The Green MonkeysLa città del futuro dove la vera sfida è preservare l’ambiente

Nel suo ultimo romanzo Mauro Garofalo racconta l’inevitabile scontro, in un futuro distopico, tra la classe politica di Chersom City, che si ostina a considerare la natura al servizio della metropoli, e un gruppo di giovani ribelli, le Scimmie, disposti a tutto pur di difendere la foresta in cui sono cresciuti

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C’era stato un tempo in cui le metropoli erano aperte, le persone potevano camminare dove e quando volevano, senza i posti di blocco e le telecamere che adesso, invece, erano disseminate ovunque. Dopo l’era delle macchine e della tecnologia, la popolazione mondiale aveva pagato un prezzo altissimo per l’inquinamento che aveva prodotto.

La società degli uomini del resto aveva infranto un equilibrio millenario e il pianeta si era ribellato. Prima con le piogge acide, poi con le epidemie, che di fatto si ripetevano in maniera ciclica. Gli uomini avevano risposto come potevano, con il controllo e la chiusura.

Fino a che il patrigno di Sun aveva inventato un modello di città protetta dalla natura: gli alberi infatti non solo erano in grado di difendere dalle catastrofi naturali e di stabilizzare il terreno, ma in più erano utili a proteggere dai terremoti e ad assorbire lo smog. Da quando era stato alzato il Muro l’aria era più pulita, nonostante le attività continuassero, e si potevano persino fare passeggiate lungo il perimetro urbano, ben controllati dalle torrette che gestivano l’ingresso contingentato dalle zone esterne a Chersom City.

Tutto era stato impostato sulla costruzione di una “cinta verde” attorno alle metropoli. Il patrigno di Sun aveva brevettato l’idea e così il suo studio di progettazione era diventato uno dei più importanti del pianeta.

Se però all’inizio l’idea era quella di dare vita a un bosco urbano, alla fine i governi avevano optato per un vero e proprio muro di divisione alto venti metri realizzato con piante e rovi, in modo che il processo di fotosintesi consentisse agli alberi di trasformare l’anidride carbonica in ossigeno. A riprova del potere del verde urbano, più di cento anni prima, quando gli americani avevano sganciato la bomba atomica in Giappone, tutti gli studenti e i professori di una scuola si erano salvati grazie al parco che circondava l’edificio.

Sun non si era resa conto per tanti anni che il luogo dove era cresciuta non solo era cambiato nel tempo, ma in più aveva molte cose che non andavano; aveva cominciato ad accorgersene qualche tempo prima, appena compiuti i diciassette anni: percepiva una specie di stonatura costante, non riusciva a comprendere con esattezza dove fosse ma c’era una zona grigia che non capiva, un buco allo stomaco tanto irragionevole quanto reale.

[…]

Da sopra il grattacielo la ragazza inspirò, provò a espandere il ki al respiro del mondo, prima alla città e poi, ancora più giù, alle foreste che intrappolavano lo smog.

Lì c’era il Muro Verde che girava tutt’intorno a Chersom City; la città era divisa in sei Quadranti per altrettante zone di servizio al cuore pulsante urbano. Il Quadrante Nord-Ovest era quello degli addetti alle miniere e all’estrazione dei metalli: qui era stato lasciato maggiore spazio agli alberi, era il fronte verso le montagne, con castagni e frassini, querce e soprattutto aceri rossi e bianchi da cui veniva estratto materiale organico, legna da ardere per i vecchi impianti a stufa, cave di carbon fossile.

I taglialegna sceglievano un pezzo di foresta, abbattevano gli alberi più vecchi e li bruciavano, sotto la stretta sorveglianza dei robot; una volta esaurito l’incendio controllato potevano cavarne il residuo fossile utile al QNE, il Quadrante Nord-Est, dove invece si stoccava materiale e si produceva energia.

Trasformatori, grandi silos, qui viveva la popolazione che si occupava dell’energia che la città era in grado di generare in maniera autosufficiente, attraverso le cave ma anche con le dighe più a nord, dove enormi turbine convertivano milioni di litri d’acqua imbrigliata attraverso condotte di cemento, o con le pale eoliche sopra i crinali; così il vento diventava energia, sebbene gli impianti avessero contribuito a distruggere stormi di uccelli che prima migravano passando sopra le colline, ne avevano trovati a migliaia dentro le turbine, incastrati, le ali spezzate, tritati.

Anche i pianori erano stati scavati e convertiti in enormi distese dove i pannelli fotovoltaici catturavano i raggi solari. Sui terreni i Periferici del QSO, il Quadrante Sud-Ovest – uomini e donne provenienti dalle campagne che ancora conoscevano l’agricoltura, l’uso dei trattori e i segreti della terra -, coltivavano derrate alimentari in serra che poi venivano distribuite dagli abitanti del QO, il Quadrante Ovest, specializzato nella logistica, ai grandi supermercati del centro città.

Nel Quadrante Sud-Est le industrie sfornavano e impacchettavano, selezionando sui rulli a ciclo continuo; l’utilizzo dei droidi aveva tuttavia facilitato i processi e fatto perdere il lavoro a una buona fetta di popolazione, tanto che negli ultimi tempi c’era stata qualche sommossa subito sedata dai militari del QE, alcune rivolte erano scoppiate e subito ridotte al silenzio.

Era stato allora che erano apparsi i primi manifesti viola. E i controlli erano aumentati. Al centro di Chersom City, così come in tutte le neometropoli, c’era invece la parte più ricca: servizi, banche, commercio, grandi studi. Via via che si andava verso l’esterno, la periferia era costellata da smaltitori di rifiuti, compattatori, accumulatori di corrente, condensatori per l’immagazzinamento di energia in eccesso che proveniva dal QNE – in parte veniva usata per il ricircolo dell’aria, in parte finiva erogata alle zone esterne.

Là dove un tempo sorgevano le vecchie città, infatti, adesso c’erano rovine. Si narrava di persone che si erano avverate laggiù: erano tutti scomparsi. O almeno questo era quello che le autorità volevano far credere. La natura si era ripresa tutti gli spazi.

Dopo qualche decennio le zone un tempo abitate erano state soffocate dai rampicanti, i campi si erano popolati di ogni tipo di insetti e, a causa delle malattie che erano arrivate dopo le grandi piogge, gli uomini avevano deciso di fare quello che facevano da sempre: una volta esaurite le risorse di un luogo se ne andavano, trovavano un altro posto dove impiantarsi e ricominciavano daccapo.

Mauro Garofalo, “The Green Monkeys”, Mondadori, 2021, pagine 204, euro 17,90

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