Il primo ministro bulgaro Boyko Borisov può tirare un (piccolo) sospiro di sollievo. Il suo partito, Cittadini per uno Sviluppo europeo della Bulgaria (Gerb), si è aggiudicato il 25,7 per cento dei voti ed è giunto al primo posto alle elezioni parlamentari svoltesi domenica in Bulgaria. Il Partito socialista bulgaro (Bsp) si è dovuto accontentare della medaglia di bronzo e ha ottenuto il 14,8 per cento dei voti. C’è Una Persona Così (Itn), partito populista del conduttore televisivo Slavi Trifonov, ha invece sorpreso tutti e ha raggiunto il 18,3 per cento dei consensi mentre il Movimento per i diritti e le libertà, votato dalla minoranza turcofona, si è attestato al 9 per cento dei voti. Più staccati, Bulgaria democratica (10 per cento) e, con meno del 10 per cento dei voti, la coalizione di sinistra Ribellatevi! Fuori la Mafia e la destra radicale del Movimento patriottico bulgaro. I dati fanno riferimento allo scrutinio del 66.9 per cento dei voti espressi.
Il partito Gerb, ideologicamente di centro-destra è al potere dal 2009 salvo una breve interruzione, si definisce come cristiano/democratico/conservatore e si ispira all’Unione cristiano democratica della cancelliera Angela Merkel. Borisov, giunto al terzo mandato da primo ministro, potrebbe avere qualche difficoltà a formare il governo perché i partiti rivali, tre dei quali sono esplicitamente anti-Gerb, si sono impegnati a non entrare in un esecutivo da lui presieduto.
L’instabilità, però, è uno scenario da evitare perché potrebbe minare le capacità della Bulgaria di ricevere la propria parte di aiuti del NextGenerationEu e potrebbe allontanare gli obiettivi di aderire allo Spazio Schengen e all’Eurozona entro il 2024. Il partito del neofita Trifonov, basato su una piattaforma politica anticorruzione e che tra le sue proposte ha l’elezione diretta di una serie di cariche amministrative dello Stato, potrebbe trasformarsi nel proverbiale ago della bilancia in grado di spostare gli equilibri in un senso o nell’altro.
Non è escluso che, in caso di stallo politico prolungato, si possa andare verso nuove elezioni in autunno, ovviamente Covid permettendo. La pandemia sta colpendo con durezza la Bulgaria, che in questo momento ha il secondo tasso di mortalità più alto d’Europa e il cui livello di infezioni sta crescendo in maniera significativa. Negli ultimi sette giorni Sofia ha registrato una media di 3.670 casi al giorno, il triplo di quelli che venivano segnalati appena un mese fa e, per far fronte alla situazione, sono state introdotte alcune restrizioni.
A partire dal 22 marzo, per un periodo di dieci giorni, sono stati chiusi ristoranti, negozi non essenziali nei centri commerciali, palestre, piscine, cinema, teatri, musei, scuole e sono stati posti limiti (blandi) agli incontri tra privati. La maggior parte delle restrizioni è stata eliminata a partire dal primo aprile, in linea con l’atteggiamento di Borisov che si è mostrato riluttante a imporre lockdown impopolari poco prima delle elezioni. Le cose, però, non sono andate sempre in questo modo.
La Bulgaria è riuscita a rimanere quasi indenne al contagio provocato dalla prima ondata di Covid-19 grazie a un lockdown introdotto nella prima fase dell’epidemia e che le ha consentito, fino a giugno del 2020, di avere poche decine di casi al giorno. L’estate è trascorsa in maniera relativamente tranquilla ma quando le cose sono peggiorate, a ottobre, il governo non ha optato per le azioni di contenimento. Per non provocare danni all’economia, ovviamente, ma anche per evitare di fomentare quei manifestanti che per mesi sono scesi in piazza e lo hanno contestato con durezza al punto da minarne l’autorità.
All’inizio di dicembre il sistema sanitario bulgaro, indebolito dall’emigrazione che da anni ne colpisce i lavoratori, è stato quasi sopraffatto dal forte aumento dei casi. Il governo si è dimostrato incapace di aiutarlo, agendo troppo poco, evitando coprifuochi o chiusure in casa dei cittadini, e troppo tardi. Gli elettori bulgari non sembrano riporre molta fiducia nelle scelte compiute dall’esecutivo. Basti pensare che un sondaggio, realizzato alcuni mesi fa, evidenziava come ben il 74 per cento dei cittadini non si fidasse dell’approccio scelto dalle autorità regionali e locali per affrontare le conseguenze economiche e sociali della crisi.
Il prodotto interno lordo della Bulgaria è crollato del 4,2 per cento nel 2020 e, secondo le stime della Banca mondiale, non tornerà al livello pre-crisi prima del 2022. Le previsioni per il 2021, che vedono una crescita del 2,6 per cento, sono già state riviste al ribasso (dello 0,7 per cento) rispetto a quanto stimato a gennaio. La campagna vaccinale è la più lenta tra quelle messe in atto dai Paesi dell’Unione europea: alla fine di marzo, poco più del 4 per cento della popolazione aveva ricevuto una dose del vaccino e solamente lo 0.99 per cento dei bulgari ne aveva ricevute due.
La mancanza di farmaci e un certo scetticismo nei confronti della vaccinazione ha provocato effetti paradossali, come il fatto di non considerare anziani e malati cronici come soggetti prioritari da immunizzare. Si è invece scelto di puntare su medici e insegnanti ma con risultati deludenti e quanto accaduto avrà effetti tanto in termini di gradimento elettorale quanto nella capacità di allentare le misure restrittive.
Il problema più serio che affligge il quadro politico bulgaro è l’assenza di alternative valide a Borisov e ai suoi alleati. Le proteste anti-governative non hanno dato vita a una piattaforma politica dotata di una strategia coerente e il disincanto nei confronti del primo ministro, seppur presente, è sterile. I bulgari hanno poca fiducia nei partiti, nel Parlamento e probabilmente nella possibilità di cambiare le cose attraverso il proprio voto. A beneficiarne, negli ultimi mesi, è stato proprio Borisov, che è riuscito a sopravvivere conscio delle imminenti elezioni e di quanto fosse improbabile uno sconvolgimento degli equilibri. La situazione che si è venuta a creare è poco sana dal punto di vista politico perché chi sa di avere poco da perdere può anche essere poco stimolato ad agire per cambiare qualcosa.