Brexit e altri disastriDavid Cameron è diventato un lobbista di (in)successo

L’ex premier ora guadagna più di quando era a Downing Street. Secondo il Times avrebbe usato canali privilegiati per fare pressioni sul governo britannico per conto della Greensill Capital, una finanziaria fallita da poco. «La relazione fin troppo intima tra politica e denaro è il prossimo scandalo pronto a scoppiare», ammoniva nel 2010

LaPresse

«Il più grave scandalo lobbistico di questa generazione» lo definisce il Times, cui si deve l’inchiesta che ha scoperto il caso. L’ex premier David Cameron ha fatto, in più occasioni, pressioni sul governo britannico per conto della Greensill Capital, una finanziaria cui fa da consulente e nella quale ha investito. Da Downing Street, in mano a un partito conservatore ormai diverso da quello di Cameron, Boris Johnson ha annunciato un’indagine formale «approfondita e tempestiva» sui contatti tra i ministri e l’ex premier. Sono coinvolti nomi di primo piano. 

A rendere ancora più corrosivo il dossier per l’opinione pubblica c’è il fatto che le interferenze hanno riguardato il National Health Service (NHS), il servizio sanitario nazionale, per la proposta del gruppo privato d’introdurre un pagamento giornaliero o settimanale, invece dello stipendio mensile, per medici e infermieri. A queste categorie è stato negato un riconoscimento (l’aumento salariale è stato dell’1%) nonostante l’eroismo e gli applausi della politica durante la pandemia. 

La Greensill è fallita a marzo, mettendo a rischio – tanto era ramificata – 55 mila posti di lavoro nel mondo. L’avvicinamento numero zero risale a prima del coronavirus, quando la società è già in crisi. Nell’ottobre 2019 Cameron organizza un incontro tra il fondatore Lex Greensill e il ministro della Sanità, Matt Hancock. Solo un drink informale, ma due mesi prima all’esecutivo è stata proposta una collaborazione sul sistema di pagamento ai dipendenti e Hancock ha commissionato una perizia. A quello scambio di e-mail partecipa un lord, David Prior, che è stato al vertice della branca inglese (la più importante) dello NHS e ministro ai tempi del governo Cameron, quando lo stesso Greensill era senior adviser del premier con ufficio a Downing Street. In virtù del suo passato, Prior garantisce incontri con i vertici della sanità pubblica. 

Mesi dopo, siamo ad aprile 2020, un troncone dello NHS, lo Shared Business Services, avvia un progetto pilota con una start-up di proprietà della Greensill, con la prospettiva di estendere poi la sperimentazione a tutto l’organico. Sono 400 mila i lavoratori che usano quei servizi: questa platea può scaricare la app per scegliere come e quando ricevere la busta paga. La società privata anticipa i soldi dell’accredito e poi li chiede indietro allo NHS, ma secondo le ricostruzioni del Times il piano era lucrare trasformando questi micro crediti in bond da rivendere sul mercato internazionale. 

Viene abbordato anche un altro ministro del governo Johnson: Rishi Sunak, astro nascente dei conservatori, oltre che titolare delle Finanze è anche consigliere speciale di Boris. A lui Cameron manda una e-mail alla vigilia della bocciatura da parte del Tesoro della richiesta della Greensill di accedere ai prestiti d’emergenza per salvare l’economia compromessa dal lockdown. In quelle righe l’ex primo ministro cerca di spostare dalla sua parte il verdetto: sarebbe «da pazzi», scrive, un’esclusione della firm che rappresenta. Gli invia anche messaggi sul cellulare, Sunak risponde. Funziona. A giugno 2020, la Greensill beneficia – è una mosca bianca, tutte le altre sono banche – dello schema governativo. 

In un comunicato, Cameron si è difeso dicendo di non aver violato alcuna legge (e pare vero), anche se ha ammesso che è stato un errore contattare via e-mail e messaggistica privata un ministro invece di passare dai canali ufficiali. Il suo predecessore a Downing Street, il laburista Gordon Brown, ha proposto un divieto di cinque anni, invece degli attuali due, prima che gli ex ministri possano riconvertirsi come lobbisti. Un ruolo che costituisce, non solo nel Regno Unito, a volte uno sbocco naturale della carriera politica. 

Ma la contiguità solleva domande. Non c’è dubbio che Cameron possa ancora contare su buoni agganci tra i Tories che ha riportato al governo e guidato per un decennio (dal 2005 al 2016). Ha cominciato il suo rapporto professionale con la Greensill nel 2018, due anni dopo le dimissioni, rassegnate all’indomani della sconfitta al referendum sulla Brexit. Tiepido europeista, il premier aveva trascinato il Paese alle urne anche per cercare di ricompattare il partito conservatore, ostaggio delle frange euroscettiche. 

Poi, Cameron è diventato conferenziere dietro compenso. Guadagna più ora di quand’era primo ministro (il salario standard si aggira sulle 143 mila sterline, l’equivalente di un paio di speeches). Non è chiaro quanto abbia investito nella Greensil (si parla di cifre a sei zeri, lui smentisce), ma a un amico avrebbe confidato di sperare in ricavi da milioni di dollari grazie alle manovre che la stampa britannica ha denunciato.  Oltre alle numerose cariche benefiche, come la presidenza di Alzheimer’s Research UK dal 2017, Cameron ha collezionato alcune consulenze: tra le altre, nella multinazionale di software e big data Afiniti, nella First Data Corp con sede in Georgia negli Stati Uniti e nella bio-tech Illumina. Ha scritto un libro di memorie, For the Record, che secondo il Guardian gli è valso un contratto da 800 mila sterline. 

Le prime vere ombre sulla sua biografia adulta (sorvoliamo sull’aneddotica giovanile del «piggate») si sono addensate tutte insieme, oggi. Lo scandalo chiama in causa anche il premierato di Cameron, perché il suo attuale socio Lex Greensill dal 2012 al 2016 ha avuto accesso a undici dipartimenti del governo britannico. Lo stesso uomo che un anno fa si presentava come salvatore della patria «offrendo» uno strumento per «pagare subito» gli eroi in corsia. Fallita, la società diventerà insolvente dopo aver ricevuto milioni di sterline dei contribuenti. Quando era advisor a Whitehall, Greensill non era retribuito, ma i suoi servigi hanno presentato il conto in ritardo.  

«La relazione fin troppo intima tra politica e denaro è il prossimo scandalo pronto a scoppiare», ammoniva Cameron nel 2010. È quella che gli inglesi e i sociologi chiamerebbero self-fulfilling prophecy. Una previsione che si è avverata undici anni dopo, trascinando con sé una parte dell’élite al potere da allora. Questo establishment è stato accusato di aver «privatizzato lo NHS di nascosto» e ha premiato con contratti e commesse statali le aziende più vicine al potere. «Chumocracy» lo hanno chiamato i giornalisti, cioè il dominio di chi proviene dallo stesso background e dalle stesse scuole e università (di solito Eton e Oxford). Un difetto congenito che ancora una volta i conservatori non riescono a smentire.  

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