eco, basti sapere che i centralini della BBC furono travolti dalle telefonate sia di chi chiedesse se fosse un falso sia da chi, invece, si informava su dove potersi procurare le sementi per quegli alberi.
Lo scherzo fu ideato da un cineoperatore austriaco memore di una frase ricorrente del suo insegnante per sottolineare la stupidità di alcuni suoi compagni di scuola che avrebbero, appunto, creduto a tutto, anche che gli spaghetti crescessero sugli alberi.
La scelta di una casa svizzera (il narratore specifica sul confine con l’Italia), a parte, forse, per motivi pratici di conoscenza degli autori, fu giustificata per mettere ancor più in evidenza come anche in casa si potessero coltivare gli alberi di spaghetti, mentre nella pianura padana si potevano trovare intere piantagioni dello stesso albero per la grande industria pastaia. «Niente di meglio – infatti, conclude il narratore – di un piatto di spaghetti coltivati in casa».
Fare scherzi il primo d’aprile è comune a tutte le culture, ma gli anglosassoni, maestri di humour, si sono sempre distinti per idee che si fanno ricordare e che non si limitano a gabbare pochi amici, ma, potendo, un’intera nazione. Non solo, lo scherzo, mai visto prima, fu mandato in onda in Australia dieci anni dopo, con il risultato che, per lungo tempo in quelle lande credettero ancora alla storia degli Alberi di Spaghetti.
Interessante vedere questo documentario con gli occhi di oggi, con il mondo e i suoi accadimenti, sempre sotto la lente di una comunicazione globale e senza interruzioni, dove, nonostante ciò, e, forse, proprio per l’eccesso di informazioni a cui siamo costantemente sottoposti, diventa sempre più difficile riconoscere la verità e risalire alle fonti.
Il gioco innocente ideato da quegli autori così burloni e messo in atto grazie alla complicità di quello che, forse, era il mezzo di informazione più autorevole dell’epoca, utilizzando, peraltro, una delle voci narranti più riconosciute e rassicuranti, racconta a noi, uomini di oggi, tante cose.
Perché è facile, adesso, pensare a come fossero creduloni i nostri avi inglesi.
Andiamo con la memoria a quel periodo storico.
La pasta che si conosceva all’estero era perlopiù quella in scatola, già pronta e condita, difficilmente le scatole dei vari formati che l’Italia produceva attraversavano i nostri confini. Gli Spaghetti erano considerati un prodotto esotico e pochi potevano sapere che la pasta in realtà fosse il risultato di un impasto di acqua e farina.
Inoltre, il documentario è fatto bene, illustrando come plausibile la crescita della pasta sugli alberi, come un frutto qualsiasi. Si racconta che per avere un buon risultato alla vista e al tatto, dopo vari tentativi infruttuosi di cuocere gli spaghetti e appenderli, l’idea migliore fu inumidirli da crudi in un canovaccio per poi stenderli sugli alberi. In questo modo, anche la raccolta a mano, il passaggio nei cesti e l’asciugatura sui panni erano convincenti. Così come il finale con il cesto portato direttamente al ristorante per una cottura del prodotto fresco. Insomma, sembra quasi che, a distanza di più di sessant’anni gli autori volessero prendersi gioco anche di tutto il circo del cibo e dei suoi eccessi di oggi.
Ma, un’altra cosa degna di nota, è leggere fra le righe l’importanza che fin da allora la cucina italiana poteva fregiarsi di avere in tutto il mondo. Raccontare il territorio e i suoi frutti a cittadini abituati a cibarsi di pronti in scatola era l’esordio di una narrazione che è il vero grande tesoro del nostro Paese.