Sembra ieri che volevo scrivere il nuovo Carnage. Sembra ieri, ma era in realtà la settimana scorsa, che diverse madri di maschi mi dicevano la stessa cosa dei loro figli: la feroce antipatia che i ragazzini milanesi provano per Greta Thunberg.
Le spiegazioni divergevano: chi ne fa una questione d’insofferenza per l’impegno da parte del preadolescente interessato solo al calcio, chi un affare di proiezione, con le femmine della classe thunberghiane e i maschi che sbuffano. Tutte, però, concordavano sull’impresentabilità sociale delle sparate dei figli contro la ragazzina che vuol salvare il mondo: che figura ci faccio se sono a cena da [inserire qui nome socialmente presentabile] e il ragazzino se ne esce dicendo che l’eroina ambientalista deve morire? Che ne sarà della mia reputazione di educatrice media riflessiva?
Sembra ieri che fantasticavo sulla drammaturgia possibile, i genitori cacciati dal desco democratico perché il figlio dice che lui la Thunberg la riempirebbe di coppini. Sembra ieri, ma è passata una settimana, e tutto è cambiato. Greta non è più il principale problema dei ragazzini italiani, giacché intanto in California ha riaperto Disneyland. Non dovrebbe riguardarci, ma ormai tutto ci riguarda: anche le paranoie, specialmente le paranoie.
La paranoia della settimana riguarda l’attrazione che ha per tema Biancaneve. Se non siete stati adottati in un orfanotrofio su Marte, vi ricorderete di Biancaneve, unica eroina non bionda delle favole disneyane della nostra infanzia. Biancaneve viveva con sette nani minatori, faceva le pulizie indossando un vestito scomodissimo, si avvelenava con una mela donatale da una con un porro sul naso. Il realismo non era esattamente cosa sua; oltretutto il dettaglio della mela era derivativo del libro di fiabe a più alta richiesta di sospensione dell’incredulità di tutti i tempi: chi diamine si fa tentare da una mela, orsù.
Nel cartone animato il principe la risvegliava dal coma con un bacio (le andava meglio che a Giulietta Capuleti), e così anche nell’attrazione di Disneyland. Il che nel 2021 è inaccettabile: lei dorme, ergo il bacio non è consensuale. Scandalo nell’opinione pubblica americana, o forse solo tra quei quattro invasati che scrivono sui giornali e che ogni giorno devono inventarsi una nuova turpitudine morale (come ne so qualcosa).
Scandalo e cattivo esempio: come si possono portare i bambini a vedere una cosa del genere, come si possono deformare le loro giovani menti con questo scempio di spettacolo, come si può rischiare che ritengano il principe un esempio: dei genitori responsabili devono temere il principe di Biancaneve almeno quanto i nostri genitori temevano gli spacciatori fuori dalle scuole.
Il San Francisco Gate – un giornale evoluto per cittadini evoluti che tirano su figli evoluti: sono certa che nessun bambino di San Francisco osi pensar male d’un’eroina ecologista – ha scritto che il bacio del principe «certo non può essere vero amore, visto che solo uno dei due sa cosa stia succedendo». Oltretutto il settore Biancaneve di Disneyland è appena stato ristrutturato, com’è venuto in mente agli incoscienti responsabili di eliminare la morte della vecchia strega (che invece era perfettamente nello spirito dei tempi: maccartismo fiabesco) e non il bacio predatorio? «Non avevamo già stabilito che non andava bene insegnare ai bambini a baciarsi se non era stato stabilito un consenso da entrambe le parti?»
Ho quindi pensato di avvertire della lacuna i genitori di maschi che conosco: ma tu tuo figlio l’hai educato a non limonare comatose? Non è che come vede una priva di conoscenza le infila la lingua in gola? Magari da piccolo gli hai fatto vedere Biancaneve e gli hai confuso l’etica. Ho cercato di fare dei milanesi degli abitanti di San Francisco.
I più deteriormente europei hanno relativizzato: quel bacio le salva la vita, no?
Cosa c’entra, santo cielo, mica vorrai che la tapina viva con la consapevolezza della violazione della sua epiglottide perpetrata da un maschio bianco abusante.
Ma sennò sarebbe morta, insiste il padre medio riflessivo di questo paese immorale. Mi scaldo, mi metto nei panni di Biancaneve, che campa cent’anni, sì, ma sempre sentendo in bocca il sapore schifoso della lingua felpata del principe indesiderato. Vengo accusata di non conoscere i fondamentali della principitudine: si sa che l’alito del principe azzurro sa di violetta. E all’improvviso un vagone di madeleine: quello spot novecentesco il cui slogan era «io ce l’ho profumato». Oggi darebbero al pubblicitario il 41 bis.
Mio figlio mi ha detto che ieri una ragazzina si è addormentata in classe, mi riferisce una madre preoccupata. Presto, ripristiniamo la didattica a distanza, non possiamo rischiare che una botta di sonno mini le fondamenta della civiltà, che qualche odiatore di Greta dirotti le proprie energie represse su una compagna dormiente baciandola come un bruto disneyano.
Mi preoccupano soprattutto gli ospedali. Questa prole d’una sinistra inattrezzata alle nuove priorità va a trovare un parente, i genitori si distraggono un attimo, ed eccolo lì, il piccolo pervertito, a baciare una paziente comatosa. Per fortuna c’è la pandemia e negli ospedali non ti fanno entrare a far visita. Per fortuna c’è la pandemia e, se anche ti trovi nella stanza d’una dormiente intossicata da mele avvelenate, quella avrà la mascherina e tu pure: due ostacoli che tengono separate la tua pervertita lingua e la sua innocente epiglottide. Per fortuna non ci vaccinano abbastanza da toglierci le mascherine. Né per mangiare mele avvelenate, né per incrociare lingue, né per andare a cene alle quali i figli dicano cose impresentabili (o tentino l’imposizione della lingua alle innocenti figlie dei padroni di casa, e tutto perché una volta passava Biancaneve in tv e non abbiamo spento in fretta).