A metà giugno mezza Italia potrebbe essere bianca, con 12 Regioni e una Provincia al livello minimo di restrizioni. Con i dati di venerdì prossimo – come scrive Repubblica – potrebbe cominciare il conto alla rovescia. Ma i governatori regionali ora vogliono evitare l’«effetto Sardegna» e chiedono una zona bianca «rafforzata».
La proiezione dei dati settimanali per tutte le regioni dà un valore inferiore, nel periodo tra il 20 e il 27 maggio, ai 50 casi settimanali per 100mila abitanti. Se invece si calcola l’incidenza a sette giorni, ci sono ancora regioni leggermente sopra. La Lombardia è a 50,7, L’Emilia-Romagna a 51,9, il Lazio a 52,2 e il Piemonte più indietro a 55,3. Visto che il numero di nuovi casi sta scendendo di giorno in giorno, potrebbero riuscire comunque tutte a scendere sotto la soglia con i dati di oggi e domani. E ci spera anche la Puglia, ferma a 56,7. Se tutte avranno numeri da bianco, il 14 si aggiungeranno a Friuli, Sardegna e Molise, che dovrebbero diventare di quel colore il 31 maggio; e a Veneto, Liguria, Umbria e Abruzzo, destinati a passarci il 7 giugno.
La regola è che si debba avere l’incidenza sotto i 50 casi per tre monitoraggi del venerdì consecutivi prima di spostarsi in quel colore. Le Regioni discuteranno proprio oggi delle caratteristiche della zona bianca. Dopo che per la gialla sono stati previsti importanti allentamenti delle restrizioni, non ci saranno poi moltissime differenze tra i due scenari. Molise, Friuli e Sardegna, le prime a partire, pensano a una zona bianca “rafforzata”, con il coprifuoco (che invece non sarebbe previsto) alle 24.
L’obiettivo è proprio quello di evitare «l’effetto Sardegna», ovvero fare in modo che non accada quanto avvenuto a marzo scorso all’isola, quando i contagi si impennarono dopo pochi giorni dal passaggio in zona bianca. Per questo, dopo alcuni colloqui telefonici tra i presidenti di Molise, Friuli Venezia Giulia e proprio la Sardegna, si sta valutando di elaborare delle linee guida comuni mitighino il probabile effetto “liberi tutti” in arrivo.
In base a quanto stabilito dal Dpcm del 2 marzo 2021 infatti, se è vero che in zona bianca non si applicano restrizioni come il coprifuoco o i limiti agli spostamenti, anche in questa fascia bisogna rispettare le linee guida approvate per i diversi settori. E quindi tavoli al massimo da 4 al ristorante, discoteche chiuse e così via. In altre parole, i governatori potrebbero provare a intavolare una trattativa su due fronti. Il primo prevederebbe di mantenere il coprifuoco alle 24 per tutte le regioni che finiscono in zona bianca. Il secondo invece, caldeggiato da un numero maggiore di governatori, di inserire una fascia cuscinetto che impedisca alle Regioni passare subito in giallo qualora i contagi superino di poco la soglia dei 50 ogni 100mila abitanti necessari oggi per entrare nella fascia di rischio più bassa. Una zona bianca rafforzata che scatterebbe in caso di aumenti dei contagi, al fine di evitare la retrocessione in zona gialla. Un tentativo di salvataggio in extremis in altre parole, come spiega il Messaggero.
Le opzioni sul tavolo sono però diverse e rispondono alle differenti sensibilità dei governatori. Così all’ipotesi di mantenere in zona bianca il coprifuoco alle 24 fino «a esaurimento» (per decreto il limite orario passerà a mezzanotte per tutti, anche in zona gialla, a partire dal 7 giugno per poi decadere completamente dal 21), fa da contraltare la voce di chi vorrebbe però in cambio maggiore flessibilità. In altre parole la richiesta è l’allentamento, ad hoc per le zone bianche, di alcuni protocolli. Ad esempio quello dei ristoranti, in cui oggi, non è possibile mangiare in più di quattro persone allo stesso tavolo, a meno che non si sia conviventi. Ma sul tavolo potrebbe finirci anche la riapertura delle discoteche o che si anticipi la ripartenza di fiere e congressi (bloccati anche in zona bianca fino al 15 giugno), magari sfruttando in maniera più organica il green pass Ue, avvantaggiandoci del fatto che il documento, in Italia, potrebbe arrivare in anticipo rispetto alle previsioni.
Al Consiglio europeo di ieri infatti i leader dei Ventisette hanno anche chiesto «un’attuazione rapida» per il certificato digitale Ue Covid-19, il codice QR su smartphone o supporto cartaceo che semplificherà i viaggi nell’Unione per i vaccinati, i guariti dall’infezione e chi ha un tampone negativo. Chi ha fatto almeno la prima somministrazione del vaccino, dopo 15 giorni avrà il green Pass. Ieri il premier Mario Draghi ha annunciato da Bruxelles, dopo il Consiglio europeo, che quello continentale sarà pronto a metà giugno. Mentre l’Italia ha previsto che sia valido per nove mesi dopo il completamento del ciclo vaccinale, a livello europeo «l’Ema – ha detto Draghi – si dovrà pronunciare sulla durata di questo passaporto». La scelta non dovrebbe essere difforme da quella presa dal nostro Paese.