Democrazia a distanzaTutte le gaffe dei politici collegati via zoom

Quando al parlamento estone viene data la parola a un deputato del partito conservatore Isamaa, Tarmo Kruusimäe compare sdraiato sul letto. Invece dei dossier brandisce una sigaretta elettronica. Non è stato l’unico. C’è anche chi ha officiato in mutande una seduta della commissione Agricoltura del Parlamento europeo

Tarmo Kruusimae

La politica è colpita dagli stessi cortocircuiti che funestano la didattica a distanza, con la differenza che i parlamentari sono retribuiti meglio. In questa «nuova normalità» di smart working, chiamate collettive da girone dantesco e VPN capricciose, anche la democrazia elettiva si è confrontata con le riunioni virtuali: non ha rischiato di morire sotto lo scroscio di una connessione internet, ma il campionario offre scene da tragicommedia. Nessuno è immune da questi incidenti, deliziando un pubblico di norma non più esteso dei colleghi; il problema delle sedute legislative è che sono trasmesse in streaming e poi vengono archiviate. A futura memoria. 

L’ultimo caso arriva dall’Estonia. Il 15 aprile, all’ordine del giorno c’è la neutralità climatica entro il 2035. Viene data la parola a un deputato del partito conservatore Isamaa per una domanda, ma quando arriva il suo turno, Tarmo Kruusimäe compare sdraiato sul letto. Invece dei dossier brandisce una sigaretta elettronica. L’unico contributo acustico al dibattito non proviene dalla sua voce, resta zitto senza rendersi conto di essere collegato, ma dalla musica che sta ascoltando. Un paio di volte in pochi secondi, il vicepresidente lo invita a intervenire. In risposta, una nuvoletta di fumo. Così si passa al successivo oratore iscritto. 

 

Kruusimäe è un ex rocker punk, siede nell’assemblea dal 2017 con uno stipendio da 4 mila euro al mese: nella sua seconda vita sembra aver mantenuto l’inclinazione al «relax and chill». In patria si è giustificato così: «Sono le gioie e i dolori del lavoro da remoto». Ha ribadito il suo rispetto verso il Riigikogu (la Camera estone) e ha concluso sospirando uno «Shit happens» per cui non serve traduzione. Una «sfortuna» che lo accomuna, però, a tanti colleghi di tutto il mondo. 

 

Il canadese William Amos ha fatto di peggio. È apparso nudo durante il Question Time con il primo ministro (del suo partito) Justin Trudeau. Amos si è subito scusato: la videocamera, è la sua ricostruzione, è stata accesa per errore mentre lui si stava cambiando in ufficio dopo una corsa. Dietro di lui, la bandiera canadese e quella del Quebec, il suo collegio. L’opposizione l’ha bacchettato con ironia: «Oggi abbiamo scritto un nuovo record: abbiamo visto un onorevole vestito in maniera inopportuna, cioè senza vestiti. Si nota che è in ottima forma, ma gli andrebbe ricordato cosa è appropriato». Il dress-code imporrebbe giacca e cravatta, ma anche i più refrattari al cerimoniale non avevano osato presentarsi in deshabillé.

Stessa dinamica per la senatrice messicana Martha Lucia Micher, a maggio di un anno fa. Si è cambiata, restando senza maglia, durante un incontro con la Banca del Messico aperto ai giornalisti. La 66enne ha spiegato che ancora non padroneggiava la tecnologia e, da presidente della commissione per l’Eguaglianza di genere, ha contrattaccato: «Non mi vergogno d’aver mostrato per sbaglio parte della mia intimità, perché è esattamente l’idea che una donna sia “solo il suo corpo” che ha permesso e fomentato l’oggettivizzazione delle donne contro cui ho sempre combattuto». Ha raccolto solidarietà unanime. Micher ha trasformato così una potenziale gaffe in un messaggio politico. 

 

Sempre in Messico, ma al Congresso, una deputata della stessa formazione (il Movimiento Regeneración Nacional del presidente Andrés López Obrador) ha fatto finta di seguire un incontro su Zoom piazzando una sua foto. Con un espediente non troppo originale, ormai un classico del genere, Valentina Batres Guadarrama ha impostato come sfondo virtuale un suo ritratto. Solo che poi ha indugiato di fronte alla telecamera ed è stata scoperta per lo sdoppiamento: si è sovrapposta al suo finto piano d’ascolto. Quel background è stato messo inavvertitamente, s’è difesa Guadarrama, e poi lei si è alzata per andare a chiedere aiuto. In ogni sessione la presenza dei deputati viene verificata con le impronte digitali, ma proprio come in aula i momenti di massima affluenza si registrano durante l’appello e alle votazioni. 

 

La copertina del New Yorker del 7 dicembre ha riassunto lo Zeitgeist: una donna seduta alla scrivania per un aperitivo digitale mentre il resto della stanza, quello che non viene inquadrato dal pc, è disastrato nel disordine. La scansione da mezzobusto dell’outfit è un altro tratto di quest’epoca di camicie sopra pantaloni della tuta e pantofole. Deve aver pensato lo stesso l’europarlamentare irlandese Luke Flanagan, che a giugno 2020 ha officiato una seduta della commissione Agricoltura seduto sul letto in mutande. Anche lui ha detto di essere reduce dal jogging. Per salvarsi, gli sarebbe bastato girare il telefonino, invece di tenerlo verticale. 

A settembre, Juan Emilio Ameri si è dimesso dalla Camera dei Deputati argentina dopo essere stato beccato in compagnia dell’amante. Sposato e con tre figli, di fatto si è messo nei guai da solo, perché ha dimenticato di spegnere la webcam. La seduta viene interrotta per le effusioni tra i due, «incompatibili con il decoro delle istituzioni». Ameri è sospeso e rischia l’espulsione. «Si getta discredito sull’intera classe politica», la censura del presidente della Camera, Sergio Massa. Tra i precedenti, pennichelle davanti al computer e sorsi di whiskey

Anche a livello locale ci sono state ricadute. Nel Regno Unito, uno dei video più visti a febbraio ha portato alla ribalta il minuscolo consiglio parrocchiale di Handforth, 6.200 anime, per una litigata tra anziani che è un compendio di inquadrature fatte male e Inghilterra di provincia, ma soprattutto una fotografia dell’umore della gente durante il lockdown. Un capitolo a parte sono le intrusioni durante le assemblee. Memorabile quella del giornalista olandese Daniël Verlaan, che a novembre si è intrufolato nel consiglio europeo tra ministri della Difesa, segnalando le criticità nella sicurezza informatica dell’Ue (un membro della delegazione di Amsterdam aveva twittato una foto dove si leggevano cinque delle sei cifre dell’indirizzo web, al reporter è bastato indovinarne una). 

 

La pandemia ha aperto una finestra nelle stanze – e in un certo senso nelle vite – dei politici come mai prima. Tra librerie d’ordinanza e fondali di cartone con i loghi di partito, paccottiglia e modernariato, c’è persino chi non mette a fuoco lo sfondo come un vlogger degli anni duemiladieci. La dad, intesa come democrazia a distanza, ha avuto almeno questo merito: ha avvicinato l’«élite» ai cittadini. Nel senso che fuori dal palazzo, da casa propria, la distanza tra un senatore e un comune utente impacciato si azzera. Siamo tutti uguali, davanti alla legge e alle iconcine. 

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