Cancelletti cultureAlessandro Cecchi Paone è la più poderosa metafora dell’Italia del 2021 (non è un bene, diciamo)

L’era in cui si diventa interlocutori ufficiali del presidente del Consiglio per aver creato l’hashtag #MarioRispondi racconta l’incubo nel quale siamo finiti, dove persone in teoria serie perdono tempo ed energia a inseguire gli influencer

LaPresse - Claudio Furlan

Può Alessandro Cecchi Paone essere la più poderosa metafora dell’Italia del 2021? Sì, il Cecchi Paone dell’Isola dei famosi, quello che parla ai rotocalchi delle sue preferenze sessualsentimentali, quello che sul palco dei Telegatti cazzia Daria Bignardi perché il premio culturale spettava a lui, mica a lei – e in effetti, vent’anni dopo, è evidente che l’Italia non è affatto culturalmente plasmata dal primo Grande Fratello, perdindirindina: la storia ha senz’altro dato ragione ad Ale. 

«Mi risponda qua, visto che non mi risponderà mai su Instagram», ha detto ieri Cecchi Paone, dopo che a un qualche a me oscuro titolo gli era stata data la parola nel corso della conferenza stampa di Mario Draghi, dopo che aveva fatto presente il proprio ruolo di creatore del cancelletto «Mario, rispondi» (i cancelletti non hanno virgole, gliene regalo una io), e subito prima di chiedere «quando ce la dà», oggetto sottinteso la banda larga (per fortuna Draghi è maschio, sennò sai le battute cochon che toccava censurarsi). 

L’Italia del 2021 è quel posto in cui, quando senti qualcuno rimproverare un adulto con le parole «visto che mi risponderà mai su Instagram», sospiri di sollievo per l’eccezione: stanno rimproverando una persona seria, uno che non passa le giornate a pigiare cancelletti. 

Mario Draghi ha 73 anni, e se non avessimo tutti perso la testa non ci verrebbe mai in mente di sottolineare che non frequenti i social. Qualche anno fa, Paolo Sorrentino rispose a un giornale che gli chiedeva conto di non so più quali commenti che lo riguardavano sui social dicendo che lui non li frequentava; lo disse con una frase che cito a memoria spero non troppo imprecisamente: io sono una persona seria, lavoro tutto il giorno. All’epoca mi sembrò d’insostenibile trombonaggine, ma la vita è quella cosa che s’incarica di dimostrarti che non hai capito niente di niente, e se qualcuno ha il numero di Sorrentino oggi vorrei scusarmi: aveva ragione lui. Ma tantissima proprio. L’ho capito mille volte negli ultimi anni, e almeno cento ieri. 

Ieri, quando Alessandro Cecchi Paone, 59 anni, ha detto senza apparente imbarazzo d’essersi inventato un cancelletto, tale e quale a una di noi sceme che guardando Sanremo cancellettiamo #FavinoNudo, solo che lui l’ha fatto per chiedere al presidente del Consiglio d’occuparsi della digitalizzazione del paese durante una conferenza stampa ufficiale, mica dal divano mangiando le patatine, giacché sono completamente saltati i codici comunicativi, per non parlare di quant’è morto il contesto. 

Ieri, quando Carlo Calenda, quarantasettenne capo di partito, deputato europeo, e candidato a sindaco di Roma ha fatto un video in romanesco per rispondere ad a me oscure accuse mossegli da Damiano Er Faina. L’ho dovuto cercare su Google, perché perfino io ho meno tempo da perdere e più senso del ridicolo degli adulti della politica italiana, e neppure io riesco quanto loro a star dietro a tutto il demi-monde e i cancelletti. Damiano Er Faina è uno che fa video parolacciari in romanesco, e ha partecipato a Temptation Island, mi dice Google. Non mi dice che è un interlocutore della classe dirigente, ma questo purtroppo l’ho appreso guardando i tweet di Calenda. 

Ieri, mentre cercavo d’immaginarmi un De Gasperi che interagisce con un Damiano Er Faina, ma mi censuravo per non sembrare quelli che postano foto di Berlinguer in giacca e cravatta in spiaggia. Ieri, mentre mi dicevo che oggi Berlinguer andrebbe in spiaggia tatuato e De Gasperi non oserebbe ignorare il Faina e il suo milione di follower. Ieri, mentre uno che di follower ne ha a malapena ventimila (e neppure il Telegatto culturale) faceva una domanda durante la conferenza stampa del presidente del Consiglio. 

Ieri, mentre Simone Pillon (senatore quarantanovenne, per brevità: lo Zan di destra, quello che esiste solo finché esistono dibattiti politici su cosa fare del contenuto delle proprie mutande) twittava un penzierino con le zeta alla fine d’ogni parola, ed era il suo modo d’irridere il nome di Fedez (marito di Chiara Ferragni e influencer, schieratosi a favore della legge Zan; soprattutto: trentunenne, cioè l’unico dei qui nominati, assieme al Faina, che non sia totalmente fuori luogo nel passare le giornate sui social). Certo, meno male che uno il cui spirito di patate s’articola nello storpiare i nomi non deve guadagnarsi la vita facendo il comico o dirigendo un quotidiano, però se magari anche a lui, come a tutti gli adulti in politica, leviamo i social, facciamo un passettino verso la civiltà, e domani sarà meglio di ieri. 

Di ieri, quando due esponenti del Pd milanese portavano le loro seggioline pieghevoli davanti al consolato turco, sperando di diventare almeno trending topic con la loro difesa di Ursula Von der Leyen disonorata con onore. Ieri, mentre eravamo tutti così impegnati a cancellettare indignazione da non chiederci se non fosse plausibile che a un incontro del genere ci fosse un protocollo, se chi si sedeva dove non fosse stato stabilito in anticipo, se in caso d’imbarazzo la responsabilità non fosse di coloro che lavorano nella squadra che organizza gli incontri della signora sul divano; ieri, mentre trattavamo un divano come fosse un genocidio; ieri, mentre non sospettavamo che la signora in questione potesse non esser contenta d’essere oggetto di conversazioni sulla maleducazione di non farla sedere, neanche fosse una miss lasciata senza mazzo di fiori invece che un’istituzione. 

Ma pure l’altroieri, mentre Enrico Letta twittava «La sedia di #vonderLeyen diventa la bandiera dei valori europei e la vergogna di #Erdoğan», neanche stessimo parlando d’una Thonet sfondata da un ospite irrispettoso della storia del design. Ma si può non twittare, essendo un segretario di partito cinquantaquattrenne? Certo che no, anzi ringraziate che Letta non faccia i balletti su Tik Tok – non ancora, almeno. 

E comunque sull’Instagram di Cecchi Paone campeggia un conto alla rovescia per quando pubblicherà il filmato di Draghi che gli risponde, a lui, al cinquantanovenne che col telefonino riprendeva il presidente del Consiglio che gli rispondeva, a lui proprio a lui; tale e quale alla tredicenne che racconta che, quando ha incontrato Ronaldo, gli ha chiesto se per favore la seguiva su Twitter.

C’è un nuovo cancelletto, sull’Instagram di Ale. C’è scritto «Mario ha risposto». Puoi stare lontano dai social, ma i social si prenderanno comunque la confidenza che non hai concesso loro.

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