La pizza non si discute. Zona rossa, arancione o gialla, fatta in casa o preparata condendo una base già pronta, persino surgelata, questo è il comfort food che non manca mai nemmeno quando si è a dieta. Forse non sappiamo prepararla, ma siamo sicuri di saperla almeno tagliare? C’è chi usa con coltello e forchetta, chi la taglia a spicchi piccolissimi e chi se la fa tagliare. Abbiamo chiesto consiglio al Maestro Simone Padoan della pizzeria I Tigli: ecco con quanti errori abbiamo mortificato le nostre pizze.
Coltello o rotella?
Per Simone Padoan la procedura deve essere innanzitutto «democratica. Dipende dal proprio gusto personale». Ma il pizzaiolo può “condizionare” il taglio: «è la pizza che determina lo strumento. Se è romana, quindi bassa, si può tagliare anche con le forbici. Se è alta, si preferisce il coltello con seghetto, lo stesso usato per affettare pane». L’importante è usare il meno possibile la rotella: «taglia per inerzia. Non ha il principio di un coltello, che taglia grazie alla lama affilata». Questa dinamica porta a premere sull’impasto che, essendo appena uscito dal forno, va a schiacciarsi e a intrappolare l’umidità all’interno. Il risultato è una triste fetta gommosa. «Tagliandola con lo strumento giusto, do la possibilità di sfogare correttamente questa umidità – spiega Padoan – e con la fuoriuscita del vapore, mantengo inalterate le caratteristiche della pizza». Usando un coltello, il movimento impresso dal braccio facilita il taglio e l’uscita del vapore. Per tenere ferma la pizza, si può usare la forchetta.
La geometria del taglio
Afferrati gli strumenti giusti, è ora di porzionare le fette. «Bisogna pensare alla pizza come a una torta. Anche se è più veloce, non tagliamo mica una crostata con una rotella. Il taglio è dettato da quello che c’è sopra. Se sopra non c’è niente, si fa un taglio a croce e poi si dividono in due i quattro spicchi grandi». Per facilitare l’operazione, l’ideale sarebbe mettere in forno pizze con meno ingredienti possibili o senza ingredienti, farcendo il disco di pasta in un secondo momento, spicchio per spicchio. «Se ho il fiordilatte in cottura, si può fare il primo taglio per dividere la pizza in due mezzelune. Poi si affetta una parte per volta, prima in due spicchi grandi e poi ogni spicchio in due più piccoli. Così si avranno otto spicchi partendo da un solo taglio centrale».
Come la temperatura può influenzare il taglio
Il taglio è più semplice se fatto quando la pizza è fredda. «Mai tagliarla prima di infornarla: si perde l’umidità interna che ci aiuta in fase di cottura (e anche di seconda cottura, se abbiamo acquistato una base già pronta)». Una volta giunta a tavola, se non è stata già porzionata in origine, meglio trattare bene gli ingredienti seguendo la regola delle mezzelune.
Il ruolo del condimento
C’è da dire che spesso la pizza viene servita già tagliata, specie se ne abbiamo ordinata una gourmet. «Il condimento e il taglio non vanno d’accordo, a volte ci si porta via gli ingredienti. Anche per questo abbiamo deciso di servire la pizza già tagliata per necessità fisiche. La tagliamo con coltello da pane ben affilato. Poi la farciamo spicchio per spicchio». Ma i pizzaioli, che devono gestire tante procedure per fare una “semplice” pizza, stanno convergendo sempre più spesso verso l’idea di un percorso degustazione: la pizza arriva in tavola, al centro, già tagliata, in modo che tutti i commensali possano fare un’esperienza in cui il sapore viene comunicato con ordine.
Si può mangiare la pizza con le posate?
Quante volte vi sarà capitato di guardare disgustati qualcuno che al primo appuntamento, magari per fare bella figura, ha tagliato la pizza a pezzettini, mangiandola con le posate? «Sono mosche bianche – sorride Padoan, che però ci mette tutti in punizione aggiungendo – Mangiare la pizza con le posate dipende anche dalla sua temperatura e dal numero di ingredienti che condiscono l’impasto. In questo caso la libertà resta un grande valore: è importante che ci si possa sentire a proprio agio mangiando la pizza sia con le mani sia con le posate».
Chi usa le mani può giurare che l’esperienza è ben diversa. Padoan concorda. «Il contatto con il cibo attraverso le mani stimola tantissimo quello che avviene dopo, sul palato. Purtroppo stiamo perdendo l’abitudine di toccare ciò che mangiamo, così come quella di masticare. Forse dovremmo tornare a essere un po’ più primordiali, almeno a tavola».